QUESTO VERONA E’ COME UNA COPERTA CORTA

Il Verona è come una coperta corta. La tiri da una parte e ti restano scoperti i piedi. La tiri dall’altra e ti resta fuori la testa. Quando ti difendi basso, ne risente l’attacco. Quando attacchi scopri la difesa. Il senso della gara con il Milan è questo. Giochi bene, attento, fai un errore e non riesci a segnare. Sconfitta ingiusta. Non si capiscono tutti questi peana per un Milan che ha fatto una partita come se fosse una squadra che si deve salvare. Ma molto peggio. Sinceramente il povero Venezia di Di Francesco per gioco, idee, proposta tattica è il Bayern Monaco al confronto dei rossoneri di Fonseca che hanno passato più tempo a rotolarsi sul terreno del Bentegodi che a passarsi la palla tra di loro. L’indisponente Marinelli, arbitrucolo della scarsa congrega italiana ha permesso questo gioco ostruzionistico, fischiando la fine con perentoria puntualità, nel caso, fosse mai, che il Verona avesse creato qualche mischione finale che avesse messo a repentaglio la vittoria rossonera.

Alla luce di tutto questo, brucia aver perso questa partita, che sa un po’ di occasione mancata. Va bene, c’è stata la prestazione, finalmente il Verona non si è dissolto come neve al sole, ma questo non è sufficiente. E’ un piccolo brodino da mandare giù in mancanza di meglio, pensando a qualche partita fa quando parevamo allo sbando. Ma restano i problemi. Si è preso gol alla prima imbucata, dorme Duda, dorme Daniliuc, e poi là davanti stavolta il Verona è stato poca cosa. Troppa imprecisione, poca qualità, Sarr è un ottimo giocatore che però ha bisogno di quindici giorni di recupero ogni volta che gioca, Tengstedt c’era ma non era al massimo, Livramento doveva essere l’arma in più, stavolta è stata l’arma in meno. Tchatchoua in quella posizione deve essere letale, a sinistra c’è una falla enorme perchè quando Lazo cala non c’è alternativa. E in mezzo aspettiamo Serdar, anche per togliere dalla luce dei riflettori il piccolo Belahyane, troppo esposto alla luce del mercato. 

Diciamo che Zanetti ha ritrovato l’Hellas, ma che ora deve trovare tutto il resto. Un gran lavoro lo deve fare San Sogliano al mercato di gennaio. Sperando che la telenovela della cessione finisca in fretta e che lo zio Sam non venga a Verona solo per fare il business dello stadio. 

DOVE STA LA VERITÁ? L’UNICA VIA E’ FIDARSI DI SOGLIANO…

Quindi dove sta la verità? Siamo scarsi o no? E soprattutto Zanetti doveva essere esonerato o no? Era colpa del modulo, della difesa a tre? O piuttosto era colpa di una squadra in cui una parte aveva staccato la spina e l’altra non aveva ancora capito niente del calcio italiano? Certe gare, certe sconfitte sono così brutte che ridurre tutto sulle spalle di una persona è eccessivo. L’allenatore è il primo responsabile ma senza la squadra non c’è allenatore al mondo che possa uscirne. La gara con l’Empoli è stata un abominio e il 99 per cento dei direttori sportivi di questo pianeta avrebbe risolto la questione facendo saltare la testa del tecnico. La soluzione più ovvia, più logica. Ma non per Sean Sogliano che è uomo d’altri tempi, abituato a prendersi le proprie responsabilità e a metterci “cocones”, soprattutto quando è convinto che le cose non siano come appaiono a tutti.

Sean sapeva che i problemi del Verona non dipendevano da Zanetti. Non tutti almeno. Aveva annusato l’aria, aveva visto i vecchi dello spogliatoio poco focalizzati, distratti. Fin dall’estate. E questo non ha aiutato i giovani (molte scommesse) a inserirsi e a Zanetti a trovare il bandolo della matassa. E del resto cosa fa un giovane e nuovo allenatore quando arriva in una squadra come il Verona? Ovviamente si appoggia alla vecchia guardia, ai senatori. Ecco l’inghippo. Ecco dove Sogliano voleva arrivare. Ci aveva provato prima con il ritiro “punitivo” e poi con questa settimana di riflessione che ha avuto il merito di mettere tutti con le spalle al muro. Anche Zanetti, restato tra color che stan sospesi per due giorni e forse anche lui ritornato ad allenare con testa nuova e con più lucidità.

