SPRECATO IL VANTAGGIO, SI TORNA A SOFFRIRE COME CANI

C’era una volta un vantaggio. C’era e ora non c’è più. Il Verona si butta via a pochi metri dal traguardo e ora dovrà soffrire come un cane, come da miglior tradizione, per arrivare alla salvezza.

Altroché “biscotto” e risultati già scritti come i soliti soloni e ben informati annunciavano alla vigilia della gara con i sardi. Prima ci ficchiamo nella zucca che questo campionato è strano, duro, difficile, complicato e ancora tutto da giocare meglio è.

L’illusione di poter piazzare il colpo del ko è stata illusoria e fallace. Ne è stato contagiato lo stesso Zanetti che recuperava Serdar e Suslov potendo finalmente schierare il centrocampo dei sogni estivi. In realtà un incubo come si è ben presto potuto verificare. Suslov in preda ad un virus girava a vuoto e inutilmente per il campo fino alla sostituzione, la forma di Serdar segna al massimo un quaranta per cento sul tachimetro.

Il peccato di Zanetti è stato di non aver previsto nemmeno per un secondo un altro piano strategico per la partita. Anzi: ha continuato sulla stessa strada inserendo Bernede per Suslov, invece di tornare ai vecchi e sani equilibri vista la serata, mettendo un po’ di chili e centimetri con Niasse.

Dall’altra parte Nicola ha furbescamente schierato un Cagliari muscolare, rinunciando completamente ai fronzoli e ai ricami. Pavoletti ha giganteggiato con Coppola, Luvumbo è stato una fastidiosa zanzara notturna.

Il gol è stato come un pugno al mento che il favorito non si aspetta. Il Verona ha barcollato, è andato in confusione, non è più riuscito a trovare lucidità. L’inconsistenza dell’attacco, non favorita certamente dalle giocate del centrocampo ha fatto il resto.

Ne è uscita una serataccia che ora bisogna avere la forza di dimenticare in fretta. Inutile e assolutamente autolesionista fare processi inutili. Siamo tutti delusi da questa squadra, incapace di fare il salto di qualità, quasi che avesse sempre bisogno di qualche sana pedata nel sedere, per rendere al meglio.

Ma c’è anche da dire che alla fine siamo perfettamente in linea con quelle che erano le premesse della vigilia e che a gennaio, mentre la società cambiava padrone ma non i metodi né gli investimenti, avremmo firmato per essere qui a giocarcela a quattro dalla fine e ancora un po’ di vantaggio.

Solo per un momento abbiamo pensato che quest’anno si sarebbe potuti arrivare alla salvezza senza penare. Un desiderio contrario alla storia e al dna del club. Una scala in cui si sale e si scende è il nostro simbolo. Un giorno su e un giorno giù. Ma quando torneremo su, diciamocelo, sarà ancora più bello. Sperando di non cadere, però.

NON MI FIDO. FACCIAMO QUESTI PUNTI CHE MANCANO IN FRETTA…

Non mi fido. Non mi piace quest’aria che sento in giro “adesso giochiamo bene, i punti e le vittorie le faremo”. Ho visto finali di campionato drammatici e senza star qui a rievocare il nostro trauma collettivo (anno di Malesani), è meglio tenere alte le antenne. Facciamo sti maledetti punti che mancano alla salvezza e chiudiamola qui.

Bello, per carità, il Verona di Roma. Ma quello scapigliato che si massacrava a inizio campionato vinceva di più. Forse perché affrontava le partite da “dentro o fuori” come le gare della vita, forse perché accumulava rabbia, ma quel Verona che piaccia o non piaccia, segnava, vinceva e alla luce della matematica faceva punti preziosi per la classifica. Poi per carità: perdeva e perdeva di brutto e rovinava tutto quello che di buono aveva fatto prima… Però mi piacerebbe che questo Verona 2.0 riprendesse un po’ di quello sano spirito da battaglia che questo ha smarrito soprattutto quando si trova davanti alla porta.

