CARO MISTER, IL TEMPO DEGLI ESPERIMENTI E’ FINITO. RIVOGLIAMO IL VERONA DA BATTAGLIA

Alla nona giornata, possiamo dire finito il tempo degli esperimenti. Concesso a Marco Baroni il giusto periodo per assemblare la squadra, per conoscere i suoi ragazzi, tenendo ben presente il contesto in cui il tecnico ha lavorato a causa di un mercato difficilissimo, ora si tratta di vedere i frutti di questo lavoro. E per la verità usciamo dalla gara con il Napoli molto delusi. Non perché sia scandaloso perdere con i campioni d’Italia, ma per le modalità con cui questa sconfitta è maturata.

Sarebbe stato molto più semplice spiegare la sconfitta dopo il primo tempo. Ma la reazione arrivata nella ripresa e le scelte dello stesso Baroni, complicano molto l’analisi. Perché è più che evidente che qualcosa, anzi moltissimo non ha funzionato nel primo tempo e che le correzioni dell’allenatore nella ripresa altro non fanno che creare molto rammarico per questa sconfitta. Ci chiediamo e chiediamo all’allenatore quale sia il vero Verona. Perché questa metamorfosi? Perché tante scelte sbagliate? L’impressione è che il tecnico si sia un po’ incartato, attento a equilibri dello spogliatoio, a gerarchie pregresse, a tenere tutti attaccati al carro. Ma il calcio e la serie A sono spietati. Non si aspetta nessuno. E’ una selezione darwiniana. Conta solo il risultato. Unico parametro, da sempre per giudicare il lavoro di un allenatore. Ne abbiamo parlato a lungo dell’argomento. Chi vince ha ragione, chi perde ha torto. A maggior ragione in una società come l’Hellas in cui l’unico obiettivo è portare a casa la pellaccia in ogni modo possibile. Se il piccolo bottino di punti ha permesso a Baroni di lavorare fino ad oggi tranquillo, ora questo margine sta per essere eroso e bisogna tornare a pensare di portare a casa il risultato in ogni modo. Schierando i migliori della rosa, chi è più in forma, chi garantisce più corsa, più freschezza. Ora fare nomi dopo la partita di oggi è superfluo. Ma è evidente che vedere Amione fare disastri come braccetto, vedere Faraoni e Doig ancora in pesante difficoltà, vedere Hongla in versione bradipo e Serdar boccheggiante, qualche dubbio arriva. Le nove partite giocate e soprattutto questa ultima gara con il Napoli ha dato delle evidenze che Baroni non può non cogliere.

Se Tchatchua entra e fa cinque cross perfetti, dando vivacità ed energia alla squadra non posso non chiedermi perché non ha giocato a scapito di Faraoni e Doig. Idem per Bonazzoli che di questa squadra dovrebbe essere titolare inamovibile tanta è la classe che di certo non gli fa difetto. Lazovic è uno che non avrà i novanta minuti ma che per sessanta fa la differenza. Duda ha giocato gare sontuose con la nazionale. Era peggio di Hongla? Folorunsho non può essere spostato come una pedina del Monopoli, perché non riesce a trovare riferimenti. E il Terracciano “inventato” come braccetto in un momento di difficoltà è meglio di questo Amione che francamente pare essere una causa persa. Aggiungiamo che in panchina ci sono giocatori come Saponara e Mboula, ancora sotto utilizzati se non addirittura ignorati e avremo un quadro della situazione tutt’altro che chiaro. 

E’ un momento fondamentale per la storia di questo campionato.. Baroni deve dimostrare nelle prossime tre partite di aver trovato il bandolo della matassa e soprattutto dovrà portare a casa punti. E’ finito il tempo degli esperimenti, della “crescita” felice, del “volemose ben”. Deve tornare il Verona da battaglia, assente ormai da troppe settimane. 

BRUTTA BOTTA CHE INAUGURA IL NOSTRO CAMPIONATO DI SOFFERENZA

Siano sempre benedetti gli otto punti in classifica perchè ci permettono di assorbire senza drammi eccessivi una brutta botta come questa sconfitta con il Frosinone. Non è dramma ma qualche allarme va acceso. Il Verona è apparso nell’ordine: stanco, poco determinato, spento, senza idee. Il Frosinone ha fatto un figurone e Di Francesco ha vinto il duello con Baroni.

