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NON E’ COLPA DEL CUSTODE

Si sbaglia sempre. Si sbaglia per rabbia, per amore, per gelosia. Si sbaglia per imparare. Imparare a non ripetere mai certi sbagli. Si sbaglia per poter chiedere scusa, per poter ammettere di aver sbagliato. Si sbaglia per crescere e per maturare. Si sbaglia perché non si è perfetti. (cit. Bob Marley)
Un po’ di anni addietro Silvio Baldini, dopo una sconfitta con l’Empoli contro il Chievo, notevolmente irritato per le domande di un collega già un po’ “agè”, lo apostrofò così: “La colpa non è tua, ma chi ti mette in mano il microfono”.
E’ chiaro che questa stagione-agonia non ha un solo colpevole. Ma c’è chi non chiede scusa, nè ammette errori o colpe. Per l’intera stagione, non ho mai sentito o letto una frase, nemmeno mezza parola, uscire dalla bocca di Marco Crespi per ammettere qualche responsabilità personale nei risultati, decisamente insoddisfacenti, della Tezenis.
La colpa è sempre stata di qualcun’altro: infortuni, giocatori, società, pure degli arbitri. Il tutto sempre condito dalla metafora di turno, dichiarando più volte di essere contento o soddisfatto dopo alcune partite perse crudelmente. La quadratura del cerchio è arrivata nella conferenza stampa dopo la disfatta con Scafati al Palaolimpia, che ha sancito l’eliminazione dai playoff.
Precisando di non voler criticare nessuno, il coach della Tezenis ha manifestato il sentimento dicendo di provare grande dispiacere nel non aver potuto operare dal punto di vista umano e professionale come ha sempre fatto. Strano, evidentemente prima c’era un altro Marco Crespi. Perché al di là delle mancate scuse, come invece ha fatto Giorgio Pedrollo un secondo dopo la sirena; al di là della mancata assunzione di responsabilità, come fece Ramagli un secondo dopo l’eliminazione ad Agrigento, resta incontestabile un fatto: Crespi ha voluto questa squadra in un mercato che ha rivoluzionato il gruppo che aveva dominato la scorsa regular season (in Gold, non come adesso con 9 squadre dalla Silver), ha indicato alcuni giocatori scartandone altri, ha scelto l’assetto, tutto con l’avallo della società. E se fosse stato per lui non sarebbe stato confermato nemmeno Boscagin. E soprattutto ha allenato questa squadra.
I primi problemi sono venuti a galla molto prima degli infortuni e della cessione di Chikoko, come il crollo nel secondo tempo a Bologna e la sconfitta in casa con Legnano. Troppi alti e bassi, prove roboanti con le grandi e scivoloni imbarazzanti con avversarie mediocri.
Nel corso della stagione sono stati “distrutti” giocatori che hanno dimostrato di non sopportare la tensione esagerata e lo stress mentale: il primo è stato Spanghero (al punto che si era ventilata una sua cessione, stoppata dall’infortunio), poi è toccato a Cortese, quindi a Chikoko che probabilmente se ne sarebbe andato a Monaco anche per metà ingaggio, infine a Rice. Da Ros, fortemente voluto da Crespi, ci ha pensato da solo. In mezzo un balletto di accuse, processi al reprobo di turno, esternazioni sconcertanti, atteggiamenti a tratti indecenti di qualche giocatore e una società che non è stata in grado di gestire tecnicamente, umanamente e professionalmente la situazione.
Uniche gemme in un clima di profonda depressione, il soldatino Saccaggi, il galantuomo Michelori e il capitano Boscagin, che hanno tirato dritto, facendosi carico di molte più responsabilità di quelle che avrebbero meritato.
Crespi ha detto che il campo è serio e vince chi costruisce. Ma c’è anche il rispetto, che si conquista con i comportamenti e talvolta vale più di una vittoria. C’è il rispetto tecnico (sempre dovuto a chi s’impegna nel suo lavoro, e questo il coach lo ha sempre fatto), e il rispetto umano. E se dai giocatori non ottieni quello, tutte le metafore post-gara diventano solo una coperta corta per coprire altre magagne.
Adesso che la sirena è suonata davvero, sono d’accordo con Crespi su una cosa: il silenzio è la miglior risposta. Mi permetto solo una citazione finale: “Le scuse sono come i buchi del culo, tutti quanti ne hanno una”. (Sergente O’ Neill – Platoon)

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