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C’E’ ANCHE IL TANKO GIUDIZIARIO

Ragionando il giorno dopo sulla retata venetista, va osservato che addosso al tanko artigianale di Casale di Scodosia è arrivato il tanko giudiziario: cioè un’azione giudiziaria, così inflessibile ed impetuosa, da risultare anche lei un tanko, cioè ridicola in rapporto alla pericolosità degli arrestati.
Ci sono le intercettazioni, con i propositi deliranti. Che però restano propositi, non fatti compiuti. Ci sono le armi, che però nessun venetista ha mai usato. Magari bastava una visita del maresciallo cc di Casale che dicesse a Contin e soci: putei, basta fare i mona, o volete tornare in carcere come nel 1997?
Perchè le armi, proprie ed improprie, i no tav invece le hanno usate. Hanno dato l’assalto ai cantieri, sono andati allo scontro violento con la polizia, hanno minacciato di morte il procuratore capo di Torino Giancarlo Caselli. Ma con loro niente retate, niente accuse di eversione e terrorismo. Come la mettiamo?
All’apice del consenso Umberto Bossi poteva dire – non in osteria né intercettato in un capannone – ma in una pubblica piazza: “Ci sono 300 mila valligiani pronti ad impugnare le armi. E ricordino i magistrati che una pallottola costa 300 lire!…”. Come mai non l’hanno arrestato subito con l’accusa di incitamento alla rivolta armata e minaccia all’ordinamento giudiziario? Forse perchè era un Gran Lombardo e aveva alle spalle un vasto consenso in Lombardia, nella regione chiave d’Italia, non nel Veneto delle servette…
La Lega nasce in Veneto con Rocchetta, ma poi arriva Bossi e la colonizza. L’unico che prova a resistergli è Flavio Tosi. Tutti gli altri, compreso Luca Zaia che oggi gioca a fare l’indipendentista veneto, al cospetto di Bossi sussurravano in pubblico davanti a noi giornalisti: “Sì capo, giusto capo, hai ragione capo”. Indipendentisti doc, non c’è che dire.
Ci siamo dimenticati che ieri, nel 2010, chi doveva essere il nuovo governatore della colonia veneta non lo hanno deciso i veneti, ma sempre lui, Bossi, d’intesa con l’altro Gran Lombardo, Berlusconi. (E per lo scorno di Galan che voleva continuare a fare il presidente della nostra regione…)
E qui arriviamo al punto: la fragilità politica ed economica del Veneto. Alla fine degli anni Sessanta ci eravamo illusi: Rumor presidente del consiglio, ministri di peso come Bisaglia, Gui e lo stesso Flaminio Piccoli. Si diceva allora che il consiglio dei ministri si poteva tenere sul volo Roma-Venezia…Ma fu una breve illusione. Poi è riemersa la cronica fragilità politica, la mancanza di una vera leadership.
Cosa sarebbe oggi il 5 Stelle senza un leader vero come Beppe Grillo? Una banda di sbandati dispersi in mille rivoli. Esattamente quello che sono i nostri venetisti: capponi di Renzo.
C’è poi la fragilità economica. Perchè la produzione diffusa, il popolo delle partite iva, magari garantiscono benessere al territorio. Ma il peso economico è un’altra cosa: ci vogliono le grandi aziende, i grandi gruppi. Domina la finanza. E la borsa dov’è? A Milano, ovviamente. A Venezia la borsa sarebbe impensabile, diverebbe un reperto museale da mostrare ai turisti.
E allora di questa fragilità devi essere consapevole, non puoi (Zaia) cavalcare a fini elettorali un referendum indipendentista pur sapendo benissimo che Roma non te lo farà mai tenere. E’ da irresponsabili. Va a finire che qualche testa calda, qualche mona, si mette e ricostruire il tanko. E, quando lo fa, è matematico che gli arriva in quel posto il tanko giudiziario. Come puntualmente successo.

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