E’ iniziato ufficialmente quel campionato di sofferenza che speravamo di evitare dopo i patemi della scorsa stagione. La sconfitta è brutta come la peste perché arriva contro un’ipotetica concorrente per la salvezza che tra l’altro ha affrontato la gara con gli stessi problemi di formazione che aveva l’Hellas. Quindi non regge nemmeno l’alibi di una squadra pesantemente rimaneggiata come era quella di Baroni, senza Hien, senza Dawidowicz e senza Doig. Al Frosinone mancava Harroui, il migliore nelle prime partite, Romagnoli e aveva recuperato Garritano e Lirola in extremis, come Baroni ha recuperato Amione.

Il Verona crea, ma non segna. Baroni parla di cattiveria, sapendo benissimo che quella caratteristica lì la si dà ogni giorno in allenamento. Se non c’è ancora vuol dire che qualcosa non funziona e va migliorato. Non sono tra quelli che pensano che queste caratteristiche si comprano come il povero Massimino del Catania, ma sono il frutto di una tensione agonistica che si prepara durante la settimana. Abbiamo visto giocatori letteralmente trasformati a seconda degli allenatori che avevano, passare da fenomeni a ciofeche nel giro di un campionato.

Baroni è un buon allenatore e ha abbondanti attenuanti per queste fasi di difficoltà che sta trovando. Non ha la bacchetta magica, la squadra è stata costruita con un sacco di scommesse, buoni giocatori che però devono crescere, maturare, tornare in forma, capire in tanti casi un calcio diverso e difficile tatticamente come quello italiano. Sogliano stesso è conscio che sul mercato si potesse fare di più e meglio. Ma si è fatto il massimo all’interno dei paletti piantati dalla società e al netto delle tante, troppe scelte sbagliate fatte l’anno precedente. Errori che non abbiamo finito di scontare con lo spareggio di La Spezia, questo va sempre ricordato e non può essere rinfacciato nè a Baroni nè a Sogliano.

Di Baroni abbiamo apprezzato l’equilibrio, la bravura nel sapere pilotare la squadra in un momento difficilissimo come il mercato, ma ora lo aspettiamo ad un upgrade che tarda ad arrivare. A Frosinone non solo non c’è stato l’upgrade ma si è tornati anche un po’ indietro. C’è un po’ di confusione (apparente) nelle scelte, frutto forse di problemi fisici (ad esempio, Djuric che ha un problema al ginocchio si allena a singhiozzo), ma anche di un credo tattico che fa fatica a prendere vita in questa squadra. L’impressione è che ci sia bisogno come il pane di un riferimento centrale (se non Djuric, Cruz e se non Cruz almeno Bonazzoli), e di due trequartisti che possono essere un giocatore più di quantità (Suslov o Duda) e un fantasista (Ngonge, Saponara).

Ma non solo: il problema vero, unico, fondamentale, del Verona sono le fasce laterali. L’infortunio di Lazovic, prima di Doig poi e i problemi a destra sono evidenti. Per questo, in attesa che le corsie tornino ad andare, è necessario non intestardirsi di giocare senza la punta centrale. Si faccia di necessità virtù, come giustamente si è deciso di fare tornando alla difesa a tre.

Aggiungo che la lettura della partita, i segnali che l’allenatore dà alla squadra in certi momenti sono fondamentali. Ecco, questo è ciò che meno mi è piaciuto fino ad oggi di Baroni. Marco a volte mi pare troppo attendista, troppo “conservatore” nelle scelte. Un po’ troppo prudente. Esempio: preso la mazzata dell’1-0 alla fine del primo tempo, perchè non dare subito un “segnale” alla squadra, cambiando due, tre uomini nell’intervallo? Perchè aspettare 13 minuti, che sono pochi ma anche tanti? Perché tanto tempo a inserire Tchatchua che poi entra, è brillante e fa l’assist per Djuric? Perchè non cambiare Duda che oggi andava ai due all’ora con Serdar o Hongla? Perché non mettere subito Bonazzoli al fianco del pivottone per sfruttare spizzate e seconde palle? L’abbondanza della rosa nel reparto avanzato non deve diventare un difetto ma una risorsa. Va sfruttata di più e meglio.

