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HA VINTO IL POPOLO DEL VERONA

L’ispirazione la ebbe Mogol per Celentano: “L’emozione non ha voce”. Certe sensazioni non si possono spiegare, ammesso poi che di fronte a certe emozioni la voce rimanga. Perché (ab)battere il Napoli in questo modo ti ripaga di tutto e con gli interessi. Così è ancora più bello e allora lo urli a perdifiato. Ti riappropri del senso del calcio che non è solo classifica, calcolo, piccolo cabotaggio, 40 punti, salvezza ecc, ma anche e soprattutto lotta identitaria, rivalità faziosa, appartenenza a un simbolo e a una comunità. Chi ieri in campo ha rappresentato il Verona Hellas lo ha capito e lo ha dimostrato con i fatti e non solo con le scialbe (e a volte irritanti) interviste. Ora anche i più scettici e i perenni equilibristi (quelli che…è vietata qualsiasi vera critica o polemica), capiranno quanto sia importante che la squadra si avvicini alla sua gente, respiri la città, i suoi umori, le sue aspettative.

Inutile girarci intorno: dopo il confronto con la tifoseria, il comportamento (e di conseguenza il rendimento, perché la qualità era indiscutibile) della squadra – e se mi permettete anche del tecnico – è cambiato. Meno rilassato e più partecipe, meno vittimistico e più positivo. Gli allenamenti a porte aperte e il bagno di folla di giovedì al Bentegodi hanno fatto il resto. Luca Toni, gigante in campo e saggio capitano fuori, lo ha spiegato in una frase: “Avevamo più fame del Napoli”. Una ‘fame’ nata non tanto per ragioni di classifica (la posizione era già tranquilla), ma dalla consapevolezza di giocare, correre, combattere per migliaia di persone che la partita la sentivano eccome.

Per questo ieri ha vinto la gente del Verona, il popolo gialloblu. Chi pensa sia retorica non ha mai messo piede al Bentegodi, o del Bentegodi forse frequenta solo la tribuna vip, o la sala stampa. Chi pensa che sia populismo ha una concezione del calcio asettica e classista, per cui il tifoso va bene solo quando è un cliente da spennare, per il resto deve starsene zitto e buono e non chiedere conto dei passaggi a vuoto. La fortuna del Verona, ancora un volta, è stata la sua tifoseria.  Quei padri che tramandano ai loro bambini, che a loro volta quando saranno padri tramanderanno ai figli (ed è così da cent’anni), il senso e il valore di tifare Verona Hellas, senza cercare facili scorciatoie in una Juventus, in un Inter o in un Milan, come accade nelle città limitrofe. Hanno vinto loro, quelle migliaia di persone che, essendo innanzitutto individui pensanti, possono anche “scannarsi” amabilmente su tizio o su caio, sul mercato o sul modulo, ma che poi sono tutt’uno nel soffrire e godere per gli stessi colori, alla faccia del calcio moderno che le vuole distanti e innocue, posate e imborghesite. Questo conta.  Questo è il Verona.

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