PER RAGGIUNGERE LA SALVEZZA SERVE RITROVARE SUBITO LA COMPATTEZZA DELLA SOCIETÀ

Verona lo sa benissimo. Quando sei una società con pochi mezzi finanziari riesci a colmare il gap solo attraverso la compattezza dell’ambiente, la ferocia nel voler ottenere gli obiettivi, la trasparenza nel dichiararli. E’ quello che è successo nelle ultime stagioni quando sono state raggiunte due salvezze miracolose.

Per tanti motivi il Verona ha disperso questa compattezza nell’ultima settimana. La cessione della società, il passaggio agli americani, è stato un momento delicatissimo in un campionato delicatissimo, con equilibri delicatissimi, in uno spogliatoio, lo sappiamo fragile e che aveva appena ritrovato un minimo di stabilità. Con costi elevati. Ancora una volta si è raschiato il fondo del barile, forti del fatto che, arrivato gennaio, sarebbe finalmente cambiato qualcosa.

Invece ci stiamo rendendo conto che poco o niente fino ad oggi è cambiato. L’arrivo della nuova società doveva servire anche per dare una prospettiva diversa alla squadra, linfa nuova per una squadra che ha necessità assoluta di immettere energie rinnovate, gente motivata, con la testa sgombra. Non una rivoluzione, sullo stile della passata stagione, ma un maquillage importante.

L’anno scorso, paradossalmente, il Verona aveva le idee molto più chiare. Si sapevano due cose: la prima che bisognava cedere il migliori della rosa per fare cassa e salvare il bilancio. La seconda che bisognava cambiare tante facce per cambiare inerzia allo spogliatoio. Tutto molto trasparente, fin dai primi giorni di gennaio.

Oggi il Verona è rimasto bloccato. Non è colpa di nessuno, ma la realtà è esattamente questa. Prenderne atto, fare un’ammissione di verità non nascondendo i pericoli che stanno in un campionato durissimo, vuol dire recuperare tempo perso. Procedere con il “modello Setti” come lo abbiamo definito, cioè con il cedere prima di acquistare, senza pensare di alzare il monte ingaggi, esponendo ancora una volta lo spogliatoio alle intemperie del mercato (guardate la gara di Tchtachoua oggi…), significa mettersi una corda attorno al collo e aspettare che qualcuno ti dia la spinta per impiccarti.

Questa sconfitta con la Lazio è un pesante campanello d’allarme. Ed ancora una volta incolpare solo Zanetti di questa sconfitta appare come il più banale tribunale dell’inquisizione che guarda al dito e non alla luna. Lo ripetiamo per l’ennesima volta. Il male del Verona di quest’anno è molto più profondo delle capacità o dell’incapacità di un tecnico, sarebbe come curare il mal di testa tagliandosela.

Facciamo quindi che da oggi la nuova proprietà americana dia veramente inizio alla nuova era. Convochi Sogliano, si faccia spiegare i problemi, chieda cosa serve per arrivare alla salvezza. Pensare che basti aver dato un ruolo a Setti come continuità con il passato per arrivare alla salvezza in un campionato del genere è un errore che rischia di costare caro. Siamo ancora in tempo. Ma non perdiamone più.

SETTI VA RINGRAZIATO PER AVER RIMESSO IL VERONA AL CENTRO DEL VILLAGGIO

Dire che il Verona ha giocato una grande partita dopo una sconfitta sembra assurdo. Ma è proprio la verità. Il Verona a Napoli ha giocato una grande partita, ha fatto il massimo che era nelle proprie possibilità ha reso la vita durissima ad una squadra che costa almeno venti volte tanto e che ha già vinto lo scudetto dell’ultimo mercato. Il Napoli di Conte è fortissimo, solidissimo, prende pochi gol. Avversario impossibile se aggiungiamo che l’impegno dei partenopei era massimale, dopo aver visto l’Inter vincere nel pomeriggio contro il Venezia.