E’ evidente che manca un po’ di qualità e che se l’Udinese rimpiange ad ogni intervista Thauvin, a Verona possiamo rimpiangere a maggior ragione uno come Tengstedt, ma detto questo, sottoporta bisogna arrivarci con più cattiveria, non possono passare dei traversoni nell’area piccola degli avversari e non c’è nessuno dei nostri che “aggredisce” la porta, prima palo, secondo palo, dove volete.

La sintesi della gara con la Roma è semplicissima. Il Verona ha fatto un errore sul gol, ha sbagliato gol fatti. Tutti a dire che Sarr era in fuorigioco: avesse segnato avrebbe costretto a disegnare le linee al Var e non so se era proprio in fuorigioco. L’impressione, francamente, è che non lo fosse.

Ora arriva il Cagliari: non è da dentro o fuori, per carità, ma chiudiamo la pratica e finiamo il calvario. Poi sarà il tempo di godersela, Adesso ancora no.

INCREDIBILE MA VERO: RECRIMINIAMO PER UN (OTTIMO) PAREGGIO

Mai avrei pensato di poter scrivere questo post. Eppure è vero. Mi avessero fatto firmare prima di questa partita per un pareggio non avrei avuto dubbi. Un punto in saccoccia, quota 32 raggiunta, salvezza sempre più vicina, quarto risultato utile consecutivo. Considerati gli infortuni, le ricadute, l’assenza degli uomini chiave, prendere un punto contro il Genoa che è un’ottima squadra che ha messo in crisi anche le grandi in questo torneo, era sicuramente grasso che colava.

A fine partita non son più così sicuro. Perché il Verona è stato praticamente perfetto. Strategicamente una gara preparata alla perfezione da Zanetti, primo tempo con la squadra corta, attenta, concentrata, zero rischi, ripresa alla garibaldina, Genoa alle corde, occasioni da gol create, pressing alto, Montipò inoperoso.

Purtroppo è mancato il gol, fattore fondamentale per vincere le gare. Le occasioni create da Mosquera, quelle di Livramento che ha preso anche il palo, quella clamorosa di Kastanos verso la fine (rigore in movimento) mi fanno pensare se questo punto guadagnato non siano in realtà due punti persi.

A quota 34 saremmo sicuramente stati ormai tranquilli, incredibile e pazzesco, salvi a sei giornate dalla fine. Ma anche a 32, ragazzi, non si sta così male. Qualcuno dice che questa potrebbe essere già la quota dell’ennesimo miracolo, dipenderà molto dagli prossimi scontri diretti (Empoli-Venezia e Empoli-Parma in particolare), comunque sia, manca pochissimo per tagliare il traguardo.

Non si può oggi non guardare al futuro con grande ottimismo. Finalmente stanno recuperando dagli infortuni giocatori importanti come Serdar e Suslov, mentre per Tengstedt si deve attendere a metà maggio, probabile rientro con il Lecce. Più qualità vuol dire anche più precisione in zona gol, quella che è mancata oggi.

Recriminare per questo pareggio benedetto mi fa quasi sorridere…

LA STORIA DI QUESTO CAMPIONATO

Due anni fa il Verona compiva il miracolo acciuffando all’ultima giornata lo spareggio con lo Spezia a quota 31. Fu merito di un’incredibile rimonta che il Verona fece da gennaio in poi, quando Setti operò la miglior mossa della sua vita richiamando al capezzale della squadra, ultima e con un piede nella fossa (e forse con un possibile fallimento finanziario all’orizzonte…) Sean Sogliano.