Sean è più “fine” e machiavellico di quello che molti pensano di lui. E anche il “circo” di questa settimana secondo me non è stato un caso. Ha avuto il potere di mettere sul lettino dello psicanalista il Verona, di togliere alibi alla squadra, di continuare con Zanetti ma creando una frattura temporale che è servita anche allo stesso allenatore. E così si spiega anche la mancata presenza del tecnico all’allenamento del martedì e successivamente alla cena sociale. Un sorta di esonero “virtuale” con successivo ritorno, senza che in effetti nulla apparentemente sia cambiato.

Se sia la gara della svolta, si capirà le prossime settimane. Ma se ci serviva un’ulteriore prova (oltre a quelle in abbondanza già fornite in passato…) stavolta possiamo parlare di certezza: fidiamoci di Sogliano. Di certo anche quest’anno lotteremo fino all’ultimo secondo dell’ultima giornata. Visto il periodo chiuderei così: in Sogliano we trust.

LE COLPE DI ZANETTI? ESSERSI FIDATO DI UN GRUPPO DI GIOCATORI SCARSI E LOGORI

Paga Zanetti. Per tutti. Indifendibile, come lui stesso si era definito dopo la partita con l’Inter. Il calcio ha riti antichi e vecchie abitudini. L’allenatore è il capro espiatorio. La gara con l’Empoli sancisce la crisi del Verona. Squadra che si è persa dentro le proprie paure. Nemmeno i tentativi di rianimarla attraverso il ritiro è servito.

Zanetti ha colpe e responsabilità non c’è dubbio. Si è fidato di un gruppo di giocatori vecchi e logori che hanno deciso di staccare la spina dopo anni di battaglie. Dovevano essere loro a guidare il gruppo, sono diventati il problema. La colpa di Zanetti è di essere morto con loro, credendo ancora che potessero essere utili. Doveva fare scelte, anche dure, intransigenti. Metterli fuori rosa, affidarsi a qualche ragazzino che sicuramente ci avrebbe risparmiato lo spettacolo penoso di oggi e quelli passati. Si è appellato al sentimento, all’orgoglio, ha alzato i toni, non si è fatto capire. Troppi errori individuali, troppa gente che gioca distratta, con la tesa chissà dove. Dicono, come se fosse un alibi, che il problema sono i contratti in scadenza. Come se questa gente che guadagna trenta, quaranta, cinquanta, sessanta, forse settanta mila euro al mese non venisse pagata fino a giugno, come se fosse giusto smettere di giocare adesso. Insulto alla gente che lavora dieci ore al giorno per 1200 euro e che magari spende i propri risparmi per andare allo stadio e in trasferta.

I problemi di questa squadra non saranno risolti da chi arriverà. Non subito, sicuramente non senza una profonda rivoluzione a gennaio. Chiunque sarà. Ma dopo la gara di oggi è altrettanto certo che serva un cambio, quantomeno per togliere tutti gli alibi a chi sta calpestando la maglia dell’Hellas Verona nell’anno del quarantennale della vittoria del tricolore.

Si sperava che andasse diversamente che oggi il Verona riuscisse a cambiare finalmente rotta. Invece è finita a schiaffi in faccia, con una tifoseria calpestata e ferita che davanti a questo scempio ha perso la pazienza. “Volemoghe ben al Verona” era lo slogan meraviglioso della Curva, ma i primi che non hanno voluto bene al Verona sono questi giocatori, ormai indegni di vestire questa gloriosa maglia. Pagherà Zanetti, perché è giusto così. Ma fateci un favore: tirateci via dalla vista per sempre questi ignobili personaggi che ci rifiutiamo di chiamare calciatori. Al massimo questa gente potrebbe pulire le scarpe agli eroi dello scudetto.

