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NOI, ERGASTOLANI DELL’EURO

La cosa certa è che entrare nell’euro e nella Ue equivale a diventare ergastolani: non puoi più uscirne, se non disteso (nella bara) e a tasche vuote come sta capitando ai greci.
La pretese di Tsipras non possono essere accolte, per rispetto e coerenza con quei Paesi – Spagna, Irlanda, Slovenia, etc. – che hanno ridotto il debito e sistemato i conti al prezzo di duri sacrifici. Un commerciante che ad un cliente vendesse a prezzo pieno, e ad un altro con un forte sconto, meriterebbe la lapidazione. La “bottegaia” Merkel non può farlo. Ed in ogni caso non è indebitandoti ancora di più che puoi garantire una sana e duratura crescita economica al tuo Paese.
Il problema però resta all’ingresso degli inferi europei. Mancava il cartello: “lasciate ogni speranza (di uscirne) o voi che entrate!”.
I fautori della moneta unica – Prodi, Berlusconi, tutti tranne la Lega – ci sottolinearono i vantaggi: non ci sarà più inflazione, i mutui avranno interessi ragionevoli, poniamo solide basi per il futuro…Magari, almeno in parte, avevano e hanno ragione. Dovevano però avvertirci che non si sarebbe comunque più potuto tornare indietro. Dovevano dircelo che saremmo diventati ergastolani dell’euro. E farci scegliere se diventarlo o meno.
Perchè la caratteristica di fondo del nostro Paese (del Veneto in particolare, ma non solo) è e resta una creatività diffusa – e molto, molto borderline – che ha generato la crescita economica. Non siamo tedeschi, non apprezziamo le regole.
Regole, burocrazia, tasse sono oggi la morte dell’economia italiana. Morte cui è impossibile sottrarci.
Non si esce dalla Ue come non si esce dall’Italia unita. L’indipendenza del Veneto rimane un sogno.
Ma almeno l’Italia unita hanno fatto finta di avallarla con i referendum truffa (dove i sì furono più numerosi dei votanti…).
Oggi, non potendo più fare referendum truffa, semplicemente non li hanno fatti: tutti nella Ue senza l’avvallo della sovranità popolare, tutti ergastolani dell’euro.

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