Il Verona ha cercato di rendere la vita dura ai napoletani. La squadra di Paolo Zanetti adesso ha le idee chiare e s’inizia anche a vedere il lavoro dell’allenamento. La difesa non balla più e  chi vuole segnare adesso, lo deve fare con le proprie capacità e non con i nostri regali. Esattamente quello che ha fatto il Napoli, aiutato dai suoi campioni e anche dalla fortuna (vedi pallone che sbatte sul palo e che poi finisce sulla schiena di Montipò). Non solo: i gialloblù adesso giocano palla a terra, le trame offensive sono piacevoli, si arriva in zona gol con puntualità. Purtroppo non sempre le ciambelle vengono col buco e Tengstedt che ci ha abituati a caviale e champagne stavolta non è stato precisissimo. Lui e Sarr sono il naturale sbocco di questa squadra. E’ questa la sensazione che hai quando giocano assieme sebbene non in grande serata. Ma si deve insistere su questa coppia perché alla fine anche il calcio ha una sua logica e quando entrambi saranno al cento per cento e avranno perfezionato l’intesa, il Verona raccoglierà copiosi frutti. Ottima la gara di Faraoni: comunque andrà, la gara col Napoli è stata importantissima per lui. Se restasse a Verona, finalmente potremo contare su un giocatore utilissimo. Viceversa, Davide ha dimostrato di avere ancora un mercato. E’ stata probabilmente anche l’ultima partita da presidente di Maurizio Setti. Questa sarà la settimana del closing. Il Verona americano è un capitolo tutto da scrivere. Sarà la storia come sempre a giudicare i nuovi padroni. A Maurizio Setti, comunque, va detto grazie. Se il Verona è tornato ad avere orgoglio, dignità e ha ripreso il suo posto al centro del villaggio, il merito è stato suo.

IL VERONA AI TEXANI CON SETTI ALLA GUIDA. IL BELLO DEVE ANCORA VENIRE

Il Verona conquista il suo primo pareggio della stagione nella sera in cui viene annunciato il cambio di proprietà. Nulla sarà come prima, o forse sì, e questa è una speranza. Arrivano gli americani, la novità è forte, fortissima, la notizia è stata confermata da Setti, sebbene manchi ancora la firma a sancire l’ufficialità. E’ stato un mese durissimo per l’Hellas, a cavallo tra le partite in campo e la partita che si stava giocando in sede. Prima di Natale, Setti aveva tirato il freno sulla trattativa. L’accordo che era dato per fatto era ancora da definire. Tempi che non coincidevano con le esigenze del campo e di una società calcistica, con il mercato di gennaio alle porte e strategie che restavano aria fritta.

Nel frattempo la squadra naufragava con l’Empoli, Zanetti rischiava la panchina, salvato dall’unico baluardo che in questi ultimi due anni è stato il riferimento tecnico del Verona: Sean Sogliano. La decisione di non esonerare Zanetti è stata una mossa da “solo contro tutti”, una follia apparente, in realtà una opzione ragionata e razionale. Da quel momento, da quella crisi, il Verona è rinato. La vecchia guardia, distratta e abulica si è riconnessa e si è rimessa al servizio dell’Hellas. Zanetti è diventato a sua volta più cinico, più concreto, più pratico. La difesa a tre, uomo su uomo ha ridato vecchie certezze, facendo lievitare l’indubbia qualità della rosa che ha ritrovato giocatori fondamentali come Serdar, Duda e Sarr. Il Verona ha vinto a Parma, ha perso di misura e immeritatamente col Milan, ha vinto a Bologna, ha pareggiato con l’Udinese. Sette punti in quattro gare che portano la classifica al termine del girone d’andata a 19 punti, cinque più della scorsa stagione. Un miracolo.

Ora si capirà i contorni della cessione al fondo Presidio Investors, il ruolo futuro di Setti, quello di Sogliano. Tifiamo affinché rimanga questo management che ha saputo guidare una barca con sapienza e bravura. Setti ha fatto grandi cose con i pochi mezzi a disposizione. Ha saputo dare al Verona una continuità che mancava dagli anni ’80. Qualcuno banalizza questa lunga permanenza del Verona in serie A, dimenticando due fattori fondamentali. Il primo: la città di Verona, i suoi imprenditori, hanno sempre voltato le spalle all’Hellas, visto come un peso, come una faccenda da cui tenersi alla larga. Già la famiglia Mazzi venne isolata al tempo, poi venne Pastorello legato a Tanzi e alla Parmalat, che lasciò la società ad un romantico eccentrico come Arvedi che a sua volta lasciò a Martinelli. Anche lui isolato dalla città, quando, ammalato, cercò di cedere la società, ormai risanata e in serie B. Solo Setti credette allora al valore dell’Hellas, non certo gli imprenditori veronesi. Secondo: in tanti ci provano, in pochi ci riescono. Guardarsi attorno, in Veneto per credere. Nel frattempo il Chievo, portato da molti come modello gestionale, è fallito.