Due anni dopo, il Verona di Paolo Zanetti raggiunge quella stessa quota a sette giornate dalla fine. E già questo basterebbe a spiegare la dimensione del campionato attuale. Non capire la proporzione di questa impresa significa non capire nulla di calcio. O essere in malafede. Un vero tifoso gialloblù, oggi deve gioire perché quella che il Verona ha compiuto e sta per compiere è una grande impresa. Considerate le condizioni iniziali, la cessione dei migliori giocatori (ancora una volta), l’arrivo di una Babele infinita di nuovi giocatori (bravi giocatori, sia chiaro, ma che avevano bisogno di lavoro, di conoscenza, semplicemente di capire dove erano capitati, di imparare la lingua, di conoscere i compagni), la vecchia guardia ormai spossata e svuotata di motivazioni, l’ennesimo nuovo allenatore degli ultimi anni e una serie infinita di infortuni che hanno falcidiato la squadra nei suoi uomini chiave o se volete nei suoi giocatori fondamentali e con più qualità, si potrebbe anche iniziare a chiamare le cose come stanno. Questo signore e signori è un capolavoro.

La firma è indubbiamente di Sean Sogliano, lo abbiamo detto fino alla nausea, ma anche questo non va dato per scontato. Quando nel peggiore momento della stagione, Sogliano scelse con coraggio raramente riscontrabile tra i colleghi attualmente presenti nella serie A italiana, di continuare con Zanetti, scrissi che dovevamo fidarci di quella decisione. Perché Sogliano è uomo intelligente e non è un coglione. In quel momento non riteneva Zanetti il responsabile principale, perché conosceva benissimo gli ostacoli che impedivano a Zanetti di poter lavorare bene. Questo non significa che Zanetti allora stesse lavorando bene. Lo stesso tecnico era in crisi personale in quel momento perché non riusciva a trovare il bandolo della matassa, la chiave giusta, la formula tecnico-tattica-morale per dare la svolta. E il motivo era semplice: la squadra non c’era. Non c’era ancora. Questo sapeva Sogliano, su questo lavorava Sean, non sull’esonero del tecnico, opzione facile per liberarsi la coscienza senza prendersi responsabilità.

Ed è stato lì che con pazienza infinita e una resilienza rocciosa Zanetti e Sogliano hanno iniziato a ricostruire la tela. I vecchi del gruppo pian piano si sono riaccesi, i nuovi nel frattempo sono cresciuti, si sono integrati, hanno iniziato delle relazioni, anche personali, prima totalmente assenti. Accesa questa scintilla, l’allenatore ha iniziato a soffiare sulla paglia. Ha costruito un vestito più consono, ha semplificato alcuni concetti, ha lavorato sui particolari. E il Verona si è acceso, come un fuoco, l’autostima fa miracoli.

A Torino questo Verona non ha minimamente risentito di una sequenza di assenze che avrebbero piegato squadre molto più forti. Per dirne una: l’Udinese recriminava sabato per l’assenza di Thauvin, il loro uomo più di classe. L’Hellas ha assorbito le assenze di Serdar, Suslov, Niasse, Tengstedt (senza contare quella di Harroui) senza battere ciglio. Il pareggio va stretto al Verona che avrebbe meritato di vincere. Ma il pareggio va colto e messo in banca perché preziosissimo a questo punto della stagione e proprio per quelle assenze.

Ora segnatevi questo nome: Bernede. A mio avviso è l’ultima grande scoperta di Sogliano, il nuovo Ngonge, il nuovo Noslin, il nuovo Belahyane. Vedo in questo ragazzo delle doti e delle potenzialità incredibili. Lasciamolo crescere, lasciamo che Zanetti ne scolpisca il ruolo e credo che alla fine sarà un’altra goduria. Sperando che stavolta non ce lo prendano dopo sei mesi…

HANNO SEMPRE RAGIONE LORO

Da qualche settimana il partito “Sparaletame” ha cambiato registro. Dopo aver abbondantemente lavorato per il disfattismo, insultato, minato il lavoro di Sogliano e Zanetti, solo per partito preso, solo per dimostrare che avevano ragione loro, ora messi alle strette dai risultati, dalle nove vittorie, dai trenta punti raggiunti dal Verona, hanno pure la faccia tosta di dire che è merito loro. Fate posto sul carro che stiamo arrivando. Sarebbe merito loro se il Verona ora prende meno gol, se la squadra è finalmente una squadra, se Zanetti sta facendo l’ennesimo miracolo. Le capriole dialettiche si sprecano. Credo siano gli stessi che insultavano Juric con epiteti razzisti quando arrivò a Verona, tranne poi rimpiangerlo. Gli stessi che a dicembre 2023 chiedevano la testa di Baroni. Sarebbe bene parlare meno possibile di queste persone per non dare loro troppo peso, troppa importanza. Il problema è che questi disfattisti, nel momento in cui le cose non andavano bene, invece di aiutare, picconavano, creavano malumore, aumentavano i problemi, il disfattistismo appunto. Altrochè “Volemoghe ben al Verona”.

