DOTTOR ARAMINI, ADESSO TOCCA A LEI

Ci ho pensato su bene. Sarebbe facile (e banale) parlare della prestazione (l’ennesima) indecente (o peggio) della squadra scaligera. Sarebbe banale prendersela con Sarri (l’uomo giusto nel posto sbagliato) con Galli, con la squadra. I giudizi di questo momento sono evidenti. Il problema resta. E si chiama Verona. Una società che boccheggia, è evidente, che trasmette insicurezza, che non riesce a dare prospettiva. Dunque, se si vuole veramente cercare di dare un senso a questa crisi, bisogna parlare del nodo cruciale: la società. 

Chi può risolvere dunque il nodo? Forse il sindaco Tosi, che parla da tifoso ancor prima che da reggente di Palazzo Barbieri? Diciamoci la verità: pur intraprendente, pur volenteroso, Tosi non può fare nulla. Ed il perchè è semplicissimo: Tosi si scontra con la realtà che parla di un Verona come di un bene pubblico per quanto riguarda l’attenzione e l’interesse dei tifosi, ma come di una società privata per il diritto civile. E come Tosi non può mettere becco nella vicenda di qualsiasi altra azienda veronese, pur in crisi, così è per il Verona. Tosi, al massimo può “spingere”, può “collegare”, può “indirizzare”. Ma non potrà mai intervenire.

Forse solo su un aspetto, il sindaco ha un potere. Esigere il pagamento dell’affitto dello stadio. Ma anche questo è un argomento a doppio taglio, se ci pensate. Insomma, il raggio di azione del primo cittadino non può andare oltre il suo ruolo istituzionale, ruolo che per quanto riguarda il Verona Hellas, il sindaco ha anche varcato, spinto dalla passione. Resta però un altro soggetto, estremamente importante in questa vicenda. Ed è l’istituto di credito che in pratica agisce come da “socio” di Arvedi: l’Unicredit. Il colosso bancario, ormai uscito dal territorio veronese, ha in mano questo straordinario strumento “glocal” che è appunto la squadra di calcio cittadina. Un’opportunità fantastica per tenere il radicamento nel veronese (se mai questo discorso interessi ancora).

Un’opportunità sprecata, però. Unicredit ha agito in questi anni, attraverso l’opera del dottor Mario Aramini in due modi divergenti. Ha cioè trattato il Verona come un “bene” diverso da qualsiasi altra azienda privata fino ad un certo punto, poi da un certo momento in poi (diciamo fino alla cessione ad Arvedi) ha trattato la vicenda solo con freddo calcolo bancario, cercando di coprirsi le spalle (firme bancarie) e non regalando alla città una reale prospettiva (industriale?) per far decollare il progetto Verona. Unicredit (Aramini) sapeva benissimo di aver sbagliato qualcosa nel dare a Pastorello affidamenti eccessivi. E che quel comportamento (forse gravato dalle famose firme di Tanzi, poi venute meno…) aveva posto il Verona fuori dalle normali condizioni per essere acquisito. Quando si presentò la cordata Trevisan, la banca non volle cedere al “ricatto” del mercato. Cioè a rinunciare al rientro di una parte degli affidamenti, improvvidamente concessi a Pastorello, per riportare il Verona dentro un contesto di reale valore.

Così tra una grande prospettiva industriale (il gruppo Trevisan, con soldi, uomini e idee chiare) e la “pazza-idea” Arvedi (che offriva invece la completa garanzia bancaria ma che non aveva nè know-how, nè uomini) la banca, con grande miopia, ha scelto questa seconda strada. Il risultato è sotto gli occhi di tutti. Certo,

SENZA PAROLE

Sono senza parole. Veramente… Neanche la sera della retrocessione, neanche a Piacenza avevo questo stato d’animo… E voi?

LA GARA DELLA VITA

Per la mia generazione Legnano è sempre stata una marca di biciclette. Scavando nella storia si vedrà che è stata anche una partita di calcio. Ma non è questa la cosa importante. Il Verona è sprofondato in serie C e sta giocando con avversari che mai avrebbe pensato di affrontare. E se sprofondasse in C2, sarebbe anche peggio. La gara con il Legnano, però, è destinata ad entrare nella storia.