VERONA, IL PUNTO E’ D’ORO ALLA FACCIA DEL PARTITO DEI GNE’ GNE’

Ci sono quelli che non sono mai contenti. Hai 8 punti? Ne dovresti almeno avere 16 ed essere al secondo posto in classifica. Perdi 1-0 col Milan? Si ma è un’occasione sprecata. Perdi 1-0 con l’Atalanta che ha speso 100 milioni di euro sul mercato? Si ma non hai tirato in porta. E’ il partito dei gnè gnè che non si sta minimamente accorgendo di quale miracolo stia compiendo il povero Verona in questo campionato. Una squadra costruita a costo zero che se la sta giocando con grande dignità con tutti, certo che ha dei limiti ma anche tanti pregi.

Il Verona ha giocato una grandissima partita a Torino. Lo dico enfatizzando il concetto proprio perché mi hanno rotto le balle tutte ‘ste critiche sul gol che non c’è, sull’astinenza, sulla punta che manca. Certo il Verona ha dei limiti (lo ripeto, che scoperta), ma perché, invece di criticare, non si parla del grandissimo lavoro di Baroni che sta assemblando una squadra nuova e che è assieme praticamente da un mese, del miracolo di aver pareggiato con Bologna e Torino (due squadroni e ben allenati), di aver battuto la Roma e una diretta rivale per non retrocedere come l’Empoli?

Seriamente: Baroni credo abbia trovato la quadra con i granata. Ha dato solidità difensiva, ha costruito il triangolo d’oro con Folorunsho, Duda e Suslov, sta ritrovando pian piano Lazovic (si noti che tutte le azioni importanti sono partite dal suo piede) e persino Faraoni (ottimo impatto entrando in un momento di grande difficoltà della squadra). Ora, è evidente, bisogna trovare la via della rete, ma questa, cara signori del gnè gnè, è una coperta corta: se chiedi ai tuoi attaccanti di ripiegare, raddoppiare, fare le diagonali, sacrificarsi e portare la croce, non è semplice poi sentirli cantare. Semplice legge del calcio. Almeno per chi lo capisce.

Io dico che bisogna essere felici pur sempre con moderazione. E’ un campionato molto, molto e ribadisco, molto più difficile dello scorso. Ci sono squadre in grande difficoltà ma con rose di incredibile potenza rispetto alla nostra. Non bisogna abbassare la guardia ed esaltare invece questo manipolo di ragazzi sconosciuti che hanno cuore, polmoni e attributi tanto da giocarsela alla pari con il Torino di Juric costretto in sala stampa ad una melina dialettica che non gli conoscevamo, forse per nascondere le grandi difficoltà avute contro l’Hellas di Baroni.

Forse la straordinaria partenza ha illuso qualcuno che si potesse ripetere un campionato da parte sinistra della classifica. Piacerebbe a tutti, ma l’obiettivo primario resta quello della conservazione della categoria, non di vincere lo scudetto. E vedere il Verona in serie A stabilmente è il primo passo per poter fare un giorno un salto di qualità. Ma questa è un’altra storia.

CHE SCOPERTA… ABBIAMO DEI LIMITI

Che scoperta verrebbe da dire. Il Verona ha dei limiti. Ora è evidente a tutti che le parole di Sogliano poggiavano su basi di realtà. Sarà un altro campionato di sofferenza e se qualcuno per un solo secondo ha pensato il contrario, ha sbagliato di grosso. Perché non è che se fai una squadra a costo zero, puoi lottare per l’Uefa. Certi miracoli riescono poche volte. Riuscì, per esempio, al primo anno di Juric, ma appunto quella fu un’eccezione. La regola è che se spendi poco il massimo che puoi fare è salvarti ed è su questo parametro che dobbiamo giudicare il Verona. Ci sta di perdere 1-0 con Milan (tornato capolista con l’Inter) e l’Atalanta che è una squadra che punta alla Champions League e che sul mercato spende sessanta volte quello che spende il Verona.

Semmai dobbiamo chiederci perché usciamo da queste due partite con rammarico. Perché non abbiamo vinto o pareggiato? O piuttosto perché siamo stati vicini a fare punti e non ci siamo riusciti? Io credo che sia la seconda, perché se Milan e Atalanta hanno sofferto contro di noi, dando la sensazione di essere squadre battibili o meglio “giocabili” qualche merito lo deve pur avere il Verona.

