Torna al blog

DUE O TRE COSE SUL DERBY CON IL CHIEVO

L’errore più grande che il Verona possa fare il prossimo campionato è di inseguire il Chievo. E’ un errore fatale che abbiamo già commesso con Malesani e che mai si dovrà ripetere. Mi dispiace ma per me le due gare con il Chievo rappresentano solo due partite contro una diretta concorrente per la salvezza. Importantissime in questo senso, quindi. Sono convinto che non rifaremo questo errore che fu, tra gli altri, responsabile di quella retrocessione. I tempi sono profondamente cambiati. Oggi l’outsider (auzzaider) è il Verona. Il Chievo, dopo 12 anni di serie A, è una società che conosce perfettamente i meccanismi della categoria. Persino in certi pareggi incolori ma efficaci per la classifica e per la salvezza c’è da imparare. Anche se da tifoso del Verona mi auguro di non vederne, perchè, diciamoci la verità, quella è la morte del calcio. Ma alla fine, contro l’Empoli, punto che valeva la serie A, nessuno si è sognato di protestare per una gara all’acqua di rose.

Il Chievo in questi anni è diventata l’espressione del potere cittadino. Campedelli ha sfruttato il vuoto dirigenziale del Verona occupando spazi che altrimenti non gli sarebbero stati concessi. Persino il più importante istituto bancario cittadino ha snobbato in questi anni l’Hellas Verona (qualcosa è cambiato solo recentemente…) per appoggiare il Chievo. La vicenda dei simboli e dei colori (scale, Cangrande, il gialloblù) è stata la negazione della storia (meravigliosa) del Chievo per inseguire una storia che non gli apparteneva. Una scelta deleteria per il Chievo. Noto con dispiacere che anche quest’anno Campedelli non ha inserito nessuna maglia con i colori biancoazzurri, i colori originali.  La Diga, il simbolo che compariva sui gagliardetti del Chievo, è sparita dalla circolazione. Per qualcuno possono essere dettagli insignificanti. Ma io credo che con queste cose non si scherza. Non si parla qui della legittimità o meno di prendersi i simboli e i colori che più piacciono. Ma solo di opportunità. Il Chievo in questo senso ha fallito. E’ diventato una brutta copia dell’originale. Mentre doveva rafforzare la propria (meravigliosa, ripeto) identità di squadra di quartiere che è arrivata in A. Non ho capito la scelta. Anzi, forse sì: era una scelta di marketing adottata quando pareva che la fusione fosse cosa fatta. Una follia.

Aggiungo che il Verona sta ritrovando una dimensione importante dopo che Martinelli ha affidato il timone al signor Maurizio Setti. Un imprenditore slegato dalle logiche salottiere veronesi, che probabilmente ha tolto il guinzaglio con cui il Verona è stato tenuto in questi anni. La visione di Setti è molto elevata. E forse, ora, si capisce che cosa voleva dire quando appena arrivato, parlava di una realtà troppo provinciale. Io ero tra quelli che non lo avevano capito perfettamente: pensavo alla nostra provincialità come ad una forza che ci aveva salvato dal fallimento. Setti, invece la intendeva come un freno al nostro sviluppo. Ha ragione lui. Il problema è che noi non siamo abituati a ragionare avendo dall’altra parte una “società normale”. Per noi la normalità erano i fratelli Carino, Cannella, i teatri di Pastorello, Farina alle Torricelle, Galli e Lancini, il truffatore che aveva la salsa di pomodoro scaduta in cantina. Setti, Gardini Sogliano ci stanno facendo riapprezzare il senso della normalità. Per questo il derby col Chievo è una bella pagina di calcio. Non facciamolo diventare la disfida di Barletta. Sarebbe troppo provinciale. E noi abbiamo altro a cui pensare, francamente.

1.305 commenti - 32.165 visite Commenta

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

*

code