Se il Verona fallisse l’appello sarebbe dura tirare avanti per le prossime dieci partite che rischiano di diventare solo un lungo calvario verso la fine (in tutti i sensi…). Vincendo, il Verona di Sarri restituirebbe un po’ di luce al proprio cammino, nella speranza che quella benedetta scintilla che da anni aspettiamo finalmente dia modo al fuoco di propagarsi. Ci sono gare in un campionato che agiscono da svolta.

Ci sono momenti, anche banali che segnano la vita di un torneo. Nell’anno di Prandelli, se ricordate, fu una gara nella nebbia con la Fiorentina a cambiare il destino. La doppietta di Morfeo tenne a galla un Verona che altrimenti sarebbe sprofondato. Nell’anno di Malesani fu la gara con il Torino persa per il gol di Franco a marcare la debacle finale. Nel primo anno di Ficcadenti fu probabilmente quel pareggio di Catanzaro a non permettere all’Hellas di andare in serie A. Speriamo che la gara con il Legnano venga ricordata per la gara della rinascita gialloblù, tra qualche anno. E non solo come una marca di biciclette…

UN GALLI NEL POLLAIO

Sul fatto che è una brava persona non ci sono dubbi. Vi ho raccontato della sua amarezza la sera che ha chiuso il mercato con un nulla di fatto. Anche lui però ha fatto errori che potevano essere evitati. Innanzitutto, quando non era ancora direttore generale del Verona poteva evitare di parlare di un grande progetto di rilancio dell’Hellas, alimentando la sensazione che ormai l’era Arvedi fosse finita.

A me personalmente Giovannone Galli mi disse (il martedì) che il venerdì avrebbe stappato lo spumante per festeggiare (finalmente) l’ingresso di nuovi soci. Tranne poi chiudere frettolosamente l’argomento quando gli viene riproposto: Arvedi è l’unico proprietario, dice. Sarà vero, però è legittima anche la domanda e il dubbio, se permettete. Altro errore che vediamo diventare sempre più macroscopico: non aver perseguito con fermezza l’acquisto dell’attaccante. Perché c’è poco da fare: tutto ruota attorno a questo affare mancato, come del resto era successo l’anno scorso. Colpa mia, ha detto ieri Galli, che da una parte evidenzia un coraggio e un’onestà intellettuale che gli va riconosciuta, dall’altro non gratifica in nessun modo i tifosi gialloblù, vessati ormai da anni di promesse non mantenute.

E’ commovente, infine, l’appello di Galli: tutti sulla stessa barca e remiamo assieme. Si vede che Galli non ha vissuto la storia di questi ultimi anni. Il tifoso veronese è ben conscio di essere su questa barca (anche perchè essendo tifoso non può scendere dalla barca…) ed è proprio perchè è su questa barca che è abituato ad essere “tradito” e “abbandonato”. Insomma oggi tutti si chiedono che fine farebbe il Verona in C2 (tocchiamo ferro e non solo quello…), se Galli, Sarri e Cipollini sarebbero pronti a rimanere, se Arvedi, se…

E’ questa condizione di precariato che anima la piazza, che la rende irrequieta, che la rende pessimista. Galli e Sarri hanno sprecato (finora) sul campo l’occasione che avevano. Riportare un po’ d’entusiasmo. Ma il calciomercato (prima) e le sconfitte (poi) ci hanno fatto ripiombare nel tunnel della depressione. Comunque stia tranquillo Giovannone: siamo sulla stessa barca e remiamo tutti assieme. L’importante è che lui non tradisca questa piazza come hanno fatto altri. Eviti però di raccontare, se le cose, non saranno andate bene, che la “colpa” non è sua, che la situazione era disperata e che c’era poco da fare. Quello, dal momento in cui è venuto a Verona e ha accettato questa proprietà e questo compito, avrebbe solo il sapore dello scaricabarile…

LA FEDE CE L’ABBIAMO, E’ IL RESTO CHE MANCA

Forse mi ero illuso. Ho combattuto con la mia parte razionale, per nascondere la verità. Il Verona è un malato terminale ed ormai non c’è più nulla da fare. Credevo, pensavo, mi illudevo: Sarri, nove acquisti, Galli. Invece il disegno perverso di qualche mercante che ahinoi ha guidato l’Hellas in questi ultimi anni, si è probabilmente realizzato. Il Verona è laggiù, in fondo al baratro, sempre più giù, sempre più in fondo al baratro.