Zanetti, lo ripeto, ha compiuto un miracolo. Già oggi, già in questo momento, sebbene ancora manchi la virgola finale, tutta da conquistare. Con tutte le difficoltà affrontate, con il budget più basso della serie A (vorrà pur dire qualcosa, per dio!), con gli infortuni negli uomini chiave, avere trenta punti è un miracolo. Certo, ci sono state imbarcate tremende, due con l’Atalanta, una con l’Inter, una con l’Empoli. Ma in mezzo anche tante vittorie. Tantissime. Vittorie che hanno fatto la differenza, che hanno permesso al piccolo Verona di non essere mai in zona retrocessione, se non una volta, peraltro in compagnia del Como del celebratissimo Fabregas, quello che ha speso 60 milioni di euro al mercato mentre la Setti/Presidio vendeva il proprio gioiellino, una giovane scoperta del 2004 che proprio Zanetti aveva, tra l’altro lanciato e valorizzato.

Nel frattempo, come fa un bravo allenatore, Zanetti ha lavorato. Ha cambiato, limato, messo a posto. Si è evoluto. E non perché, statene certi, lo hanno detto gli “sparaletame” che ora vogliono avere comunque ragione, non vergognandosi nemmeno un po’. Sarebbe molto più semplice e dignitoso chiedere umilmente scusa a Zanetti. E zittirsi per un bel po’.

Perché si fa così nel calcio. Perché fanno così i ds bravi e seri. Scelgono un allenatore, lo sposano, lo difendono con coerenza, lo aiutano e magari anche lo pungolano, lo spronano. C’è invece chi fa firmare un rinnovo e qualche settimana dopo esonera. Così si lava la coscienza davanti alla piazza, ai tifosi, alla gente, alla pubblica opinione e magari anche davanti al partito degli “Sparaletame”. E se poi va male: beh ci abbiamo provato… Prendersi responsabilità, scegliere è rischioso, è da uomini. Veri. Meno male che abbiamo Sogliano.

Ultimo pensiero: c’è chi ha voluto anche quest’anno tanto bene al Verona. E sono stati quei “butei” che si sono sobbarcati migliaia di chilometri, ovunque e comunque. Che come Sogliano e Zanetti hanno fatto i fatti e non le chiacchiere. Che erano al freddo di Venezia, a Napoli, a Roma, a Lecce. Che urlavano “l’è gol, l’è gol, l’è gol” a Udine quando Duda stava per calciare la punizione. Nel calcio del 2025, di Dazn, delle partite alle 18.30 del lunedì, a loro modo degli eroi. La salvezza, quando arriverà, la dedicherei a questi tifosi veri.

IL CAPOLAVORO DI ROCKY ZANETTI

Il ciclo terribile iniziava con l’Atalanta. Continuava con il Milan, poi la Fiorentina, la Juventus, il Bologna e infine l’Udinese. I gufi di professione predicevano la dissolvenza del nostro povero Hellas. Mazzate sul morale, altrochè volemoghe ben. Sei partite dopo il Verona non si è dissolto. Sebbene privo dei suoi uomini migliori, dopo un mercato che invece di rafforzare la squadra ha pensato bene, per l’ennesima volta, di cedere un gioiellino del 2004 per fare cassa, l’Hellas scassato di Rocky Zanetti, ha gli stessi punti del Como del celebratissimo Fabregas che a gennaio ha immesso sessanta milioni di nuovi acquisti, oltre ai sessanta spesi l’estate scorsa.

