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CHE NE SANNO I DUEMILA (DELL’AVELLINO)

C’è questa canzone che ha imperversato per tutta l’estate. E’ un elogio agli anni ’90 ed è rivolta alla generazione 2000 che (forse) ignora la bellezza di quegli anni. Io che sono più vecchio penso che gli anni più belli siano stati gli anni ’80. Forse perchè avevo 20 anni e tutto aveva un sapore diverso. Però è allora che il Verona vinse lo scudetto. E questa è una gioia che nessuno, oggi, può riuscire a comprendere se non l’ha vissuta. Credo che sia stata la fortuna della mia vita: aver visto l’Hellas vincere il tricolore. Allora sembrava quasi normale. Non lo fu. Penso per questo che sia quasi una “missione” quella di tramandare l’impresa dello scudetto. Un modo per condividere quella fortuna.

Per esempio: se dico Avellino a un ragazzo di oggi può darsi che nemmeno sappia di che cosa parlo. Al massimo, qualcuno potrà ricordare il 6-0 dell’Avellino di Zeman. Ma se dico Avellino ad uno della mia età, tutti mi diranno: prima sconfitta del Verona di Bagnoli nel girone d’andata del 1984-’85, campo ghiacciato, Angelillo, il tiro di Colombo che forse Garella non vide partire. C’erano Diaz e Bardillo in quell’Avellino che il re delle lenzuola, Antonio Sibilia, detto Antonino, aveva portato tra le prime squadre d’Italia.

Ad Avellino c’era anche un ras della Dc, la potente Democrazia Cristiana, Ciriaco De Mita, i soldi del post terremoto, gli appalti, un sacco di industrie che grazie ad una legge avevano scelto l’Irpinia, per poi abbandonarla di nuovo appena i benefici finirono. Anche Tanzi, quello del crack Parmalat, sponsor di De Mita, mise su una fabbrica da quelle parti. Sibilia aveva rapporti con le Fs che erano un’azienda di stato, vendeva lenzuola per le cuccette. Una volta, fece avere a Cutolo, capo della Nuova Camorra Organizzata, una maglia dell’Avellino di cui il boss era tifosissimo. Il Verona perse 2-1 ad Avellino. Segnò prima Diaz, poi Marangon trovò il pareggio, ma Colombo che non doveva nemmeno giocare perchè aveva un piede dolorante a causa di scarpini troppo stretti, beffò Garella con un tiraccio da fuori area. Bagnoli diede la colpa al campo pesante, che penalizzò la sua squadra, abituata ad uscire dalla propria metà campo con la palla al piede. Era un gran Verona che quella domenica si prese una pausa. Nessuno fece drammi. Non c’era facebook e nemmeno la rabbia repressa di questi giorni. C’era solo gioia per la nostra fantastica squadra che comandava la classifica.

A volte mi chiedo cosa si sarebbe detto o scritto oggi di quella sconfitta. Forse si sarebbe dato dell’incapace a Bagnoli, Garella sarebbe stato sbranato dai leoni da tastiera, sicuramente sarebbe stato battezzato come “il portiere più strasso che mai abbia vestito la maglia del Verona”. Invece, come era giusto, quella sconfitta fu presa solo come un piccolo incidente di percorso e il Verona alla fine vinse lo scudetto. La festa, guarda caso, con goleada finale, fu proprio al Bentegodi contro l’Avellino.

Ma questo i duemila, purtroppo, non lo sanno.

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