Tutta questa premessa non vuole nascondere i problemi che ci sono e sono tanti, forse anche più del previsto,  ma solo cercare di ristabilire un minimo di equilibrio al giudizio.

Poi è evidente a tutti che il Verona fa una fatica tremenda a costruire azioni d’attacco e che il problema è più “strutturale” che di moduli o di singoli. A me pare evidente che ci sia un grosso problema sulle fasce, indispensabili per creare occasioni, superiorità numerica, gioco palla a terra. Senza mettere la croce addosso a nessuno, non è il caso ed è un esercizio tafazziano, ma senza il gioco dei laterali si soffrirà sempre. Faraoni, Lazovic, Terracciano, Doig e ora anche Tchatchua: i giocatori ci sono, dobbiamo aspettarli, farli crescere. Qualche barlume di Lazovic si è già visto nel secondo tempo con l’Atalanta, Terracciano prende sostanza di gara in gara, Doig stava tornando ai suoi livelli, l’unico ancora indietro è Faraoni, ma al capitano va concesso ancora credito e non solo per quello che ha dato in questi anni, ma soprattutto per come si sta impegnando e per quanto visibilmente soffre di vivere questa situazione.

Cosa può fare dunque Baroni? Il tecnico ha scelto la strada più logica: costruire un’identità e un equilibrio della squadra per poi inserire quei giocatori più estrosi ma che per rendere al meglio hanno bisogno che l’orchestra suoni una musica perfetta. Penso a Saponara, a Suslov, allo stesso Bonazzoli. Ci sarà tempo e spazio per tutti, forse già da Torino, altra gara sulla carta durissima, in cui una nuova energia sempre indispensabile per la squadra scaligera.

Serve però soprattutto compattezza dell’ambiente che resta la nostra principale arma con cui lottare con le nostre pari livello. Il primo bilancio facciamolo dopo Frosinone. Mi sembra giusto.

ARRABBIATI PER LA SCONFITTA DI MILANO MA NON DELUSI

E’ un peccato perchè bastava proprio pochissimo per uscire con un risultato positivo da San Siro. Il Verona ha fatto trenta, non trentuno e questo aumenta il rammarico. Lo ha detto benissimo Marco Baroni nella sua lucidissima analisi a fine gare. “Non dobbiamo fare la partitina, ma fare la Partita”.

Se vuole migliorare anche il mister adesso deve fare però scelte in questo senso. Dopo aver ricercato giustamente l’identità e l’equilibrio, è il tempo di “osare”. Faraoni , c’è poco da fare, non sta bene, vederlo in campo così è un supplizio per il Verona e per lui. Anche la mossa Lazovic non ha convinto. Il serbo non ha ancora condizione e gamba per partire titolare in una gara così. Meglio mettere gente che spinga, che abbia gamba (penso a Mboula, per fare un esempio).

Un capitolo a parte per Bonazzoli. Il ragazzo è un valore aggiunto nel Verona. Va fatto giocare sempre e comunque. Bonazzoli è un ragazzo sensibile, che ha bisogno di esaltarsi nella fiducia. Il meglio di sè lo ha dato in questi frangenti. Entrare ed uscire non gli fa bene. Mandorlini, anni fa, ci insegnò che gli attaccanti sono come i portieri. Non vanno messi in discussione. Cacia fece 24 gol in B, Toni 22 in serie A. Nessuno ha segnato come loro e il motivo è proprio nella gestione dell’allenatore. Nel suo approccio sbagliato contro il Milan credo si nasconda la sua voglia di strafare per conquistarsi quella fiducia di cui ha bisogno.

E’ giusto essere arrabbiati dunque. Ma non delusi. Il Verona ha giocato comunque una buona gara e il Milan ha persino tremato in certi frangenti. La delusione non fa bene al Verona. Vuol dire non aver capito che questa squadra è stata costruita al risparmio e non può arrivare alla Uefa ma se la deve giocare per non retrocedere. Ma la rabbia per il risultato avverso ci sta. Alla vigilia della gara con l’Atalanta al Bentegodi, e poi in vista della sfida con Torino e Frosinone, bisogna tornare a fare punti. In qualsiasi modo.