Il navigare di Setti non è stato lineare. Sicuramente a livello strategico e finanziario la prima parte della sua avventura veronese poteva godere di un partner come Volpi, magnate ligure con cui il presidente del Verona aveva legami d’affari. Rotto quel sodalizio, Setti ha cambiato rotta, manager, strategie. Spesso è stato mal consigliato, alcuni lacchè incapaci gli hanno creato più danni della grandine, gli hanno rovinato pesantemente l’immagine. Bisogna ammettere che ha però sempre azzeccato le mosse vincenti. Aglietti dopo l’errore di Grosso, Juric dopo Aglietti, il binomio fenomenale con Tony D’Amico, sua assoluta invenzione. E’ ripiombato nella confusione quando prese Marroccu, una brava persona nel posto sbagliato al momento sbagliato, errore a cui ha rimediato riprendendo Sogliano, accantonando orgoglio e vecchi dissapori. Una mossa straordinaria che ha portato alle ultime due miracolose salvezze ottenute scoprendo giocatori sconosciuti, facendo plusvalenze, salvando il bilancio, abbassando drasticamente il monte ingaggi. Grazie a tutto questo il Verona è diventato appetibile e pronto per ricevere supporto finanziario da un fondo straniero.

Setti ha permesso al Verona di giocare sei campionati consecutivi in serie A, dieci in totale con tre promozioni dalla B. Sotto la sua gestione abbiamo visto grandi campioni e un’infinità di giovani talenti cresciuti nel vivaio, come mai si erano visti a Verona. Sotto la sua gestione, l’Hellas si è dotata di uno store a due passi dall’Arena, di una sede di proprietà e di un centro sportivo dove far crescere i giovani. Tutto questo è oggettivo. Ora manca solo l’ultimo step: un vero e proprio upgrade di fatturati, business e risultati sportivi che possano proiettare il Verona in una dimensione di “grande tra le piccole” che storia, città e tifoseria meriterebbe. L’arrivo del fondo texano, nell’idea di Setti, credo sia proprio questo. Ecco perché è fondamentale che lui rimanga a gestire la parte sportiva del club. Ecco perché il bello deve ancora venire.

ALLA GUERRA CON LA FIONDA E STAVOLTA CON UN PO’ DI CULO

“Audaces fortuna iuvat”. Il labile confine tra la bravura degli eroi e il culo di Sacchi è la partita del Verona a Bologna. Si discuterà su quanto e come il Verona sia stato aiutato dagli dei del pallone in terra emiliana ma sbaglierà chi darà interamente al destino il merito di tre punti che issano il povero Davide a quota 18, giusto bottino di un campionato sin qui folle.

C’è chi lotta con budget milionari, divi invitati in tribuna, concerti pre partita, cambiando allenatori alla sera e alla mattina intonandoli al vestito di moda e chi va alla guerra solo con il coraggio e una fionda. Questi siamo noi, fieri rappresentanti della follia in salsa pearà, chissà mai se un giorno anche texani. Intanto però alla prima partita in cui finalmente l’allenatore ha tutti a disposizione e si può giocare le sue carte, sarà anche un caso, l’Hellas vince in casa di una delle più in forma del campionato, una sola sconfitta nelle ultime 14, mai perso tra le mura amiche e se non è un’impresa questa, di che dobbiamo parlare? Ora ripetete con me: Sarr e  Tengstedt, Sarr e Tengstedt, Sarr e Tengstedt…imparate questa formula magica perché potrebbe portare alla salvezza. E poi nelle notti buie, ricordatevi anche di Duda e Serdar che forse qualche luce accenderanno nelle vostre case. Peccato che Suslov ancora si diverta ad avvicinarci alla blasfemia, così giusto a ricordare che il mondo perfetto non esiste. E di certo non esiste una logica nella difesa del Verona, dove è Natale tutto l’anno, venite bambini buoni, i regali oggi ve li fanno i nostri pedatori. Dai adesso non stiamo qui a cavillare. Arriva gennaio, San Sogliano sa cosa deve fare. “Con un’aria da commedia americana sta finendo anche questa settimana. Ma l’America è lontana dall’altra parte della Luna, che li guarda e anche se ride a vederla mette quasi paura”. Lucio Dalla era di Bologna. Ma forse pensava a noi quando scrisse questa canzone. Buon anno a tutti.

