Vecchia e annosa questione: ma quanto conta il Verona oggi per il Palazzo (Lega, arbitri, federazione)? Poco come lascerebbe presupporre un trattamento, diciamo così, non di favore o tanto come invece vorrebbero storia, blasone, trofei vinti, numero di abbonati? L’impressione è che il Verona da qualche anno almeno, di santi in paradiso ne abbia davvero pochi. E questo è dovuto a tanti fattori. Per esempio: è chiaro che per i media nazionali una squadra ha valore anche in virtù di quanti soldi ha da spendere il proprio padrone. Così, una squadra media come il Parma ha immediatamente considerazione visto la serietà e la disponibilità economica di Ghirardi. Idem per Cairo a Torino e Ruggeri a Bergamo. Il Verona di Pastorello, questo non lo aveva. Nè il Verona di Arvedi. Il Conte ha colpito l’immaginario collettivo fuori di Verona per questa amena villa di Cavalcaselle, per il suo modo ruspante di fare, ma immediatamente la credibilità è scesa sotto lo zero quando ha scelto i suoi più fidati collaboratori. Dimmi con chi vai e ti dirò chi sei, dice un vecchio adagio. E anche per Arvedi è successo così. A questo va aggiunto che non s’è fatto nulla, ma proprio nulla per rompere con il passato. Il fantasma di Pastorello (e forse non solo quello) ha continuato ad aleggiare sul Verona anche dopo il suo addio ufficiale. Ma troppi indizi hanno fatto capire che l’era Pastorello non era affatto finita. Per prima cosa le dichiarazioni di Cannella che disse (testuale) di essere stato portato a Verona proprio dal vicentino. E poi quei giocatori (quelli con maggiore valore) che hanno lasciato Verona a parametro zero senza che nessuno a Corte Pancaldo facesse almeno finta di fermarli. Lasciando stare Italiano, ma Adailton e Pegolo sono stati due casi che ho definito in passato "omicidi" contabili. Almeno che non ci fosse un patto segreto con Pastorello, una specie di buonuscita, visto che entrambi sono finiti dentro il bilancio del Genoa di cui Gb è anche socio (e pare per una cifra vicina agli otto milioni di euro, vale a dire, più o meno il valore di Adailton e Pegolo…). Insomma, legami oscuri e per niente chiari che non hanno aiutato di certo il Verona nell’avere credibilità con le istituzioni. Non possiamo dimenticare, poi, che questa debolezza è sfociata nelle accuse razziste rivolte all’intera città. Un manipolo di cretini (presenti ovunque a Milano come a Roma e forse anche in proporzioni più grandi) è stato scambiato con tutta la tifoseria del Verona. Un gioco al massacro, che al contrario di altre piazze, non ha trovato nessun difensore all’altezza. Gli esempi ormai non si contano più del doppiopesisimo con cui viene affrontata la questione razzismo-violenza. Basti pensare agli ultimi avvenimenti. I cori razzisti per Vieira e Balotelli, impuniti, o i fischi di Firenze per la mamma di Berlusconi o la bomba carta dei milanisti sul minuto di silenzio per Raciti. Che cosa sarebbe successo se tutto questo fosse successo a Verona? Ma più semplicemente: ve lo immaginate se otto tifosi dell’Hellas fossero stati arrestati a Cava o se i veronesi avessero portato allo stadio una bomba carta come quella fatta esplodere domenica al Bentegodi? Anche questo ci fa capire che la strada per avere almeno lo stesso trattamento degli altri è lungo e difficile e passa per forza di cose attraverso l’opera (e anche i risultati sportivi, perchè no?) della squadra e ancora prima della società. Arriviamo ad oggi e alla piccola protesta di Galli nei confronti degli arbitri. Qualcuno l’ha definita un alibi per nascondere le magagne della squadra, io più semplicemente lo chiamo un segnale. Un piccolo segnale sonoro che Galli e (spero) anche Cipollini hanno voluto dare all’ambiente. Ascoltate bene cosa ha detto Galli ieri: "Non so se qualcuno vuole fare scontare a questa società delle colpe
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