ABBIAMO UNA SQUADRA. ORA FACCIAMO L’HELLAS

Ci sono tante buone notizie. Il Verona scavalla il test più duro di questo inizio e lo fa con una moderata sofferenza ma anche con la maturità di chi sa esattamente quali siano i propri limiti e i propri pregi. Sogliano ha affidato a Baroni una squadra che ora bisognerà trasformare nell’Hellas che navigherà in questo campionato. Per mezz’ora contro il Bologna s’è (intra) visto quello che il Verona può e sta tentando di diventare. Una squadra spavalda e rocciosa, che attacca alto e che quando riconquista palla sa giocare con trame e tempistiche di un livello che ci era sconosciuto da molti mesi. Ripetiamo il concetto: si vede un lavoro profondo dell’allenatore e costanti aggiornamenti che ci fanno capire che il momento del rodaggio sia ancora lontano dall’essere finito. Il perché è facilmente comprensibile: la rosa del Verona è stata costruita a rate, pezzi importanti sono arrivati solo a fine mercato e per avere un quadro omogeneo bisogna che tutti arrivino almeno allo stesso grado di forma. Inoltre questa squadra è anche il frutto di tanti compromessi e anche su questo Baroni sta lavorando, cercando di adattare le caratteristiche dei singoli al gioco, come ha spiegato molto bene anche nell’ultima conferenza stampa.

Insomma possiamo concedere al Verona di non essere ancora una macchina perfetta. Ci mancherebbe che non soffrisse col Bologna che ha un organico di alto livello composto da quei giocatori che i ds nel loro gergo definiscono “pronti”, giocatori che il Verona, lo diciamo senza problemi, non poteva permettersi. Ma non è da disprezzare comunque la rosa gialloblù: ci sono pietre preziose da ripulire e ricollocare ma che avranno un futuro certo e anche un presente di soddisfazioni.

Puó funzionare meglio il gioco sulle fasce dove Faraoni rischia di diventare un inaspettato problema e bisogna assolutamente portare a 90 minuti l’intensità e la condizione fisica. Sette punti sono un ottimo bottino alla vigilia di un miniciclo durissimo: Milan, Atalanta, Torino e poi la fida salvezza col Frosinone. Abbiamo una squadra, ora facciamo l’Hellas.

TUTTI GIU’ PER TERRA

Nel caso non si fosse capito a sufficienza: ci sarà da soffrire. Ancora e ancora e ancora di più. Le due partite miracolose che ci hanno portato sei punti sono state un ottimo punto di partenza ma nient’altro. Il Sassuolo ci rimette nella nostra giusta dimensione, cioè quella di una squadra che ha tanti tantissimi limiti tecnici e che per smazzarla fuori deve andare sempre più forte degli altri. Ma molto più forte. E quando ciò non accade, la qualità degli avversari tipo Sassuolo esce e tu esci suonato.

La prima sconfitta coincide con la fine del mercato. Un mercato durissimo di cui forse capiremo l’importanza solo tra qualche mese. Sean Sogliano ha lavorato con la museruola e le manette, prigioniero di budget inesistenti, con la necessità di abbassare il monte ingaggi e al contempo di rivoluzionare una squadra che era evidentemente arrivata a fine ciclo. Ha centrato molti obiettivi, non tutti, non quanti avrebbe voluto. Il ricambio probabilmente doveva essere ancora più “spinto” ma liberarsi di contratti onerosi dopo una stagione pessima come la scorsa era un’impresa quasi titanica.

Fondamentale la partenza di Lasagna, contratto pesantissimo, oggi un po’ spalmato e ricollocato all’interno di una logica sostenibile di mercato. Setti ha retto bene, anzi benissimo ai vari tentativi di prendere il Verona per il collo con offerte a ribasso. Non può sfuggire il cambio di passo dell’ultima settimana in cui il presidente ha rifiutato offerte importanti per Ngonge e Hien, indizio, forse, di una forza finanziaria ritrovata. Vedremo se entreranno nuovi partner, se Setti resterà presidente, se il Verona cambierà padrone. Ma valutando il presente, il fatto che siano rimasti i tre gioielli Hien, Doig e Ngonge e che i sacrifici si siano limitati alle cessioni di Tameze e Sulemana a Setti va fatto un applauso.