QUESTO VERONA E’ COME UNA COPERTA CORTA

Il Verona è come una coperta corta. La tiri da una parte e ti restano scoperti i piedi. La tiri dall’altra e ti resta fuori la testa. Quando ti difendi basso, ne risente l’attacco. Quando attacchi scopri la difesa. Il senso della gara con il Milan è questo. Giochi bene, attento, fai un errore e non riesci a segnare. Sconfitta ingiusta. Non si capiscono tutti questi peana per un Milan che ha fatto una partita come se fosse una squadra che si deve salvare. Ma molto peggio. Sinceramente il povero Venezia di Di Francesco per gioco, idee, proposta tattica è il Bayern Monaco al confronto dei rossoneri di Fonseca che hanno passato più tempo a rotolarsi sul terreno del Bentegodi che a passarsi la palla tra di loro. L’indisponente Marinelli, arbitrucolo della scarsa congrega italiana ha permesso questo gioco ostruzionistico, fischiando la fine con perentoria puntualità, nel caso, fosse mai, che il Verona avesse creato qualche mischione finale che avesse messo a repentaglio la vittoria rossonera.

Alla luce di tutto questo, brucia aver perso questa partita, che sa un po’ di occasione mancata. Va bene, c’è stata la prestazione, finalmente il Verona non si è dissolto come neve al sole, ma questo non è sufficiente. E’ un piccolo brodino da mandare giù in mancanza di meglio, pensando a qualche partita fa quando parevamo allo sbando. Ma restano i problemi. Si è preso gol alla prima imbucata, dorme Duda, dorme Daniliuc, e poi là davanti stavolta il Verona è stato poca cosa. Troppa imprecisione, poca qualità, Sarr è un ottimo giocatore che però ha bisogno di quindici giorni di recupero ogni volta che gioca, Tengstedt c’era ma non era al massimo, Livramento doveva essere l’arma in più, stavolta è stata l’arma in meno. Tchatchoua in quella posizione deve essere letale, a sinistra c’è una falla enorme perchè quando Lazo cala non c’è alternativa. E in mezzo aspettiamo Serdar, anche per togliere dalla luce dei riflettori il piccolo Belahyane, troppo esposto alla luce del mercato. 

Diciamo che Zanetti ha ritrovato l’Hellas, ma che ora deve trovare tutto il resto. Un gran lavoro lo deve fare San Sogliano al mercato di gennaio. Sperando che la telenovela della cessione finisca in fretta e che lo zio Sam non venga a Verona solo per fare il business dello stadio. 

DOVE STA LA VERITÁ? L’UNICA VIA E’ FIDARSI DI SOGLIANO…

Quindi dove sta la verità? Siamo scarsi o no? E soprattutto Zanetti doveva essere esonerato o no? Era colpa del modulo, della difesa a tre? O piuttosto era colpa di una squadra in cui una parte aveva staccato la spina e l’altra non aveva ancora capito niente del calcio italiano? Certe gare, certe sconfitte sono così brutte che ridurre tutto sulle spalle di una persona è eccessivo. L’allenatore è il primo responsabile ma senza la squadra non c’è allenatore al mondo che possa uscirne. La gara con l’Empoli è stata un abominio e il 99 per cento dei direttori sportivi di questo pianeta avrebbe risolto la questione facendo saltare la testa del tecnico. La soluzione più ovvia, più logica. Ma non per Sean Sogliano che è uomo d’altri tempi, abituato a prendersi le proprie responsabilità e a metterci “cocones”, soprattutto quando è convinto che le cose non siano come appaiono a tutti.