ZERO PUNTI RACCOLTI, MA ANCHE TANTI SEGNALI POSITIVI. ORA SERVE LUCIDITÀ

Il momento è durissimo. C’è poco da fare. Quando stacchi la spina come ha fatto il Verona con l’Inter, riaccendersi non è semplice. A Cagliari si cercavano risposte e molte sono arrivate. La prestazione c’è stata, certo non spettacolare, ma nessuna di queste gare in cui ci si gioca la vita e la morte, lo è. Sono gare tiratissime, in cui un episodio sposta l’equilibrio. La bravura è proprio quella: spostare l’episodio dalla tua parte, cosa che al Verona non è riuscita, purtroppo. E così resta l’amarezza di aver raccolto zero punti, nonostante tanta attenzione, tanta concentrazione, tanta voglia di reagire. Ci potevamo aspettare le peggio cose viste le premesse. Anche un’altra batosta, un crollo verticale, un chiaro segnale che la squadra aveva mollato il proprio tecnico, dopo gli abomini che avevamo visto e sentito contro l’Inter. Invece abbiamo visto ragazzi che si davano il cinque in campo dopo una chiusura, gente che si incitava nella difficoltà, gente che ci ha provato e persino qualche lacrima alla fine. Il Verona è parsa una squadra ancora viva, ancora in grado di giocarsi la salvezza e un campionato che non è compromesso. 

Ecco questo è un concetto che va ribadito con grande chiarezza. Se qualcuno si era illuso che quest’anno si potesse giocare una stagione senza soffrire si è sbagliato di grosso. Il compito del Verona è cercare di salvarsi, in un modo o nell’altro, all’ultimo secondo dell’ultima giornata. E finché la matematica non lo condannerà, bisognerà lottare per questo. Non ci sentivamo condannati due anni fa dopo dieci sconfitte consecutive, non lo eravamo l’anno scorso con due punti in meno rispetto ad oggi e quindi non lo siamo nemmeno in questo momento. Attenzione però: questo non vuol dire essere incoscienti o non essere preoccupati. Lo dobbiamo essere ma senza quella frenesia di voler distruggere tutto buttando il bambino e l’acqua.

Ed arrivo alla questione: l’allenatore. Cambiare oggi Zanetti, dopo aver perso a Cagliari in questa maniera, può essere una soluzione ma può anche condannare definitivamente il Verona. Il cambio a mio avviso è necessario solo quando non ci sono alternative, fosse arrivata un’altra disfatta come contro l’Inter, vi dico la verità: non avrei avuto dubbi e pur con dispiacere avrei detto che la sostituzione del tecnico era l’unica strada percorribile. Ora però dopo questa gara va usata lucidità e razionalità. All’orizzonte ci sono due gare delicatissime e molto importanti. Credo sia giusto concedere a Zanetti la possibilità di giocarsele per tirare fuori il Verona da questa crisi. Solo dopo Empoli e Parma, e alla vigilia del mercato di gennaio,Sogliano avrà completamente chiara la situazione per prendere le decisioni migliori per il Verona.

PEGGIO DI BERGAMO, STAVOLTA E’ ALLARME VERO

Peggio di Bergamo. ed è tutto dire. Potevamo archiviare quella batosta sotto la voce episodio, l’Atalanta quando è ingiocabile è ingiocabile, quella sera la squadra del Gasp era scatenata. Poi è arrivata Lecce (sconfitta) e la reazione con la Roma (bene, bravi , ma senza bis).

A Firenze, secondo tempo, solite crepe. Soliti errori. Solita rassegnazione. E con l’Inter ci sta di perdere. Ma non così. Venti minuti buoni, una traversa, poi prendi gol e sbam… sparisci dal campo.

Nemmeno Houdini sapeva sparire con questa maestria. Il Verona è evaporato, dissolto. Inghiottito dentro le proprie paure, sperso tra gli errori di un Dawidowicz imbarazzante, un Magnani senza patria, il solito insicurissimo Montipò. Bye Bye Hellas. L’Inter mossa a pietà ha evitato di calpestare i gialloblù, alla fine poteva finire infinito a zero.

