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ARRIVA DAL PASSATO QUESTO DRAMMATICO PRESENTE

 Il disastro è sotto gli occhi di tutti. Ma per capire i disastri e le motivazioni che ci hanno portato qui bisogna mettersi allo specchio e scandagliare ogni aspetto. Come mai il Verona non riesce a invertire la rotta e a costruire un ciclo vincente? Perchè questa società sembra avere sulla propria testa una maledizione capace di inghiottire tutto e tutti?

Partire da lontano può aiutare. Per esempio pensando a Pastorello, a Tanzi, ad un Verona che finchè è stata la squadra satellite della Parmalat ha dato qualche soddisfazione, poi, quando Tanzi è finito in disgrazia ha iniziato la sua terribile caduta. Pastorello ha pensato solo alle proprie casse, ha accumulato debiti, ha lasciato un Verona impresentabile nei conti e di fatto fuori mercato.

Solo Arvedi poteva acquistarlo. Forse perché Arvedi poteva solo fare peggio di Pastorello. C’era in realtà un’altra cordata: la Cometal, azienda veronese che aveva raggruppato una manciata di imprenditori che avevano però lucidamente analizzato il male di quella società. Il passivo vergognoso che si era accumulato in banca chissà perchè e chissà per come (solo ora abbiamo capito…). Arvedi non ci pensò. E fece una follia, come disse appena un minuto dopo la firma sul contratto il suo avvocato Dario Donella.

Arvedi scelse malissimo i collaboratori. Si fece abbindolare da Cannella che forse era stato messo lì da Pastorello proprio per “circuire” il povero Conte. Ignorò i consigli di Ficcadenti, allora allenatore. Si mise a telefonare con don Casillo. Portò avanti un irrealizzabile progetto dello stadio. Cannella lavorò per cacciare il proprio nemico Ficcadenti. A costo di aizzare una parte della squadra contro il sergente di ferro. L’unico modo per minarne la credibilità erano i risultati negativi. Così Ficcadenti fu esonerato dalla squadra, ormai in gran parte con Cannella nella vergognosa partita con il Mantova. Arrivò Ventura e un mercato da “otto”. La squadra retrocesse dopo aver giocato solo un tempo contro lo Spezia. I punti persi nella guerra di dicembre a Ficcadenti furono fatali.

Iniziò un circo senza fine. Scelte assurde. Il Verona scivolò verso la C2, sostenuta solo dal buon senso di Davide Pellegrini e dall’esperienza di Previdi che nel frattempo era arrivato a Verona via Prisciantelli e dopo un amorevole consiglio di Alberto Mazzi al conte Arvedi.

I costi altissimi stavano per mettere in ginocchio Arvedi, ormai in mano delle banche e di qualche funzionario senza scrupoli. Solo una cura da cavallo avrebbe salvato il Verona. Così Previdi e Prisciantelli si misero al capezzale del Verona e in qualche modo riuscirono a rimettere l’Hellas in carreggiata.

Tanto da renderlo di nuovo appetibile. Arvedi firmò un precontratto con Martinelli due giorni prima il tragico incidente stradale che poi gli costò la vita. Forse si era pentito di quella firma. Diceva agli amici che Martinelli avrebbe fatto la fusione con il Chievo. Per questo aveva parlato con Andreoli, imprenditore veronese durante la gara a Cesena. La vendita a Martinelli poteva essere bloccata. Ma di questo non ci sono controprove, se non la testimonianza dello stesso Andreoli.

Martinelli acquistò il Verona spendendo comunque cifre importanti. Lo studio Belluzzo costruì un’architettura finanziaria per riuscire a portare l’Hellas nelle mani dell’imprenditore di Castelnuovo che in pratica entrò in società con Arvedi per alcuni terreni di proprietà del Conte (e poi degli eredi).

Al fianco di Martinelli c’era Massimo Ficcadenti. Il quale aveva un socio da portare nel Verona. Un magnate dell’industr

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