Nel caso non si fosse capito a sufficienza: ci sarà da soffrire. Ancora e ancora e ancora di più. Le due partite miracolose che ci hanno portato sei punti sono state un ottimo punto di partenza ma nient’altro. Il Sassuolo ci rimette nella nostra giusta dimensione, cioè quella di una squadra che ha tanti tantissimi limiti tecnici e che per smazzarla fuori deve andare sempre più forte degli altri. Ma molto più forte. E quando ciò non accade, la qualità degli avversari tipo Sassuolo esce e tu esci suonato.
La prima sconfitta coincide con la fine del mercato. Un mercato durissimo di cui forse capiremo l’importanza solo tra qualche mese. Sean Sogliano ha lavorato con la museruola e le manette, prigioniero di budget inesistenti, con la necessità di abbassare il monte ingaggi e al contempo di rivoluzionare una squadra che era evidentemente arrivata a fine ciclo. Ha centrato molti obiettivi, non tutti, non quanti avrebbe voluto. Il ricambio probabilmente doveva essere ancora più “spinto” ma liberarsi di contratti onerosi dopo una stagione pessima come la scorsa era un’impresa quasi titanica.
Fondamentale la partenza di Lasagna, contratto pesantissimo, oggi un po’ spalmato e ricollocato all’interno di una logica sostenibile di mercato. Setti ha retto bene, anzi benissimo ai vari tentativi di prendere il Verona per il collo con offerte a ribasso. Non può sfuggire il cambio di passo dell’ultima settimana in cui il presidente ha rifiutato offerte importanti per Ngonge e Hien, indizio, forse, di una forza finanziaria ritrovata. Vedremo se entreranno nuovi partner, se Setti resterà presidente, se il Verona cambierà padrone. Ma valutando il presente, il fatto che siano rimasti i tre gioielli Hien, Doig e Ngonge e che i sacrifici si siano limitati alle cessioni di Tameze e Sulemana a Setti va fatto un applauso.
Ribadire poi quanto Sogliano sia stato bravo a portare giocatori a basso costo, motivati, funzionali al gioco di Baroni è puramente inutile. Suslov è una ciliegina di grande livello, chi bazzica il calcio internazionale ed è avvezzo a interessarsi ai futuri campioni, sa di cosa parlo.
Baroni, davvero straordinario a barcamenarsi e a trovare la rotta in un momento di grande confusione, ha ora la possibilità di lavorare, finalmente, per plasmare la sua squadra. C’è molto da fare come si è visto a Reggio Emilia. Per esempio: il Verona ogni tanto regredisce allo stato primitivo, quando nella scorsa stagione, per non sapere nè leggere nè scrivere, mandava il pallone sul testone di Djuric, sperando che qualcosa accadesse. Un gioco primordiale che bisognerebbe evitare. Anche perchè, ogni volta che questa squadra gioca con la palla a terra fa vedere cose che avevamo dimenticato. Rotazioni, tagli, inserimenti sulle fasce, tempi di gioco e belle azioni. Bisogna togliere, per quanto possibile quell’impulso alla semplificazione. Altra cosa che Baroni deve cambiare è l’estremizzazione del duello a tutto campo. L’uno contro uno. In certi frangenti stasera sembrava essere tornati a Bocchetti. Palla persa e transizione avversaria di quaranta metri, senza coperture preventive e senza distanze. Non va bene. Mi era parso di vedere un netto cambio su questo fronte, con la squadra sì aggressiva, ma con diagonali, coperture e distanze che finalmente ci allontanavano dall’inimitabile calcio di Juric (il quale, se vogliamo, soffre per il fatto che il Torino non tiene i ritmi che quel calcio impone e per il fatto che ormai ogni avversario si è attrezzato per affrontarlo). Bonazzoli, a mio avviso, non deve partire dalla panchina ma gli va data fiducia e minuti dall’inizio. Dietro, imprescindibile Hien, come davanti Ngonge, il vero fuoriclasse di questo Verona. Non mi convince in pieno, pur capendone le motivazioni, il Folorunsho avanzato. Il torello romano, lo vedo in mezzo a fare legna, accanto ai piedi buoni di Duda. Faraoni meglio recuperarlo dandogli mezz’ora alla fine, che schierandolo dall’inizio. E aspettiamo Lazo, che in precampionato è stato il migliore e che pare avere un grande feeling con il mister. Siamo tornati per terra, non è detto che sia un male.