Ha fatto sei punti, un punto a partita, un’impresa. Ha perso di brutto con l’Atalanta, che nel frattempo ha triturato persino la Juventus a casa sua, ha perso di misura con il Milan e con la Juve (che si giocava una fetta di stagione e forse la panchina di Thiago), è uscito sconfitto dall’impari sfida contro Rapuano (e il Bologna), ma ha battuto la Fiorentina e soprattutto ha vinto fuori casa contro l’Udinese.

Non è ovviamente finita e forse servirà qualche punto in più delle due vittorie indicate da Magic Box Suslov a fine gara per arrivare alla salvezza. Ma la gara con l’Udinese oltre a zittire gli iettatori (che ovviamente torneranno in vita alla prossima difficoltà), ci avvicina al traguardo.

Rocky Zanetti, che ha incassato fino ad oggi più pugni di Sylvester Stallone nei cinque film della saga, ha resistito sul ring, una resilienza encomiabile che lo ha reso più forte, più lucido, meno esposto alle emozioni che una piazza come quella gialloblù emana a profusione. A Udine il suo capolavoro tattico. Oltre a reggere alla potenza fisica dell’Udinese, il Verona è andato a sporcare ogni pallone, con Suslov che pareva una biglia del flipper, con Bradaric a Tchatchoua a stantuffare sulle fasce, con Niasse che pareva la Hoover Dam nel Black Canyon a fermare il Colorado River bianconero. Mentre Duda ha messo la pennellata finale sull’intero quadro, un colpo geniale alla Salvador Dalì.

Quarant’anni dopo il leggendario 5-3 con l’Udinese di Zico, il vecchio Verona ci ha reso ancora orgogliosi di essere suoi tifosi. E per ora basta così.

QUANDO L’ARBITRO METTE LA MAGLIETTA DEGLI AVVERSARI

Assistiamo sempre più rattristati e addolorati alla morte del calcio. Il Var doveva essere un supporto oggettivo che aiutava l’arbitro, è diventato uno strumento di potere che decide tutto nelle sale super tecnologiche più di prima, molto più di prima. Capire perché qualche volta il Var interviene, qualche volta no, capire il margine di discrezione, la zona grigia è come interrogare la Sibilla o l’Oracolo. Arrivano sempre risposte di convenienza, fumose, che aumentano la confusione. Gli arbitri, che vedevano minacciato probabilmente il loro potere, si sono riservati questa discrezionalità per dare il colpo di grazia alla nostra passione preferita. Oggi come oggi il calcio è inguardabile. L’esultanza di un gol meraviglioso come quello di Suslov, viene strozzata dalla bandierina non alzata dal guardalinee in attesa di rimandare la decisione al Var, l’inadatto Rapuano che al tempo dei Casarin e degli Agnolin avrebbe probabilmente arbitrato gare in Prima Categoria per manifesta incapacità, rovina la gara del Verona contro il Bologna non vedendo un rigore ma il colpo di grazia lo dà la Penna che non lo richiama nemmeno (visto che lo strumento c’è), a guardare alla tv il piede di Bradaric che viene “sradicato” da quello di Ferguson. Senza parlare dei fuorigioco millimetrici, paradossi di un calcio che ormai assomiglia più al Wild West di Buffalo Bill che non ad un grande e nobile sport.

Possiamo parlare all’interno di questo di Verona-Bologna? Se volete ci proviamo. Detto di Rapuano, il Verona continua a commettere una serie di errori individuali che hanno francamente stufato. Ogni partita c’è qualcuno che si distrae e commette delle sciocchezze. Capisco che giocare con lo stress emotivo di una squadra che si deve salvare non è facile, tanto più se poi l’arbitro si mette la divisa degli avversari, ma prima o poi questa storia deve finire. Bisogna stare concentrati 95 minuti e basta. Per i tifosi è già un supplizio, vedere ogni domenica qualcuno che si dimentica l’uomo che deve marcare o che si fa sfuggire il pallone dalle mani è come essere presi a calci nel sedere da un tuo amico.

