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L’OVVIO NON UCCIDERÀ IL GODIMENTO

Appare tutto così scontato. Predestinato. Ovvio. Pure fastidioso: perché dover aspettare tutti questi mesi per conseguire quello che a molti pare già scritto? Perché non sbrigarsela in fretta, chiudere baracca e burattini e ricominciare subito dalla serie A? Il Verona a quasi un terzo del campionato è saldamente in testa, domina e mette in pratica il noto refrain pubblicitario secondo cui è possibile e bello vincere facile. Tuttavia il rischio – non pronunciato, anzi silente e sottinteso – è che questa stagione possa trasformarsi in un’agonia al contrario. L’agonia del divertimento abitudinario che non diverte più, della ricchezza che spegne il gusto della conquista, della quotidianità-modello perfetta e vincente che smarrisce il fascino borderline della sofferenza, il sex appeal del successo corsaro, l’eros della seduzione, caratteristiche nel dna e nella storia del Verona. “Sì d’accordo ma poi…tutto il resto è noia” cantava Califano.

Il fatto è che non siamo abituati a questo status borghese del dominio assoluto, della vittoria obbligata, del successo come minimo sindacale. E’ questo il paradosso nel rapporto tra il Verona e la sua opinione pubblica: in estate scetticismo, dubbi e nessuna lode, ora la pretenziosità e il rischio di non vedersi riconosciuto il merito (e dunque, ancora, nessuna lode). Eppure, osservando la questione retroattivamente, molto in estate non era scontato. Era d’obbligo l’intento (risalire in A), non il rendimento. Chi scommetteva ad occhi chiusi solo su uno di questi giocatori: Pazzini, Romulo, Bessa, Fossati e Valoti, cioè la spina dorsale dell’attuale squadra? Abbiamo dimenticato chi addirittura parlava di Lega Pro (sì abbiamo sentito anche questa) dopo la pur meritata e inopinata sconfitta di Benevento? Ci ricordiamo i cocci (finanziari, morali e psicologici) lasciati dalla gestione precedente e raccolti da Filippo Fusco, che ha ricostruito l’Hellas – ricordiamo anche questo – senza il bancomat illimitato, ma anzi con l’inventiva e l’intuito?

Io non dimentico e scaccio il pericolo che la dittatura dell’Ovvio mortifichi e uccida il godimento. Anche perché l’Ovvio ancora non esiste con Spezia (trasferta insidiosissima), Cittadella, Bari, Entella e Carpi da affrontare.

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