E nulla e nessuno sembra in grado di risvegliarlo da questo coma. Ci vorrebbe, forse la miglior equipe di ER, ma credo che anche loro, a questo punto, potrebbero fare qualcosa. Il trend negativo continua, gli errori anche, le illusioni pure. Come chiamare altrimenti quella marea gialloblù che anche domenica ha investito Venezia? Illusione pura, dettata da un amore senza confini, che più la mandi giù più viene su, come nella pubblicità del caffè.

Ma l’Hellas, questo Hellas, è solo fonte di amarezza. Gli errori si sono assommati ad errori, le gestioni alle gestioni, ed oggi solo un miracolo potrebbe far arrivare alla salvezza. Troppo pessimista? Non credo, forse solo realista. William Da Silva farebbe arrendere anche nostro Signore, che pure aveva detto a Lazzaro: alzati e cammina. E se insisitiamo su di lui è perchè non è arrivato nessuno in grado di fare meglio. Ci voleva un mezzo risultato, anche un po’ di c… per dirla alla Sarri, ma niente s’è visto di tutto questo. Ed ora resta solo lo sconforto per un campionato nato male, proseguito peggio e che sta chiudendosi in modo drammatico.

Chiunque arriva a Verona pare sia fagocitato dalla mediocrità, mentre appena uno se ne va pare rivitalizzato. Ma come, mi chiedevo oggi mentre conducevo Tuttocalcio: "Cossu titolare a Cagliari?". Si Cossu, quell’essere che pareva un’ectoplasma in riva all’Adige se n’è andato a Cagliari e gioca titolare in A. E gli altri? Tutti titolari, tutti con bei voti. Allora forse siamo noi, forse l’aria del Baldo non è più quella di un tempo, forse è una maledizione. Forse più semplicemente paghiamo errori e malafede e incapacità gestionale. Almeno che serva a questo tutto il calvario che stiamo patendo. A fare piazza pulita e a ripartire da zero. Almeno che non arrivi ‘sto miracolo. La fede ce l’abbiamo è il resto che manca…

ELOGIO DI DUE COLLEGHI

Cresciuti a pane, Fioravanti e Puliero. Valentino Fioravanti (papà di Luca) è stato (è) un grande cronista. Era all’Arena quando io iniziavo a fare questo mestiere. E per me, che allora scrivevo sul Gazzettino, avere anche una mezza notizia in più era come toccare il cielo con un dito.Valentino ci aveva affascinato durante a nostra adolescenza con la sua prosa "breriana", i suoi insuperabili soprannomi, le sue cronache sempre puntuali. Quando cominciai a fare questo mestiere, solo per il fatto di potermi confrontare con lui significava per me tantissimo. Ma batterlo per quanto riguarda il Verona era impossibile. Davvero. Valentino sapeva tutto, aveva mille informatori, conosceva ogni mattone del Bentegodi.Era come se vivesse dentro lo spogliatoio e dentro la società 24 ore al giorno.Ed infatti era così. Perchè Valentino applicava alla perfezione, quello che, purtroppo, oggi tanti giovani colleghi hanno dimenticato (tranne eccezioni, naturalmente). Valentino Fioravanti, non lavorava per telefono, era lì al campo. Sempre. Arrivava con la sua Golf cabrio, seguiva tutto l’allenamento, poi aspettava che i giocatori uscissero, scherzava con loro, strappava battute. Vi racconto questo piccolo aneddoto per farvi capire meglio. Un giorno (era il tempo di Caniggia e Troglio), in mezzo alla nebbia, ebbi la fortuna di incontrare Chiampan che usciva dalla Curva Maratona (gli spogliatoi erano stati spostati lì, mi pare per i lavori di Italia ’90).Eravamo soli io e Chiampan. In mezzo alla nebbia. E Chiampan mi fece una dichiarazione di una certa importanza. Felice come una Pasqua tornai in redazione, convinto che finalmente il giorno dopo avrei tirato un "buco" a Fioravanti.