Sean sapeva che i problemi del Verona non dipendevano da Zanetti. Non tutti almeno. Aveva annusato l’aria, aveva visto i vecchi dello spogliatoio poco focalizzati, distratti. Fin dall’estate. E questo non ha aiutato i giovani (molte scommesse) a inserirsi e a Zanetti a trovare il bandolo della matassa. E del resto cosa fa un giovane e nuovo allenatore quando arriva in una squadra come il Verona? Ovviamente si appoggia alla vecchia guardia, ai senatori. Ecco l’inghippo. Ecco dove Sogliano voleva arrivare. Ci aveva provato prima con il ritiro “punitivo” e poi con questa settimana di riflessione che ha avuto il merito di mettere tutti con le spalle al muro. Anche Zanetti, restato tra color che stan sospesi per due giorni e forse anche lui ritornato ad allenare con testa nuova e con più lucidità.

Sean è più “fine” e machiavellico di quello che molti pensano di lui. E anche il “circo” di questa settimana secondo me non è stato un caso. Ha avuto il potere di mettere sul lettino dello psicanalista il Verona, di togliere alibi alla squadra, di continuare con Zanetti ma creando una frattura temporale che è servita anche allo stesso allenatore. E così si spiega anche la mancata presenza del tecnico all’allenamento del martedì e successivamente alla cena sociale. Un sorta di esonero “virtuale” con successivo ritorno, senza che in effetti nulla apparentemente sia cambiato.

Se sia la gara della svolta, si capirà le prossime settimane. Ma se ci serviva un’ulteriore prova (oltre a quelle in abbondanza già fornite in passato…) stavolta possiamo parlare di certezza: fidiamoci di Sogliano. Di certo anche quest’anno lotteremo fino all’ultimo secondo dell’ultima giornata. Visto il periodo chiuderei così: in Sogliano we trust.

LE COLPE DI ZANETTI? ESSERSI FIDATO DI UN GRUPPO DI GIOCATORI SCARSI E LOGORI

Paga Zanetti. Per tutti. Indifendibile, come lui stesso si era definito dopo la partita con l’Inter. Il calcio ha riti antichi e vecchie abitudini. L’allenatore è il capro espiatorio. La gara con l’Empoli sancisce la crisi del Verona. Squadra che si è persa dentro le proprie paure. Nemmeno i tentativi di rianimarla attraverso il ritiro è servito.

Zanetti ha colpe e responsabilità non c’è dubbio. Si è fidato di un gruppo di giocatori vecchi e logori che hanno deciso di staccare la spina dopo anni di battaglie. Dovevano essere loro a guidare il gruppo, sono diventati il problema. La colpa di Zanetti è di essere morto con loro, credendo ancora che potessero essere utili. Doveva fare scelte, anche dure, intransigenti. Metterli fuori rosa, affidarsi a qualche ragazzino che sicuramente ci avrebbe risparmiato lo spettacolo penoso di oggi e quelli passati. Si è appellato al sentimento, all’orgoglio, ha alzato i toni, non si è fatto capire. Troppi errori individuali, troppa gente che gioca distratta, con la tesa chissà dove. Dicono, come se fosse un alibi, che il problema sono i contratti in scadenza. Come se questa gente che guadagna trenta, quaranta, cinquanta, sessanta, forse settanta mila euro al mese non venisse pagata fino a giugno, come se fosse giusto smettere di giocare adesso. Insulto alla gente che lavora dieci ore al giorno per 1200 euro e che magari spende i propri risparmi per andare allo stadio e in trasferta.

I problemi di questa squadra non saranno risolti da chi arriverà. Non subito, sicuramente non senza una profonda rivoluzione a gennaio. Chiunque sarà. Ma dopo la gara di oggi è altrettanto certo che serva un cambio, quantomeno per togliere tutti gli alibi a chi sta calpestando la maglia dell’Hellas Verona nell’anno del quarantennale della vittoria del tricolore.