Ribadire poi quanto Sogliano sia stato bravo a portare giocatori a basso costo, motivati, funzionali al gioco di Baroni è puramente inutile. Suslov è una ciliegina di grande livello, chi bazzica il calcio internazionale ed è avvezzo a interessarsi ai futuri campioni, sa di cosa parlo.

Baroni, davvero straordinario a barcamenarsi e a trovare la rotta in un momento di grande confusione, ha ora la possibilità di lavorare, finalmente, per plasmare la sua squadra. C’è molto da fare come si è visto a Reggio Emilia. Per esempio: il Verona ogni tanto regredisce allo stato primitivo, quando nella scorsa stagione, per non sapere nè leggere nè scrivere, mandava il pallone sul testone di Djuric, sperando che qualcosa accadesse. Un gioco primordiale che bisognerebbe evitare. Anche perchè, ogni volta che questa squadra gioca con la palla a terra fa vedere cose che avevamo dimenticato. Rotazioni, tagli, inserimenti sulle fasce, tempi di gioco e belle azioni. Bisogna togliere, per quanto possibile quell’impulso alla semplificazione. Altra cosa che Baroni deve cambiare è l’estremizzazione del duello a tutto campo. L’uno contro uno. In certi frangenti stasera sembrava essere tornati a Bocchetti. Palla persa e transizione avversaria di quaranta metri, senza coperture preventive e senza distanze. Non va bene. Mi era parso di vedere un netto cambio su questo fronte, con la squadra sì aggressiva, ma con diagonali, coperture e distanze che finalmente ci allontanavano dall’inimitabile calcio di Juric (il quale, se vogliamo, soffre per il fatto che il Torino non tiene i ritmi che quel calcio impone e per il fatto che ormai ogni avversario si è attrezzato per affrontarlo). Bonazzoli, a mio avviso, non deve partire dalla panchina ma gli va data fiducia e minuti dall’inizio. Dietro, imprescindibile Hien, come davanti Ngonge, il vero fuoriclasse di questo Verona. Non mi convince in pieno, pur capendone le motivazioni, il Folorunsho avanzato. Il torello romano, lo vedo in mezzo a fare legna, accanto ai piedi buoni di Duda. Faraoni meglio recuperarlo dandogli mezz’ora alla fine, che schierandolo dall’inizio. E aspettiamo Lazo, che in precampionato è stato il migliore e che pare avere un grande feeling con il mister. Siamo tornati per terra, non è detto che sia un male.

VI RACCONTO UNA FAVOLA

C’era una volta una squadra che sembrava destinata ad essere la Cenerentola del campionato. Povera, con vestiti stracciati, andava in giro per il calciomercato chiedendo la carità. Nessuno se la filava. Sei brutta, non ci salveremo mai, sarà peggio della scorsa stagione, dicevano in tanti, anche tra i suoi più fedeli tifosi. Poi si giocò la prima partita e Cenerentola si presentó con un cappello da cow boy, jeans e maglietta. Umile e dignitosa. Ma soprattutto pratica e piena di carattere. E vinse. È solo la prima gara disse buona parte del popolo scottato da mille precedenti occasioni. Vediamo con la Roma. E alla seconda giornata Cenerentola mise allora  un bel vestitino da sera, niente di sfarzoso, solo qualche ricamino qui e là, giusto perché c’era l’occasione e non voleva fare brutta figura con uno come Mourinho abituato a ballare alla Scala del calcio. E vinse. Allora anche i più scettici iniziarono a crederci. E così si notò che Cenerentola era davvero una bella ragazza, di quelle che badano alla sostanza e non passano la giornata a specchiarsi con i selfie su Instagram. Non aveva la Ferrari, non si truccava e preferiva pane e salame a ostriche e champagne. Ma aveva fascino, sapeva da dove arrivava e dove voleva andare. Sapeva soprattutto che non bastavano due vittorie a scrivere una bella favola. Ma come inizio di una storia incredibile era perfetto. Cenerentola era nata per soffrire e questa era la sua forza. Guai adesso a pensare che sia diventata una principessa. Non ancora, non adesso.

