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QUESTIONE DI FEELING

“Mi prendo tutte le responsabilità: questo deve fare un allenatore, uno che comanda il gruppo, con grande senso del dovere”. (Luca Dalmonte dopo la sconfitta con l’Urania Milano)

La saggezza di Donna Anna, first lady della Scaligera Basket, ha protetto il presidente Pedrollo da un legittimo sfogo dopo questa figuraccia con Milano, che avrebbe fatto il paio con quello clamoroso seguito alla sconfitta casalinga con Treviglio negli ultimi playoff.
Dopo tanto tempo sulla sirena finale sono partiti i fischi del pubblico, esclusi i tifosi della Locura che hanno sostenuto i giganti gialloblù dal primo all’ultimo secondo. Ed è ripartito immediatamente il ritornello preferito dai più critici, rilanciato puntualmente ad ogni sconfitta della Tezenis: “Dalmonte vattene”.
Il problema è che la Tezenis ha già perso 4 partite. Troppe. Anche se un altro ritornello continua a ripetere che il campionato si vince a maggio e che conta essere al top ad aprile. Ma andando avanti così come e dove arriverà la Scaligera in primavera?
E’ difficile scacciare l’impressione che l’allenatore parli una lingua e i giocatori un’altra. E il linguaggio del corpo è eloquente.
Una partita può essere il paradigma della vita che, si sa, è fatta di episodi. Talvolta ne basta uno per cambiare il corso degli eventi e nella mente di tutti i tifosi credo che rimasta impressa la schiacciata sbagliata da Jermaine Love nel contropiede 1vs0 che avrebbe portato la Tezenis sul -2 nel secondo quarto. In un amen Milano è tornata avanti di 9 con l’ennesima tripla di Benevelli e un canestro di Sabatini. Con Germano che andava in attacco palleggiando a testa bassa. Ha chiuso con virgola una partita disastrosa, sebbene nell’ultimo, disperato tentativo di rimonta forse avrebbe meritato un’altra chance.
Il secondo episodio chiave a 3’ dalla fine, dopo la tripla di Hasbrouck che aveva riacceso le speranze gialloblu sul 72-74. Tripla di Montano, poi la palla persa e il successivo fallo antisportivo di Rosselli.
Se la sconfitta a Forlì era maturata contro una squadra di livello e con legittime ambizioni, questo k.o. con la matricola milanese certifica una crisi di identità, non solo fisica.
Dalmonte aveva detto che gli si era aperto un nuovo mondo e sperava che i giocatori capissero la lezione, evidentemente non è stato così. E’ ovvio che i vari acciacchi abbiano influito e la squadra si sia allenata male, però c’è un limite se poi in difesa non tieni nessuno e subisci da qualunque giocatore.
Urge una scossa e in questi casi chi paga è l’allenatore. Resta da vedere se la società (che tra l’altro era già intervenuta con un extrabugdet per l’addizione di Bobo Prandin) riterrà opportuno attendere che la squadra ritrovi la migliore forma fisica di tutti i giocatori o se deciderà di correre subito ai ripari. E’ una questione di feeling, e di risultati.

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