Alla mattina mi alzai prestissimo per leggere l’Arena e vedere se Valentino aveva quello che io avevo scritto. Sapete come andò? Nella cronaca di quella giornata Valentino scrisse testuale: "Ieri Chiampan, parlando con un cronista, ha anche detto…". E c’era riportato esattamente quello che Chiampan mi disse il giorno prima. Ma come diavolo aveva fatto? Ripeto: eravamo io e Chiampan, da soli, in mezzo alla nebbia…Boh. Qualche anno dopo parlando con Claudio Calvetti, il braccio destro di Landri in quel Verona, ho saputo che Valentino andava persino a sentire se le auto parcheggiate sotto la sede avevano il motore caldo per capire se qualcuno si era mosso oppure no…

La prosa di Fioravanti mi ha accompagnato come le radiocronache di Roberto Puliero. Diciamoci la verità: lo scudetto avebbe avuto un sapore diverso senza Puliero. Anche lui meriterebbe di essere dentro la squadra dello scudetto, come dodicesimo. Puliero ha inventato uno stile, un modo di raccontare, ma Puliero ha soprattutto un altro merito: è la persona intellettualmente più indipendente che esiste al mondo.

Anche oggi che è stato "imbrigliato" dentro questo assurdo system della "radiocronaca ufficiale", Puliero ha mantenuto un’obiettività senza paragoni. Con lui non ne ho mai parlato. Ma non deve essere semplice essere sospettato di essere il "radiocronista ufficiale" della società. Infatti Roberto ha subito allontanato questo sospetto affrontando i temi alla sua maniera. Dimostrando coraggio e intelligenza. Spero che per questo atteggiamento nessuno mai si sogni di mettere in discussione Puliero. Scusate il paragone: sarebbe come mettere in discussione il papa durante l’Angelus in Vaticano.

LA PUNTA DAL DRIBBLING UBRIACANTE

 Patente ritirata, tasso alcolemico fuori norma, addirittura un ricorso al giudice di pace di Treviso per farsi ridare la licenza di guida sospesa. William Da Silva è di nuovo nel mirino di critica e tifosi. Ieri nelle interviste sembrava un giocatore pronto a dare tutto per il Verona, oggi esce questa notizia della patente ritirata per una notte “brava” a Treviso lo scorso novembre. Lo scandalo è servito. Un bomber (che bomber non è) che non fa vita morigerata e che continua a tradire. Ma mi rifiuto di iscrivermi al partito dei moralisti. Primo perchè sinceramente non m’interessa che cosa fa alla sera “bomber Da Silva”. Secondo perchè proprio a Verona abbiamo mitizzato personaggi come Zigoni ed Elkjaer che facevano della trasgressione e di un certo modo di vivere la vita il loro biglietto da visita. Il problema allora è un altro. Da Silva fa schifo in campo perchè va a farsi gli spritz a Treviso o farebbe schifo comunque? E se Da Silva oggi avesse segnato dieci gol, saremmo qui a scandalizzarci per una patente ritirata? Zigoni sfasciava Porsche a iosa, metteva in fila le conquiste femminili, sparava con la pistola ai lampioni di Veronello, si metteva la pelliccia quando andava in panchina e qualche volta segnava. Era (è) un mito. Il povero Da Silva, invece passerà alla storia solo per il suo dribbling “ubriacante”. Almeno che… da oggi in poi non s’inventi qualcosa (tipo fare tanti gol) che consegni al Verona la salvezza. A quel punto, lo spritz glielo pagheremo volentieri noi. O no, butei?

