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ANALISI DI UNA CRISI

Il Verona non sa più vincere. E’ un dato di fatto che pesa sulla classifica e che crea seria preoccupazione. Ci sono vari motivi che hanno portato a questa crisi. E nasconderli non è un esercizio utile. Questa vuol essere una analisi e non un processo.

GLI INFORTUNI. E’ l’argomentazione più gettonata per spiegare la misera classifica. Regge, ma fino ad un certo punto. Il vero infortunio appare quello di Toni, a cui il Verona si è aggrappato negli ultimi anni. L’errore è stato considerare Pazzini come l’alter ego di Toni. Ci siamo accorti che non è così. Inoltre ci sono infortuni e infortuni. Alcuni sono misteriosi e il percorso di riabilitazione non sempre limpido. Le condizioni di Viviani dovevano essere note alla società e se erano note, averlo ingaggiato e non aver preso un sostituto è un errore che può costare gravissimo. Ovviamente anche l’eventualità che non si conoscessero le condizioni di Viviani è un errore. Forse più grave del precedente. Quello che è sotto gli occhi e che dopo una sosta la condizione generale del Verona non è all’altezza. Gli infortuni inoltre ci sono sempre stati, compito della dirigenza allestire una rosa che non abbia problemi a sopportarli. Nei primi due anni di A  è sempre stato così: quest’anno no.

IL MERCATO. L’acquisto di Pazzini ha coperto lacune evidenti della campagna acquisti, soprattutto a centrocampo. Ma l’assenza più importante è quella di un giocatore che sappia creare superiorità numerica e sia bravo nell’uno contro uno. E’ anche vero che questi giocatori hanno sempre fatto fatica giocare con Mandorlini che preferisce giocatori fisici e che sappiano ripiegare. Ma così non se ne esce. Il Verona è terribilmente scontato, prevedibile, lento, compassato. Manca la frustata, mancano inserimenti. E soprattutto ricambi all’altezza. E i giovani o ci sono o non ci sono. Se ci sono devono giocare. Almeno quando mezza squadra è rotta.

LA FACCIA DEL PRESIDENTE. E’ facile gestire le vittorie, meno le sconfitte. Lo sappiamo. Questo è il momento più difficile della società del dopo-Martinelli. Dopo Gardini oggi ci ha provato Bigon a fare quadrato. Il ds ci ha  messo la faccia e questo è sempre apprezzabile. Ha rinnovato la fiducia a Mandorlini, ha dispensato in egual misura tranquillità e preoccupazione. Poteva farlo forse con più convinzione, ma come dice il Manzoni il coraggio uno non se lo può dare. Ma tutti questi tentativi lasciano il tempo che trovano: a volte una parola del presidente serve più di quella di mille collaboratori. Setti ha sempre sferzato l’ambiente (e anche Mandorlini) fino a fare la parte dell’incontentabile negli anni passati. Ora rischia di dispensare troppa tranquillità rischiando di fare la parte dello struzzo che non vuole vedere. Urge un suo intervento.

PUNTI GETTATI. Resto dell’idea che la situazione di oggi sia il frutto delle partite buttate nel cesso quando non c’erano nè infortunati e addirittura abbondanza, tanto che parlavamo del perchè Pazzini non giocasse con Toni (perchè?). Genoa, Atalanta, Torino e oggi questa gara contro l’Udinese sono state peggiori paradossalmente di quelle giocate in piena emergenza. E’ in quelle partite che Mandorlini avrebbe dovuto più far sentire la sua rabbia e rammaricarsi per i punti buttati.

MENTALITA’ E INTENSITA’. Sono temi che da anni affrontiamo. Il Verona non riesce mai ad essere costante, è un’altalena continua. Spesso nella stessa partita. E’ sconcertante che nel secondo tempo di oggi si sia accontentato di difendere il rigore (generoso… diciamo così…) del primo tempo, invece di chiudere la partita con un’Udinese che, francamente è apparsa una squadra allo sbando. E’ sconcertante che dopo il debutto con la Roma, da applausi, sia stato preso a pallate da un Genoa incerottato. Non è una questione di quanti difensori mette dentro Mandorlini (anche se il segnale alla squadra  è evidente). Ma proprio di come questa squadra s’illuda di gestire il risultato, fallendo miseramente l’obiettivo.

PROBLEMA PORTIERE. Nell’analisi non può mancare questo tema, anche se è spinoso. Rafael, purtroppo, non è sereno. Si vede. Probabilmente il ballotaggio della scorsa stagione ha lasciato il segno. Cosa fare? Semplice sarebbe far giocare Gollini ma il ragazzone può anche bruciarsi. Si potrebbe rischiare ma non è semplice, anche perchè si rischia di perdere Rafael per sempre. Una soluzione va trovata, ma la questione è veramente delicatissima.

ALLENATORE. Ultima questione: l’allenatore. Oggi un numero sempre crescente di tifosi ne chiede la testa, anche tra coloro che sono grati per l’eternità a Mandorlini per ciò che è stato fatto ma che sostengono che il suo ciclo sia ormai esaurito. Personalmente credo che la società abbia fatto bene a rinnovargli la fiducia. Dopo otto partite e con una situazione ancora in divenire (cioè non compromessa) cambiare non sarebbe giusto nè opportuno, nel momento che Setti ha deciso di continuare con lui facendogli addirittura un biennale. Ovvio che non è una situazione che può restare così in eterno. Una prima somma a mio avviso andrà tirata dopo la gara con il Carpi.

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