CHE BELLA GIORNATA

Per una volta non voglio fare quello che fa finta di essere sorpreso dal Verona. No, non lo sono. Per tanti motivi. Nonostante sappia benissimo da quale contesto nasce questa squadra, conosca perfettamente la situazione, sappia perfettamente che sarà un campionato duro e soffertissimo credo che i presupposti siano completamente diversi rispetto alla  scorsa stagione. Intanto mi fido ciecamente di Sogliano. Un appiglio, un salvagente, un punto di riferimento. Sogliano è anche meglio di quando se n’era andato. Più maturo, più arrabbiato, più consapevole della bellezza e della forza di questa piazza a cui è ormai visceralmente attaccato. Ha lavorato in silenzio, in una condizione durissima. La società gli ha chiesto di operare a basso budget (diciamo pure a zero), di ridurre il monte ingaggi e al contempo di iniziare un nuovo ciclo. Sono tre cose che vanno in direzioni diverse, ma Sean sta riuscendo nell’impresa. Guardate gli acquisti: non ce n’è uno che non abbia un senso. Saponara è il classico talento a parametro zero, Mboula una scoperta incredibile, Folorunsho l’uomo giusto al posto giusto, Bonazzoli una scommessa. Nel frattempo il Verona ha ceduto e fatto plusvalenze ed è pure riuscito ad abbassare il monte ingaggi piazzando Ceccherini e Lasagna. altro succederà (e può accadere di tutto da qui alla fine del mercato), ma sono certo che Sean ha già pronte le alternative e non è detto che chi arriverà sia peggio di chi parte…

E poi quest’anno, diciamolo ancora sottovoce ma nemmeno tanto, abbiamo un bravo allenatore. Anche Baroni, come Sogliano, appare l’uomo giusto nel posto giusto. Equilibrato, gentile, ma assolutamente un tipo tosto, determinato, esperto. S’è vista subito la sua mano. Con l’Ascoli il Verona mi era piaciuto molto, fatta la tara sull’avversario e sulla condizione fisica. Ma si vede subito quando dietro ad una squadra c’è del lavoro. E qui ce n’è molto e di ottima qualità.

Ecco perché mi aspettavo questa bella giornata e non sono affatto sorpreso da questo Verona. Avevo scritto qualche settimana fa quando percepivo un’atmosfera di iper pessimismo di stare calmi. Lo ripeto oggi dopo questa vittoria. Stiamo calmi, lasciamoli lavorare. Stavolta non ci tradiranno. Impegno e abnegazione quest’anno non mancheranno mai.

STEMO CALMI… ALMENO PER IL MOMENTO

Non è che non sono preoccupato per il Verona. Anche perché, a ben vedere, la preoccupazione è uno stato d’animo che il tifoso dell’Hellas ha per default. Semplicemente sapevo già che la nostra sofferenza non sarebbe finita a Reggio Emilia. Anzi, sarebbe iniziata proprio in quel momento. I nodi sarebbero inevitabilmente arrivati al pettine.

Si chiama “fine di un ciclo”, the end. Per fortuna è finita con una salvezza, la serie B avrebbe portato così tanti problemi che la nostra preoccupazione attuale sarebbe sfociata in dramma. La serie A garantisce dal punto di vista economico l’introito dei diritti tv.

Abbiamo parlato sino alla nausea di Setti. Può il Verona ambire a un presidente migliore di lui, cioè che abbia più disponibilità economica? Sì, senza dubbio.

Però è anche vero che negli ultimi 40 anni non c’è stato nessuno che ha fatto tanta serie A come Setti. 12 anni di presidenza, 9 anni di serie A, tre promozioni, sono i fatti su cui non si può discutere. Si può discutere di altre cose: della distanza dalla piazza, della mancanza di passione, di una debolezza finanziaria che rischia di essere controproducente. Ma anche su queste questioni si può dire anche il contrario.

La società, dopo tanti giusti sberloni, ha capito quanto importanti sono per noi alcuni dettagli. Le magliette, la storia, l’identità. Come abbiamo stigmatizzato duramente le scelte “fluo” e la maglia verde, dobbiamo apprezzare lo sforzo fatto per la terza maglia di quest’anno, un preciso riferimento storico, con legame verso l’Inghilterra che affascina sempre il tifo scaligero. E anche la festa, sobria ma giusta, per i 120 anni della società sono stati un bel lavoro.

