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CASINO DISORGANIZZATO

Eugenio Fascetti era l’esegeta del “casino organizzato”. Così lui chiamava il suo modulo, con irriverente genio, per descrivere l’essenza del calcio: lotta, talento, arte individuale in un contesto tattico che non mortificasse tutto questo. Il contrario del sacchismo, in voga in quegli anni, dove il collettivismo di stampo fordista prevarica il talento. Fascetti a Verona si trovò pure a lavorare in un contesto societario di “casino” e basta, in un limbo dantesco, in mezzo al guado del fallimento di Chiampan e l’avvento dei Mazzi.

Il nostro ex Giampiero Ventura ha probabilmente interpretato al contrario la lezione di Fascetti. “Organizzato casino” potremmo definire la sua nazionale, cioè tanti moduli, tanta tattica, ma zero gioco collettivo. Per non parlare di Enzo Cannavale-Carlo Tavecchio, da Piedone l’Africano a “pedate nel sedere”, perché quelle meriterebbe, metaforicamente s’intende. Ma viene quasi da dar ragione a Marco Travaglio: “Tavecchio è una super-pippa, ma non si è autonominato, è espressione di un sistema politico”. Quello di un calcio che non è più calcio e non è nemmeno economia (ergo sano modo di fare business). E’ spesso finanza e non sempre della più trasparente. Inchieste giornalistiche (quelle di Gianfranco Turano sull’Espresso, o il lavoro dell’amico Pippo Russo) e giudiziarie lo attestano. Nella fattispecie un “casino fin troppo bene organizzato”.

Poi c’è il Verona. Ho letto di tutto in questi giorni. Un articolo che invitava i lettori a ringraziare Setti perché “andate a farvi un giro a Modena e a Treviso”, peraltro club che non c’entrano nulla con il nostro blasone e la nostra storia – perché allora non farsi un giro anche a Bergamo, dove Percassi fa lo stadio, o qui a Verona, dove il Chievo da anni si è consolidato e ha costruito il nuovo Bottagisio? Ho letto pure articoli su vertici istituzionali tra Sboarina e Setti per un centro sportivo prossimo al via. Ovviamente nessun vertice istituzionale finora, ma solo qualche incontro informale e interlocutorio di conoscenza. Un atto dovuto. Ho letto infine di questo Gallazzi, che dice di non cercare pubblicità ma poi si fa intervistare e ammette che la voce sul suo interesse per il Verona l’ha messa in giro forse un suo collaboratore. Ma non cerca pubblicità, come no.

Roba da maledire la sosta, rimpiangere il campionato e pure la nostra deprimente classifica. Un “casino disorganizzato” in grande stile. 

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