DIMMI CON CHI VAI E TI DIRO’ CHI SEI…

 

Vecchia e annosa questione: ma quanto conta il Verona oggi per il Palazzo (Lega, arbitri, federazione)? Poco come lascerebbe presupporre un trattamento, diciamo così, non di favore o tanto come invece vorrebbero storia, blasone, trofei vinti, numero di abbonati? L’impressione è che il Verona da qualche anno almeno, di santi in paradiso ne abbia davvero pochi. E questo è dovuto a tanti fattori. Per esempio: è chiaro che per i media nazionali una squadra ha valore anche in virtù di quanti soldi ha da spendere il proprio padrone. Così, una squadra media come il Parma ha immediatamente considerazione visto la serietà e la disponibilità economica di Ghirardi. Idem per Cairo a Torino e Ruggeri a Bergamo. Il Verona di Pastorello, questo non lo aveva. Nè il Verona di Arvedi. Il Conte ha colpito l’immaginario collettivo fuori di Verona per questa amena villa di Cavalcaselle, per il suo modo ruspante di fare, ma immediatamente la credibilità è scesa sotto lo zero quando ha scelto i suoi più fidati collaboratori. Dimmi con chi vai e ti dirò chi sei, dice un vecchio adagio. E anche per Arvedi è successo così. A questo va aggiunto che non s’è fatto nulla, ma proprio nulla per rompere con il passato. Il fantasma di Pastorello (e forse non solo quello) ha continuato ad aleggiare sul Verona anche dopo il suo addio ufficiale. Ma troppi indizi hanno fatto capire che l’era Pastorello non era affatto finita. Per prima cosa le dichiarazioni di Cannella che disse (testuale) di essere stato portato a Verona proprio dal vicentino. E poi quei giocatori (quelli con maggiore valore) che hanno lasciato Verona a parametro zero senza che nessuno a Corte Pancaldo facesse almeno finta di fermarli. Lasciando stare Italiano, ma Adailton e Pegolo sono stati due casi che ho definito in passato "omicidi" contabili. Almeno che non ci fosse un patto segreto con Pastorello, una specie di buonuscita, visto che entrambi sono finiti dentro il bilancio del Genoa di cui Gb è anche socio (e pare per una cifra vicina agli otto milioni di euro, vale a dire, più o meno il valore di Adailton e Pegolo…). Insomma, legami oscuri e per niente chiari che non hanno aiutato di certo il Verona nell’avere credibilità con le istituzioni. Non possiamo dimenticare, poi, che questa debolezza è sfociata nelle accuse razziste rivolte all’intera città. Un manipolo di cretini (presenti ovunque a Milano come a Roma e forse anche in proporzioni più grandi) è stato scambiato con tutta la tifoseria del Verona. Un gioco al massacro, che al contrario di altre piazze, non ha trovato nessun difensore all’altezza. Gli esempi ormai non si contano più del doppiopesisimo con cui viene affrontata la questione razzismo-violenza. Basti pensare agli ultimi avvenimenti. I cori razzisti per Vieira e Balotelli, impuniti, o i fischi di Firenze per la mamma di Berlusconi o la bomba carta dei milanisti sul minuto di silenzio per Raciti. Che cosa sarebbe successo se tutto questo fosse successo a Verona? Ma più semplicemente: ve lo immaginate se otto tifosi dell’Hellas fossero stati arrestati a Cava o se i veronesi avessero portato allo stadio una bomba carta come quella fatta esplodere domenica al Bentegodi? Anche questo ci fa capire che la strada per avere almeno lo stesso trattamento degli altri è lungo e difficile e passa per forza di cose attraverso l’opera (e anche i risultati sportivi, perchè no?) della squadra e ancora prima della società. Arriviamo ad oggi e alla piccola protesta di Galli nei confronti degli arbitri. Qualcuno l’ha definita un alibi per nascondere le magagne della squadra, io più semplicemente lo chiamo un segnale. Un piccolo segnale sonoro che Galli e (spero) anche Cipollini hanno voluto dare all’ambiente. Ascoltate bene cosa ha detto Galli ieri: "Non so se qualcuno vuole fare scontare a questa società delle colpe