Restano macerie, resta una conferenza stampa strappacuore di un galantuomo come Paolo Zanetti, incapace di trovare una soluzione ad una matassa sempre più intricata. Che fosse dura si sapeva, che fosse una sofferenza lo temevamo e ce lo aspettavamo ma così tanto, anche no.

Zanetti è stato sincero, troppo forse per il mondo del calcio dove a volte è meglio mettersi una maschera e abbozzare. Non ha alzato bandiera bianca, però pare vicino. Sicuramente si sente in debito nei confronti di una piazza che lo ha accolto benissimo e una società che gli ha dato un’opportunità importante e che lo sta proteggendo come forse da nessuna altra parte succede.

Sarebbe facile, troppo, cambiarlo. Dare a lui tutte le colpe. Ma via lui, siamo certo che Dawidowicz torni in sè? Che Magnani si rimetta in bolla? Che Montipò torni ad essere l’invalicabile portiere delle annate passate? E chi potrebbe cambiare questo trend? Ballardini? Semplici?

Sarà una settimana di passione. La più dura dall’inizio della stagione. C’è poco da fare: o Zanetti ritrova il Verona questa settimana o il suo destino è segnato. Ci sono tre gare fondamentali adesso. Bisogna riuscire a fare almeno cinque, sei punti per toccare almeno quota 17. Poi arriverà gennaio. E speriamo in altri miracoli di San Sogliano.

ABBIAMO SVOLTATO? ANCORA NO E VI SPIEGO PERCHE’

E’ sufficiente la prestazione di Firenze, pur in assenza del risultato, per dire che il Verona ha finalmente “svoltato” come avrebbe voluto Zanetti dopo la gara tutta cuore con la Roma?

Ovviamente la gara con la Fiorentina non è nemmeno lontanamente paragonabile con la debacle di Bergamo e la successiva partita giocata in preda al terrore e alla paura di Lecce. Ma non è, purtroppo, nemmeno il passo in avanti che era auspicabile.

Dopo un buon/ottimo primo tempo, il Verona è tornato a commettere vecchi errori, ricadendo nei suoi vizi. Preso il secondo evitabilissimo gol per il solito errore in marcatura (al netto che Kean in questo momento segna anche quando sbadiglia), il Verona non è stato più in grado di leggere la partita, di ribattere colpo su colpo, l’uscita di Serdar ha peggiorato le cose, facendoci capire un volta di più quanto sia imprescindibile. Stavolta chi è entrato non ha portato niente, nè verticalità, nè adrenalina, nè freschezza. La Fiorentina poteva dilagare, i viola hanno avuto tre palle gol nitidissime (una con Colpani, due con Kean), in un modo o nell’altro il Verona ha trascinato il 2-1 sino alla fine.

Il tentativo di provare il tutto per tutto nel finale, si è interrotto con il perfetto rinvio di De Gea e il contropiede di Kean su cui è letteralmente rimbalzato il povero Belahyane, esile e piccolino davanti alla straripante forza dell’attaccante con il balletto incorporato.

Siamo alla partita numero 12, ormai certi errori fanno parte del Dna di questa squadra. La pochezza difensiva è davanti agli occhi di tutti, sia essa frutto del modo di stare in campo, o dei limiti degli interpreti. 27 gol presi sono un’enormità a cui Zanetti non riesce a mettere un freno e rischiano di tramutarsi in un peso che ci può tirare a fondo. Poiché non è possibile andare sempre oltre i propri limiti come contro la Roma, perché anche emotivamente quella situazione è super stressante, urge trovare rimedi.

Dunque, siamo guariti? Purtroppo no, direi che siamo solo convalescenti, di certo la sofferenza non è finita. Peccato. E’ stata solo un’illusione.

