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CERCASI UOMO FORTE

Cambiando l’ordine degli addendi il risultato non cambia ci insegnava la maestra. Invertendo le panchine di Gattuso e Pecchia probabilmente sì, aggiungo io. La differenza sta tutta qui. Il Verona, oltre che di gioco, è una squadra sprovvista di mentalità vincente, quella che ti fa portare a casa le partite anche con i denti.

Prendete Gattuso, per tutta la settimana ha caricato con astuta teatralità la partita contro il Verona, prima minacciando (ad arte) dimissioni, poi procedendo a epurazioni in pubblica piazza. Aveva visto dei segnali di cedimento nella sua (scarsissima) squadra e si è speso pubblicamente in prima persona per ridestarla. Un condottiero.

Prendete Pecchia: ad ogni conferenza stampa per lui va sempre tutto bene con tanto di alibi incorporati. A forza di andare tutto bene, settimana dopo settimana, stiamo perdendo la serie A. Ora da ultimo, c’è da scommetterci, giunge comodo il paravento dell’arbitraggio, per carità pessimo e forse pure determinante (sottolineo forse, perché poi i rigori vanno anche segnati, Ascoli docet), ma sempre di alibi si tratta perché il Verona di Pazzini, Romulo, Bessa contro il Pisa in casa non dovrebbe mai (e ripeto mai) trovarsi nelle condizioni di dipendere da un episodio arbitrale nel finale.

Ma il problema del Verona non è solo l’allenatore, comunque il principale responsabile di quella che è una crisi tecnica in piena regola di una squadra forte (e che galleggia ancora grazie alle sue qualità individuali) ma male gestita. E’ dall’addio di Sean Sogliano – una figura mai rimpiazzata – che nel club manca un uomo forte, cazzuto, carismatico che sappia caricarsi la situazione sulle spalle. Non lo è Filippo Fusco e forse, con il senno di poi, in tal senso le avvisaglie si erano percepite già a luglio quando il diesse esordì con una frase decisiva: “Il Verona non ha l’obbligo di vincere”. Quella dichiarazione è la madre di tutti gli alibi e chi scrive fu l’unico a criticarla immediatamente. Non lo è Pecchia, allenatore ancora embrionale, inesperto e da tempo in confusione. Non lo può essere, per sua scelta di gestione aziendale, nemmeno Maurizio Setti, assente fisicamente nella quotidianità e più preposto ad occuparsi delle questioni politiche  in Lega che delle cose di campo. L’ho già scritto qualche settimana fa e torno a ribadirlo: un presidente come lui, proprio perché delegante, dovrebbe circondarsi di collaboratori di maggiore personalità. Setti invece ha scelto Fusco, ottimo manager e uomo mercato, ma poco nerboruto, e Pecchia un ex assistente alla prima vera esperienza. Risultato? Avremmo dovuto ammazzare il campionato, invece siamo a tre punti dal secondo posto e in affanno da più di quattro mesi.

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