Arrivo al mercato: scrivo questo pezzo il 4 agosto di un’estate che ci sta raccontando la crisi generale del calcio italiano. Non il Verona, ma prima di noi le grandi, le grandissime. Il Milan ha ceduto Tonali per sparare qualche fuoco d’artificio. L’Inter si muove con i piedi di piombo e prima di acquistare ha mollato tutti quei dinosauri che costavano una follia e rendevano pochissimo. La Juventus è devastata. I dirigenti bianconeri farebbero carte false pur di liberarsi di qualche costoso “big”. A Roma non ne parliamo. I giallorossi hanno per ora ceduto tutti i giovani messi in mostra l’anno scorso per rientrare nel fair play finanziario. Plusvalenze piene. La Lazio è una pentola a pressione pronta ad esplodere. Lotito ha dovuto intervenire personalmente per parlare con i tifosi e tre giorni dopo è servito un comunicato per dire che non c’è tensione con Sarri. Excusatio non petita, accusatio manifesta, direbbero i latini tanto amati dal presidente laziale. A Torino, Juric forse sta addirittura rimpiangendo Setti. Resta il Napoli, che con lo scudetto sul petto sta tentando di non cedere Osimhen, e la Fiorentina che investe ma pure incassa (Castrovilli in Inghilterra, esempio).

A guardare quelle che dovrebbero essere le dirette concorrenti del Verona, mi pare evidente che Genoa e Cagliari sono di un’altra categoria (poi vedremo sul campo se hanno acquistato bene), mentre Lecce e Frosinone sono al pari nostro, forse addirittura un po’ sotto. Resta l’Empoli che dovrebbe essere, sulla carta, la quarta a giocarsela e che ha la struttura della scorsa stagione, con lo stesso allenatore e un settore giovanile che continua ad estrarre pepite.

Sogliano sta lavorando come un disgraziato. Se passate alle 10 di sera dalla sede del Verona, vedrete la luce accesa del suo ufficio. E’ un lavoro ingrato e difficile. Bisogna tagliare i rami secchi, abbassare il monte ingaggi e naturalmente dare a Baroni i giocatori che servono. L’unico obiettivo è di mantenere una squadra in cui chi resta a lottare non abbia il minimo dubbio. Chi non dovesse essere allineato credo sarà messo ai margini. Ovviamente bisogna anche preservare il valore patrimoniale dei giocatori, non svalutarli.

Una precisazione che va fatta: è vero che il Verona sta incassando quest’anno oltre 43 milioni, ma quando si dà questo dato, per non essere in malafede, bisogna dire che sono i soldi che la società non ha incassato dalle vendite della scorsa stagione.

Formule di pagamento dilazionate a fronte di giocatori già pagati. Esempio: è vero che arrivano 12 milioni per Simeone, ma è anche vero che ne sono usciti 10 per acquistarlo. Per Ilic hai incassato 15 milioni, ma ne hai speso 14 e mezzo per prenderlo. E via così. Inoltre va anche detto che nella scorsa stagione comunque dei soldi sono stati spesi. Oltre 3 milioni per Cabal, 3 e mezzo per Doig, quasi 6 per Hien.

Insomma stringi, stringi, fisiologiche plusvalenze che servono a tenere in piedi la baracca. Credo che il mercato, come sempre vada giudicato alla fine. Sogliano è un mago del colpo “low cost”, come ha già dimostrato, concediamogli però anche qualche “cantonata” perchè lavorare sempre col budget risicato alza indubbiamente il rischio della scommessa. Il centrocampo sarà sistemato sicuramente (arriveranno almeno due giocatori che possiamo individuare in Akpa Akpro e in Folorunsho), mentre per l’attacco sarà molto più difficile. Bonazzoli rappresenta un’idea abbordabile, poi c’è da sperare che in qualche modo si risollevino i vari Lasagna e Henry. Poi andrà limata la difesa e vanno sostituiti eventuali partenti (Faraoni? Hien? Doig?).

Aggiungo che quest’anno si parte da due certezze in più: un allenatore che ha esperienza, sa lavorare in condizioni difficili ed è molto equilibrato oltre che legatissimo alla piazza. E un ds che dopo la salvezza della scorsa stagione è a tutti gli effetti un cittadino onorario di Verona. Non è poco, ve lo assicuro.