IL VERONA E’ COME L’ARABA FENICE. RISORGE SEMPRE DALLE PROPRIE CENERI

Ma davvero pensavate che due “hombre vertical” come Sogliano e Zanetti potessero alzare bandiera bianca, darsi per arresi, senza combattere? Davvero potevate pensare che lo spogliatoio del Verona fosse un crogiolo di congiurati, figli di Bruto che assassinò Cesare? Ecco se l’avete pensate avete sbagliato tutto. Perché quando il Verona lo date per morto, cari gufi di professione, il Verona vi sbatte la porta in faccia e risorge. Combattendo. Non fosse per il clima di pessimismo che tali gufacci creano, non meriterebbero un secondo di attenzione. Però questa gente si ciba di carogne, vive la propria esistenza seminando zizzania, mette dubbi, crea tensione. Si professano tifosi, brandendo i social come clave, senza senso di responsabilità, senza capire che un conto è criticare (legittimo, giusto, persino necessario), un altro è il disfattismo, che appartiene a chi è sconfitto dalla storia. “Volemoghe ben al Verona” hanno scritto in Curva quelli che ci sono sempre (con i fatti) e che hanno il compito di supportare e non di distruggere. Per loro e non per i gufacci che stasera saranno i primi probabilmente a salire sul carro fino almeno alla prossima difficoltà, alla prossima crisi, quando vomiteranno nuovamente la loro frustrazione e semineranno previsioni nefaste come Cassandra, il Verona ha tirato fuori questa prestazione, ritrovandosi, dopo settimane dure e tormentate. Ha ritrovato la vecchia guardia che fino ad oggi aveva latitato clamorosamente, ha ritrovato Montipò finalmente al suo standard dopo l’elettrochoc di Lecce, ha ritrovato Magnani e Coppolone, infine ha ritrovato, la cosa più importante, che sono i tre punti, benefico toccasana per una classifica che comunque non era mai stata drammatica.

Dopo la conferenza stampa di sabato, pensavo che essere costretti dai risultati a esonerare un tecnico come Zanetti sarebbe stata una grande occasione persa. Perché raramente ho visto e riscontrato un tale livello di empatia, sentimenti sinceri ed onesti, con una piazza e con una città. Un attaccamento che pareva dissonante o distonico, rispetto ai risultati che non venivano e alle ultime prestazioni.

Non hanno mai concesso alibi a Zanetti e lui stesso non se n’è mai concessi, eppure altri lamentosi allenatori che abbiamo conosciuto ci avrebbero ricordato ogni settimana le assenze di tanti giocatori, il migliore dell’anno scorso ad esempio (Serdar), gli infortuni a catena a centrocampo, l’infortunio di un esterno come Frese (indispensabile ad un certo punto), oltre che le difficoltà oggettive nell’allenare una squadra con molti giocatori-scommesse che arrivavano da campionati diversi e a cui va concesso un minimo di tempo d’ambientamento. Senza contare la flessione di rendimento di chi, appunto, doveva garantire la continuità rispetto al passato. La crisi non solo non ha “mangiato” Zanetti, ma è diventata un’opportunità. Zanetti ha “riallineato” la squadra, persino Faraoni, che pareva disperso, è apparso utilissimo nella serata contro la Roma.

E’ vera gloria? Non illudetevi, non illudiamoci: perché tutto quello che abbiamo detto e scritto in queste settimane è la verità. Il campionato è durissimo, salvarsi sarà un’altra gigantesca impresa, ci sono squadre attrezzate, si lotta con società ricche, organizzate e quindi per farcela serve un miracolo. Ma c’è una certezza. Il Verona non muore mai. E con Sogliano e Zanetti lotterà fino all’ultimo secondo dell’ultima giornata.

SEGNALE BRUTTO, MA PER FORTUNA NULLA E’ COMPROMESSO

Aspettavamo la gara di Lecce per sapere se la disfatta di Bergamo era solo un episodio avverso avvenuto contro una squadra fortissima. Dalla Puglia non sono arrivate le risposte che ci aspettavamo. Il Verona è attualmente un malato, non ancora grave, ma la crisi preoccupa soprattutto perché investe l’aspetto morale e psicologico.

La squadra di Zanetti attraversa una fase involutiva, attanagliata dalla paura di sbagliare, senza animo leggero. Tutti in questo momento sembrano controfigure dei giocatori che abbiamo conosciuto o pensavamo di conoscere. Da Serdar a Duda, Da Suslov a Lazovic, da Tchatchoua a Tengstedt. Troppo brutto per essere vero, insomma.