Due belle notizie a margine. La prima. Nonostante gli errori di cui sopra, oggi il Verona è solido e equilibrato. Il tempo delle imbarcate pare (speriamo) finito per sempre. La seconda: è tornato Tengstedt, ne abbiamo bisogno, tanto in questo finale. In attesa di Serdar, l’altro nostro fuoriclasse. Sperando da qui alla fine di non vedere più i Rapuano e i Fabbri, mediocri arbitrini figli di questo circo Barnum che ancora ci sforziamo di chiamare calcio.

PREPARIAMOCI ALLA GRANDE BATTAGLIA FINALE

Non c’è dubbio: giocando così, come ha fatto con la Juventus, il Verona si salverà. Giocando così, appunto. Questa è la base indispensabile per arrivare ad ottenere il terzo miracolo di fila (perché di miracolo dovremo parlare anche in questo caso, vista l’inerzia sul mercato della nuova proprietà e la pochezza della vecchia…).

Poiché tutto è relativo, quando dico giocando così, mi riferisco al fatto che a Torino il Verona ha giocato con la Juventus in formato “finale di champions). Una squadra che sta viaggiando molto meglio di tutte le altre grandi, tanto da aver ridotto lo svantaggio dalla prima addirittura di sei punti. E quando tu trovi una grande, che spende almeno dieci volte di più rispetto a te, che è al massimo delle proprie motivazioni, uscirne indenni è praticamente impossibile.

Rendere la vita dura, durissima alla Juventus era la missione del Verona. Missione perfettamente riuscita. La Juventus ha penato, ha sudato, ha tremato addirittura davanti alla prodezza di Suslov, annullata dal Var per il fuorigioco di Faraoni. Chiedere di più era impossibile. Senza Serdar e Tengstedt, che sono la qualità di questa squadra, il Verona ha ancora dei limiti pesanti quando si tratta di dover “far male” a certi avversari. Lo abbiamo visto con il Milan (quella sconfitta, personalmente mi brucia molto più di questa…) e lo abbiamo rivisto con la Juve.

Ma c’è un dato che non va sottovalutato. E’ come se in questo ciclo terribile, affrontato senza gli uomini migliori, il Verona si stesse preparando alla grande battaglia finale. Un Verona che sicuramente uscirà rafforzato da tutte queste difficoltà. Zanetti ha ritrovato intanto la vecchia guardia. Mi chiedo e vi chiedo a questo proposito: se Montipò fosse sempre stato quello di Torino, quante partite in meno avrebbe perso il Verona? E se Zanetti avesse avuto il miglior Faraoni non sarebbe stato tutto più semplice? Faraoni a livello calcistico non si discute. Stesse bene, non avesse mille problemi fisici, frutto di un logorio di anni di battaglie, giocherebbe sempre. Anche con la Juve è uscito per un problema muscolare, questo è il nodo. E poi ci sono i nuovi che si stanno inserendo. Il “polipo” Niasse a centrocampo, ad esempio, non va valutato per l’estetica, ma per l’efficacia. Contate quanti palloni riesce a “sporcare”, quanto le sue randellate servano anche a “sgravare” Duda dal lavoro sporco. Niasse ce lo ritroveremo nella battaglia finale, così come ci ritroveremo Bernede che ci ha fatto intravvedere lampi di classe pura. Serve ancora un po’ di pazienza, ancora qualche punticino da grattare nelle prossime due durissime partite con Bologna e Udinese. E poi il volatone. In cui vincerà, come al solito, chi avrà la forza di fare l’ultima decisiva pedalata.

