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CARITAS, 8 PER MILLE E ASTENSIONE

Il rapporto della Caritas dice che in quattro anni sono raddoppiate le richieste di aiuto per povertà. Per un terzo richieste di italiani. Comprensibile, con la crisi economica che incalza.
Domanda: chi deve dare una risposta, il privato l’associazionismo cattolico, oppure il pubblico, lo Stato e i comuni? Dipende dalle risorse. E qui entra in ballo la distribuzione dell’8 per mille. Strano meccanismo, per non dire truffaldino.
Immaginiamo di applicarlo altrove. Ad esempio alle elezioni. In Emilia sono andati alle urne meno del 38% degli aventi diritto, tra questi il Pd ha ottenuto una larga maggioranza. Applichiamo agli astenuti lo stesso meccanismo che vale per chi si astiene nell’indicare la destinazione dell’8 per mille: il Pd si beccherebbe automaticamente anche la larga maggioranza di chi non ha votato. Risolto il problema delle astensioni, ma tutti griderebbero allo scandalo. E non è uno scandalo che anche la larga maggiorana degli astenuti vedano versato il loro 8 per mille alla chiesa cattolica?
Ma c’è di più. Immaginiamo una competizione elettorale in cui solo uno dei due contendenti può fare campagna, può far conoscere i buoni motivi per cui votarlo. E l’altro se ne sta zitto zitto.
Succede esattamente così, con la Chiesa che inonda le televisioni di spot per illustrare le ottime ragioni per dare a lei l’8 per mille. Mentre il competitore, cioè lo Stato, ritiene di non aver alcun interesse a far cassa (in ballo ci sono circa un miliardo e mezzo di euro) informando e stimolando i cittadini a versare a lui quei soldi.
Tacito, inconfessabile, accordo con l’Oltre Tevere? Autolesionismo di uno Stato che poi, per far quadrare i conti, non esita a tartassarci sulla casa?
Da laico penso che sia anzitutto il pubblico a dover provvedere a dare la risposta possibile alla povertà. Ma dipende dalle risorse. E quindi, una revisione del meccanismo dell’8 per mille sarebbe opportuna. Magari dando ai cittadini anche la possibilità di destinarlo al proprio comune.

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