La verità sta nel mezzo, come sempre. Probabilmente c’è stato in molti una sopravvalutazione della squadra, delle doti dei singoli, del calciomercato. L’illusione di un campionato più tranquillo ha creato aspettative esagerate, che ora appaiono tradite. Se analizziamo la realtà con lucidità e un minimo di freddezza, capiremo che lavorare su mille scommesse ogni anno, un crogiuolo di giocatori che arrivano da campionati diversi, abitudini diverse, lingue diverse e trovare subito la quadra in situazioni simili non è facile.

Zanetti certamente deve ritrovare una strada, una via. Oltre ad un grande lavoro sul campo, bisogna lavorare sulla testa dei giocatori, sul loro umore, sulla loro disponibilità. Ma le certezze arrivano proprio dalla proposta del tecnico, dal modo in cui questa proposta viene messa in pratica dallo staff tecnico, dall’intensità degli allenamenti.

Vedendo lavorare Zanetti durante l’estate, mi è apparso un allenatore, bravo, preparato, efficace. Vedevo una linea, un progetto tattico, entusiasmo che andava a braccetto con rigore e professionalità. Ho visto tante cose buone in molte partite, ma anche tanti troppi errori che si sono ripetuti. Questi errori hanno minato il lavoro di Zanetti e minato la tranquillità e la serenità della squadra. Gare pazzesche da raccontare come quella di Como, come quella con il Torino, quella con il Monza, hanno lasciato strascichi nelle fondamenta della squadra che evidentemente non erano ancora così solide.

Ora il momento è brutto, non terribile e per fortuna non drammatico nè tantomeno compromesso. Ma il livello di allarme dopo Lecce, seconda sconfitta contro una diretta concorrente, è acceso. Quando accade una cosa del genere, o si affonda o si riemerge più forti di prima. Ora appare tutto nero, credo che fidarsi di Sogliano che ha salvato il Verona con le sue scelte anche controcorrente nelle ultime due stagioni, sia la miglior via per continuare ad avere fiducia in questa squadra.

BENTORNATI ALL’INFERNO. ORA BISOGNA FARE SCELTE FORTI

Game, set, partita. L’Atalanta sembrava Sinner contro il Verona. Spazzati via, maltrattati, bistrattati. Non è la sconfitta a fare male, a preoccupare. E’ come è arrivata.

La Bergamasca calcio targata Gasperini ha portato a galla tutte le preoccupazioni, evidenziato tutti i problemi in una serata in cui purtroppo il Verona e il suo allenatore hanno sbagliato tutto. Il peggior avversario da incontrare a tre giorni dalla sfida con il Lecce, sfida decisiva, ma non un buon motivo per alzare bandiera bianca dopo una manciata di minuti, una resa così netta che non avevamo memoria.

Resettare è la parola d’ordine, lavare via dalla testa le sei reti. Ma la pessima partita di Bergamo, alza interrogativi a cui bisogna dare risposta pratica sul campo, pena un campionato che rischia di diventare così in discesa da farci precipitare.

C’è un problema difensivo ormai evidente. Legato ai singoli ma anche probabilmente ad un assetto troppo presuntuoso. Non è solo una questione della linea, si difende di squadra, ormai il calcio è questo. Siamo leggeri in mezzo, sulle fasce, non si fa filtro, ci bucano ovunque. I limiti tecnici e di personalità dei nostri centrali, fanno il resto.

Lookman e De Katelaere probabilmente sarebbero scappati a chiunque sabato sera, ma l’inconsistenza della squadra scaligera è oltre la soglia della tollerabilità. Perdere si può, con l’Atalanta in serata di grazia non è uno scandalo, perdere così però non è dignitoso.

Zanetti è un buon allenatore. Continuo a sostenerlo perché sono convinto che farà il bene del Verona. Sta soffrendo come un cane, forse questo attaccamento sta diventando anche un limite nel momento in cui deve trovare delle soluzioni. Deve assolutamente ritrovare una via, forse anche la lucidità e lo deve fare anche attraverso scelte nette, forti, decise. La coperta, mi rendo conto, non è abbondante, soprattutto dietro, però ora deve cercare dentro la rosa le persone più affidabili. Il Verona non può essere la chase longue di uno psicologo per soggetti affetti da crisi d’ansia. Se qualcuno non è all’altezza non può giocare qui. Semplice.