FINCHE’ C’E’ “VITA” C’E’ SPERANZA

Come si fa a essere ottimisti dopo una partita così? Non chiedetemelo. Non lo so. Anche questa sembra la classica annata in cui va tutto storto e mentre stai affondando c’è; pure qualcuno che ti tira i sassi in testa. E’ dura dare delle risposte. Certo, Galli e la società hanno responsabilità gigantesche. Arvedi ne ha combinate di tutti i colori quest’estate (con il suo tirapiedi Cannella), al mercato di gennaio non è arrivata la punta che ci si aspettava, la pedina più importante. Però pure un supercritico come me, non può che pensare a questa supersfiga (tutto super…) che ci perseguita. Anche con la Cavese, due traverse prese, un errore incredibile a due passi, un rigore non dato. E’ perchè manca l’attaccante? No dai, non è solo quello. La verità è che raddrizzare queste situazioni è terribilmente difficile. Per questo nelle società di calcio si parla di progetti, di programmi, di programmazione. A Galli (che pure ha accettato) Arvedi ha chiesto un tuffo carpiato con doppio avvitamento. Contemporaneamente gli ha pure chiesto di fare il giocoliere e di pattinare sul ghiaccio. Adesso lo stesso compito tocca a Sarri. Non è facile. Ma come urlavano ironicamente dalla Curva: "Vita, vita, vita". E finchè c’è vita, si sa, c’è speranza…

ANCHE QUEST’ANNO MANCA LA PUNTA

Manca la punta. O meglio ce ne sono tre (o cinque se ci mettiamo anche Cissè e Iakovleski). Solo che non segnano. E’ una notizia? No, siamo a Verona, bellezza, direbbe Humphrey Bogart. Serviva un attaccante ma Galli non è riuscito a portare nessuno. E questo va, inevitabilmente, a condizionare il giudizio sul lavoro del dg veronese. Troppo importante dare a Sarri un bomber per puntare al 6 nel voto di questa campagna acquisti. Nonostante i nove arrivi e una squadra che è stata rivoltata dalle fondamenta. Posso raccontarvi però quello che ho visto ieri a Milano. Galli le ha provate veramente tutte. E, sinceramente, non credo fosse una questione di soldi. Questo me lo confermavano anche gli operatori di mercato a cui Galli si rivolgeva per avere notizie di questo o di quello. Me l’ha detto, per esempio Aladino Valoti. Solo che Nicola Ferrari (ottimo giocatore, secondo Valoti…) proprio non si poteva muovere. Me l’ha riferito anche Perinetti del Bari: solo che loro Santoruvo proprio non potevano darlo via (pena la ribellione di una piazza già inferocita) e via discorrendo. Se a questo si aggiunge che Guidetti è rimasto allo Spezia, che Martinetti non s’è mosso da Arezzo, che Colombo ha preferito giocarsi la A col Pisa e che Tulli voleva la B ed era già d’accordo con il Piacenza, si capisce meglio in quale contesto ha lavorato Galli, che come i salmoni, doveva anche lottare controcorrente con Morante che rifiutava qualsiasi trasferimento al Sud (il Taranto offriva cifre imponenti per averlo…). Io credo che la chiave di tutto siano stati i due gol che Federico Cossato ha segnato sabato con il Cesena. Perchè ho subodorato (non chiedetemi di più…) che era questa la vera pista perseguita da Galli. Cossato stava per essere messo fuori rosa dal Chievo e il Verona era pronto a offrirgli un biennale importante. La doppietta di Fede ha complicato i piani. Sia al Chievo, ma soprattutto al Verona. Però è andata così e il Verona dovrà giocarsi la salvezza con Morante, William e Altinier (più Cissè e Iakovleski). Per me è un’impresa ardua, soprattutto se Morante è quello che s’è visto sino ad oggi. Però Altinier è un bell’ariete e se segna Temelin a Cremona può segnare anche lui a Verona. E in fondo William ha fatto quattro gol (uno in più dello  sbandierato Muzzi del Padova che ne ha fatti tre), Cissè sta giocando in Coppa d’Africa ed è una delle rivelazioni del torneo, Stamilla può segnare come alla Sangiovannese (vice bomber in C1 con 8 gol). Si chiama bicchiere mezzo pieno, no? E che altro ci resta da fare se non sperare?