Si sperava che andasse diversamente che oggi il Verona riuscisse a cambiare finalmente rotta. Invece è finita a schiaffi in faccia, con una tifoseria calpestata e ferita che davanti a questo scempio ha perso la pazienza. “Volemoghe ben al Verona” era lo slogan meraviglioso della Curva, ma i primi che non hanno voluto bene al Verona sono questi giocatori, ormai indegni di vestire questa gloriosa maglia. Pagherà Zanetti, perché è giusto così. Ma fateci un favore: tirateci via dalla vista per sempre questi ignobili personaggi che ci rifiutiamo di chiamare calciatori. Al massimo questa gente potrebbe pulire le scarpe agli eroi dello scudetto.

ZERO PUNTI RACCOLTI, MA ANCHE TANTI SEGNALI POSITIVI. ORA SERVE LUCIDITÀ

Il momento è durissimo. C’è poco da fare. Quando stacchi la spina come ha fatto il Verona con l’Inter, riaccendersi non è semplice. A Cagliari si cercavano risposte e molte sono arrivate. La prestazione c’è stata, certo non spettacolare, ma nessuna di queste gare in cui ci si gioca la vita e la morte, lo è. Sono gare tiratissime, in cui un episodio sposta l’equilibrio. La bravura è proprio quella: spostare l’episodio dalla tua parte, cosa che al Verona non è riuscita, purtroppo. E così resta l’amarezza di aver raccolto zero punti, nonostante tanta attenzione, tanta concentrazione, tanta voglia di reagire. Ci potevamo aspettare le peggio cose viste le premesse. Anche un’altra batosta, un crollo verticale, un chiaro segnale che la squadra aveva mollato il proprio tecnico, dopo gli abomini che avevamo visto e sentito contro l’Inter. Invece abbiamo visto ragazzi che si davano il cinque in campo dopo una chiusura, gente che si incitava nella difficoltà, gente che ci ha provato e persino qualche lacrima alla fine. Il Verona è parsa una squadra ancora viva, ancora in grado di giocarsi la salvezza e un campionato che non è compromesso. 

Ecco questo è un concetto che va ribadito con grande chiarezza. Se qualcuno si era illuso che quest’anno si potesse giocare una stagione senza soffrire si è sbagliato di grosso. Il compito del Verona è cercare di salvarsi, in un modo o nell’altro, all’ultimo secondo dell’ultima giornata. E finché la matematica non lo condannerà, bisognerà lottare per questo. Non ci sentivamo condannati due anni fa dopo dieci sconfitte consecutive, non lo eravamo l’anno scorso con due punti in meno rispetto ad oggi e quindi non lo siamo nemmeno in questo momento. Attenzione però: questo non vuol dire essere incoscienti o non essere preoccupati. Lo dobbiamo essere ma senza quella frenesia di voler distruggere tutto buttando il bambino e l’acqua.

Ed arrivo alla questione: l’allenatore. Cambiare oggi Zanetti, dopo aver perso a Cagliari in questa maniera, può essere una soluzione ma può anche condannare definitivamente il Verona. Il cambio a mio avviso è necessario solo quando non ci sono alternative, fosse arrivata un’altra disfatta come contro l’Inter, vi dico la verità: non avrei avuto dubbi e pur con dispiacere avrei detto che la sostituzione del tecnico era l’unica strada percorribile. Ora però dopo questa gara va usata lucidità e razionalità. All’orizzonte ci sono due gare delicatissime e molto importanti. Credo sia giusto concedere a Zanetti la possibilità di giocarsele per tirare fuori il Verona da questa crisi. Solo dopo Empoli e Parma, e alla vigilia del mercato di gennaio,Sogliano avrà completamente chiara la situazione per prendere le decisioni migliori per il Verona.

PEGGIO DI BERGAMO, STAVOLTA E’ ALLARME VERO

Peggio di Bergamo. ed è tutto dire. Potevamo archiviare quella batosta sotto la voce episodio, l’Atalanta quando è ingiocabile è ingiocabile, quella sera la squadra del Gasp era scatenata. Poi è arrivata Lecce (sconfitta) e la reazione con la Roma (bene, bravi , ma senza bis).

A Firenze, secondo tempo, solite crepe. Soliti errori. Solita rassegnazione. E con l’Inter ci sta di perdere. Ma non così. Venti minuti buoni, una traversa, poi prendi gol e sbam… sparisci dal campo.

