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SCUOLA: L’APARTHEID DEL PANINO

D’estate si è parlato di scuola per la vergognosa sceneggiata degli insegnanti che, dovendosi spostare dove c’è bisogno di loro (da Sud a Nord) si sono autodefiniti “deportati”
Adesso, con l’autunno, altro dramma: l’apartheid del panino! Genitori in rivolta contro il costo e l’obbligo delle mense scolastiche, rivendicano il diritto di dare loro la merendina ai figli, e protestano perché chi ha il panino non potrebbe mangiare in mensa e sarebbe “segregato” in classe…
Genitori che non capiscono che il vitto è del tutto secondario, che la funzione fondamentale della scuola è l’insegnamento; la qualità dell’insegnamento.
Genitori che accettano di pagare ben più che per la mensa, per una pubblica istruzione che non seleziona gli insegnanti e non li obbliga all’aggiornamento; docenti che per tutta la carriera insegnano le stesse cose, incuranti di un modo che muta velocissimo, che richiede sempre nuove materie e nozioni per garantire l’inserimento al lavoro di chi studia.
Uno dei tanti esempi: si continua ad insegnare una lingua del tutto inutile come il francese, quando già cinquant’anni fa era evidente che la lingua della comunicazione globale è l’inglese.
Genitori che protestano solo se il figlio viene bocciato. Li vorrebbero tutti promossi. Senza comprendere che una scuola o è molto selettiva o non serve a nulla: perché i ragazzi e le ragazze, di fronte a percentuali bulgare di promossi, nemmeno si impegnano a studiare quel poco che viene loro insegnato.
Docenti che, specie al Sud, promuovono tutti a pieni voti. Salvo rifiutare quei test Invalsi che puntualmente dimostrano come gli studenti abbiano appreso poco nulla…
Ma, se la nostra pubblica istruzione è così allo sbando, la prima responsabilità è dei tanti genitori che si ribellano per le mense, per l’apartheid del panino, e trascurano di vigilare anzitutto sulla qualità dell’insegnamento somministrato ai loro figli.

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