La partita con il Lecce assume ora un’importanza fondamentale. Intanto non è “una partita da vincere a tutti i costi” ma è prima di tutto “una partita da non perdere a tutti i costi”. Una buona prestazione in Puglia, catalogherebbe la sconfitta di Bergamo a “episodio”, viceversa si aprirebbe una crisi pericolosa. Attendiamo con fiducia, perché questo Verona ci ha dato anche tanti segnali positivi fino ad oggi. Poi che sarebbe stata sofferenza anche quest’anno lo sapevamo. Non ci eravamo illusi. Bentornati all’inferno.

UN PECCATO DI PRESUNZIONE DA EVITARE DA QUI ALLA FINE

È successo ancora. Ogni volta che il Verona tenta un piccolo salto di qualità, fa un passo indietro, scende sulla terra, ci ricorda e si ricorda di quanto la salvezza sia dura, difficile, tutt’altro che scontata. Banalizzare a ordinaria amministrazione gli ultimi campionati e le ultime salvezze, pensare che siano dovute solo perché “siamo il Verona” è un argomento che appartiene agli stolti. Quelle miracolose salvezze, quelle straordinarie imprese ci danno invece il vantaggio di sapere esattamente cosa si prova, che nulla è finito fino all’ultimo secondo e quanto la sofferenza sia il necessario viatico verso la felicità ovvero un altro anno di serie A. Questa la premessa. Necessaria per capire la sconfitta (pesante, oltre misura) contro il Monza. L’impressione è che si sia stato un piccolo e inconsapevole peccato di presunzione. A fin di bene, sia chiaro. Con l’intenzione di divertire, divertirsi e fare magari anche punti per sognare un pochetto. Perdendo un po’ di vista quella sana ruvidezza di talune partite in cui il gioco e l’estetica devono lasciare il posto alla concretezza e alla sporcizia. Il Monza, ultimo e un po’ alla disperazione ci ha messo nel sacco proprio con le nostre armi. Palla lunga per la spizzata di Djuric, un banalissimo artificio che conosciamo perfettamente e che la dabbenaggine di una difesa imbarazzante ha trasformato in una portentosa goleada. Abbiamo un evidente problema difensivo, un problema legato ai singoli, certamente, ma anche a letture imperfette, a sbavature assurde, ad un lavoro, mi si permetta una piccola critica a Paolo Zanetti, che non riesce ancora ad andare in profondità. Il mister credo sia il primo ad essere angustiato per questo problema che sta rovinando le partite e le prestazioni. Non l’aiuta certamente una rosa che avrà bisogno di ritocchi pesanti a gennaio, almeno nella retroguardia e non solo per dare qualità al reparto ma anche per dotare la squadra di giocatori con caratteristiche diverse rispetto a quelle degli attuali. Manca un vero regista difensivo, manca un terzino sinistro, manca un giocatore veloce che sappia recuperare in rapidità quando ci si sbilancia in avanti. Ma poiché fino a gennaio la situazione non potrà cambiare, Zanetti deve fare di tutto per trovare soluzioni adeguate. 

Lascio per ultimo l’argomento Montipó. Se da una parte il portiere ha meritato qualche critica nelle prime gare, trovo vergognosi i fischi che gli sono piovuti addosso dopo il Monza. Fischi che non appartengono alla cultura sportiva della tifoseria dell’Hellas che si è sempre elevata rispetto ad altre proprio per lo straordinario supporto che ha sempre dato anche nei momenti più duri e difficili alla squadra e ai suoi giocatori. Montipó è il primo a sapere che il suo campionato non è all’altezza delle sue doti e del suo passato ma credo sia proprio questo il momento di stargli vicino. Per riconoscenza, per stima e perché criticarlo, creargli pressione, mettergli insicurezza è fare come quel tale che se lo taglió per fare dispetto alla moglie…