Nemmeno Houdini sapeva sparire con questa maestria. Il Verona è evaporato, dissolto. Inghiottito dentro le proprie paure, sperso tra gli errori di un Dawidowicz imbarazzante, un Magnani senza patria, il solito insicurissimo Montipò. Bye Bye Hellas. L’Inter mossa a pietà ha evitato di calpestare i gialloblù, alla fine poteva finire infinito a zero.

Restano macerie, resta una conferenza stampa strappacuore di un galantuomo come Paolo Zanetti, incapace di trovare una soluzione ad una matassa sempre più intricata. Che fosse dura si sapeva, che fosse una sofferenza lo temevamo e ce lo aspettavamo ma così tanto, anche no.

Zanetti è stato sincero, troppo forse per il mondo del calcio dove a volte è meglio mettersi una maschera e abbozzare. Non ha alzato bandiera bianca, però pare vicino. Sicuramente si sente in debito nei confronti di una piazza che lo ha accolto benissimo e una società che gli ha dato un’opportunità importante e che lo sta proteggendo come forse da nessuna altra parte succede.

Sarebbe facile, troppo, cambiarlo. Dare a lui tutte le colpe. Ma via lui, siamo certo che Dawidowicz torni in sè? Che Magnani si rimetta in bolla? Che Montipò torni ad essere l’invalicabile portiere delle annate passate? E chi potrebbe cambiare questo trend? Ballardini? Semplici?

Sarà una settimana di passione. La più dura dall’inizio della stagione. C’è poco da fare: o Zanetti ritrova il Verona questa settimana o il suo destino è segnato. Ci sono tre gare fondamentali adesso. Bisogna riuscire a fare almeno cinque, sei punti per toccare almeno quota 17. Poi arriverà gennaio. E speriamo in altri miracoli di San Sogliano.

ABBIAMO SVOLTATO? ANCORA NO E VI SPIEGO PERCHE’

E’ sufficiente la prestazione di Firenze, pur in assenza del risultato, per dire che il Verona ha finalmente “svoltato” come avrebbe voluto Zanetti dopo la gara tutta cuore con la Roma?

Ovviamente la gara con la Fiorentina non è nemmeno lontanamente paragonabile con la debacle di Bergamo e la successiva partita giocata in preda al terrore e alla paura di Lecce. Ma non è, purtroppo, nemmeno il passo in avanti che era auspicabile.

Dopo un buon/ottimo primo tempo, il Verona è tornato a commettere vecchi errori, ricadendo nei suoi vizi. Preso il secondo evitabilissimo gol per il solito errore in marcatura (al netto che Kean in questo momento segna anche quando sbadiglia), il Verona non è stato più in grado di leggere la partita, di ribattere colpo su colpo, l’uscita di Serdar ha peggiorato le cose, facendoci capire un volta di più quanto sia imprescindibile. Stavolta chi è entrato non ha portato niente, nè verticalità, nè adrenalina, nè freschezza. La Fiorentina poteva dilagare, i viola hanno avuto tre palle gol nitidissime (una con Colpani, due con Kean), in un modo o nell’altro il Verona ha trascinato il 2-1 sino alla fine.

Il tentativo di provare il tutto per tutto nel finale, si è interrotto con il perfetto rinvio di De Gea e il contropiede di Kean su cui è letteralmente rimbalzato il povero Belahyane, esile e piccolino davanti alla straripante forza dell’attaccante con il balletto incorporato.

Siamo alla partita numero 12, ormai certi errori fanno parte del Dna di questa squadra. La pochezza difensiva è davanti agli occhi di tutti, sia essa frutto del modo di stare in campo, o dei limiti degli interpreti. 27 gol presi sono un’enormità a cui Zanetti non riesce a mettere un freno e rischiano di tramutarsi in un peso che ci può tirare a fondo. Poiché non è possibile andare sempre oltre i propri limiti come contro la Roma, perché anche emotivamente quella situazione è super stressante, urge trovare rimedi.

Dunque, siamo guariti? Purtroppo no, direi che siamo solo convalescenti, di certo la sofferenza non è finita. Peccato. E’ stata solo un’illusione.