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HATERS

Premessa: un tifoso ha tutto il diritto di criticare. Ma mi chiedo: fino a che punto questa critica può spingersi senza cadere nell’autolesionismo? Nell’epoca dei social e degli haters di professione la questione è di pressante attualità. Il dibattito si è spostato dai bar alle pagine di facebook che grondano insulti e giudizi senza un domani. Vengono attaccate etichette che a volte puzzano di strumentalizzazione.

Fazioni si affrontano cercando di avere ragione le una sulle altre. Per anni abbiamo discusso su Mandorlini. Per alcuni un semidio, per altri un incapace. La discussione ha fagocitato le nostre anime, fino a farci dimenticare l’obiettivo finale che dovrebbe essere solo e sempre l’Hellas Verona. Ancora oggi l’argomento resiste. Ma è solo un esempio. Ne faccio un altro: nulla e nessuno faranno cambiare idea su Bianchetti. E’ stato battezzato “brocco” e tale resterà fino alla fine dei tempi. Non voglio difenderlo, ma mi dà fastidio la critica preventiva.

Bianchetti sbaglia spesso, non ha un grande carattere nè una grande personalità, di certo non lo aiuta leggere certi giudizi. Lo so, direte: è un professionista, fa parte del gioco. E’ vero: ma è un uomo e non tutti abbiamo il famoso pelo sullo stomaco e un super ego nella nostra coscienza. A volte una pacca sulla spalla può fare miracoli.

Potremo continuare: Pecchia è passato dall’essere un nuovo Van Gaal allo status di “coglione”. Senza passare dal via, come a Monopoli (il gioco, non la città). E magari qualcuno non aspettava altro per dimostrare di avere ragione.

Di esempi ne abbiamo tantissimi e nessuno come un tifoso del Verona dovrebbe saperlo. Ci fu una gara, mi pare contro il Gubbio, in cui Nicola Ferrari, schierato a sorpresa da Mandorlini come titolare, venne fischiato non a fine partita ma durante la lettura delle formazioni. La famosa critica preventiva. Già i social grondavano di insulti per Nicola, quei fischi potevano ammazzarlo. Nicola è un trentino tenace, segnò un gol in mezza rovesciata e da lì in poi iniziò il suo riscatto. Pian piano tutti noi iniziammo a vederlo sotto una luce diversa. E divenne Iron Nick, l’uomo che ci tirò fuori dalla palude della Lega Pro, successivamente idolatrato magari anche dagli stessi haters che hanno questa facilità di spostare il loro tiro. Un po’ come fanno le banderuole che indicano da che parte tira il vento. Ma così è troppo facile.

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