MALEDETTA SOFFERENZA CHE NON CAMBIEREI PER NIENTE AL MONDO

A volte mi chiedo chi me lo fa fare. Perché qualche dio ci ha fatto diventare tifosi dell’Hellas Verona? Un po’ me lo immagino quella simpatica divinità, lassù nell’Olimpo. Sicuramente è uno che non disdegna la birra, che ama vivere, che ama fare gli scherzi, che si stanca davanti alla grigia tristezza dell’essere normali. Un mattacchione insomma. E’ lui che decide se siamo degni di sopportare tutto questo. Un giorno campioni, un giorno all’inferno, un giorno sparring partner, un giorno protagonisti, un giorno brocchi, un giorno eroi. Oggi ha deciso che dovevamo essere eroi. Ha deciso con la solita perversione sadica che il destino si sarebbe compiuto al minuto 95, giusto per mettere altra sofferenza alle nostre misere vite. E ha deciso che sarebbe stato il signor Bernede il nostro traghettatore verso la felicità. Non senza aver creato una giusta ambientazione, stile Squid Game. E quindi ricapitolando. Passaggio di proprietà capace di creare aspettativa e illusioni. Infortuni in serie degli uomini migliori, mercato della suddetta nuova proprietà volto a cedere e fare cassa, umore al minimo termine, ennesima goleada con l’Atalanta, sconfitta immeritata a San Siro. E gara con la Fiorentina arrabbiata e umiliata dopo Como, terza gara impossibile di un ciclo di ferro. Insomma, aspettative azzerate, morale sotto i tacchi, gufi volteggianti sul Bentegodi pronti a starnazzare (credo però siano le anatre che starnazzano), il loro pessimismo su Zanetti e i suoi ragazzi. Ed ecco invece che il mondo si capovolge, altrimenti non sarebbe così fantastico continuare a urlare, ad arrabbiarci, a sanguinare come cinghiali feriti per questa squadra così malmessa, ma così meravigliosamente matta che non puoi non amarla. E quindi, considerazione finale. Non cambierei tutto questo con niente al mondo. E potrei persino ringraziare quel dio dell’Olimpo che si diverte a giocare con noi, Se non fosse che stasera anche lui sarà in qualche pub a festeggiare con la sua pinta di birra. O forse due…

FACCIAMO PASSARE LA NOTTE, L’ALBA NON PUO’ ESSERE MOLTO LONTANA GIOCANDO COSI’

Andare a San Siro con la squadra rabberciata, senza i tuoi uomini migliori e pensare di uscire indenni assomiglia ad un romanzo di fantascienza. Per la cronaca e per i distratti: il Milan ha acquistato nell’ultimo calciomercato Walker, Gimenez, Sottil, Bondo e Joao Felix, il Verona ha preso Niasse, Bernede, Oyegoke e Valentini in prestito dalla Fiorentina, cedendo Belahyane e Dani Silva. Non solo: il Verona ha perso strada facendo Frese, Harroui, Tengstedt e Serdar: tutti gli uomini migliori. Come se il Milan non avesse avuto Leao, Hernandez, Joao Felix, Hernandez, Pulisic e Gimenez.

Il Milan nel secondo tempo ha messo in campo Leao e Pulisic, il Verona Mosquera e il giovane Cissè. Eppure, porca miseria, ci siamo andati vicinissimi. Sino al 75′ il Verona ha fatto una partita onorevolissima. Nel primo tempo ha persino punto il Milan e poteva fargli male con un pizzico di convinzione in più. E’ servita una meraviglia di Jimenez (l’altro) e soprattutto di Leao, per confezionare il gol della vittoria rossonera. Poi ci ha pensato l’arbitro Forneau a “congelare” il match girando le ultime punizioni e impedendo al Verona di impensierire lo squadrone rossonero che nel frattempo perdeva tempo come se fosse stato l’Avellino (con grande rispetto per l’Avellino che fu una delle due squadre che riuscirono a battere il Verona nell’anno dello scudetto).

Credo che in un momento del genere vada fatto un esercizio di calma e pazienza. Ovviamente non si può pensare di dare perse tutte queste partite, è obbligo cercare di fare punti anche ora, anche in emergenza. Ma il nostro campionato non si gioca adesso. Bisogna fare passare la notte e con prestazioni come quella di ieri, l’alba non può essere molto lontana.