UNA NOTTE AL MUSEO (DELL’HELLAS)

Ricordi. Mostre, musei, cimeli. La maglietta di Pippo Inzaghi, quella (bianca, una rarità) di Ciccio Mascetti, le scarpe (scarponi) di Garella, il contratto di Beniamino Vignola, le sedie del vecchio Bentegodi, lo striscione delle Brigate Gialloblù, il tricolore che nel giorno della gara con l’Avellino al Bentegodi era volato in aria. Ricordi… Mille e una partite, mille e una emozioni. Belle, brutte, odiose… Ricordi… Velati di tristezza, perchè legati a momenti fuggenti che ci sono stati solo per un attimo e ora vivono solo nella memoria. Il Verona è una squadra piena di ricordi. Un collante, l’unico che tiene ancora insieme una tifoseria calpestata e umiliata che ha saputo gioire ma anche soffrire…

Ricordi… Le squadre del subbuteo con la casacca dell’Hellas, il Topolino con i tre porcellini gialloblù, i dischi di Puliero, quello di Dirceu, gli inni, i biglietti, gli abbonamenti… Ma anche tanti campionati di B, quello di Cadè, l’ultimo prima dell’arrivo dell’Osvaldo da Cesena,  che per un pelo non si va in serie C, la maglia di Guidolin che Bagnoli preferiva al brasiliano “amigo” di tutti, quella di Guidetti, quella mitica del pre-scudetto, la tuta che la squadra indossava in un poster che avevo nella mia cameretta e che ricordava il primo traguardo di quel Verona: campione d’inverno con Briegel e quel matto di Elkjaer che correvano felici sotto una nevicata all’antistadio imbiancato.
 
Continuano a chiedermi come si fa a vivere di ricordi se non siamo stufi di parlare dello scudetto, se quei ricordi non sono in fondo la nostra ancora che ci tiene lì fermi sul fondo e ci impedisce di tornare a volare. Credo che un po’ di verità ci sia, che una società di calcio e i suoi tifosi (più la prima che i secondi…) debbano pensare al giorno dopo e debbano guardarsi indietro ma solo per un attimo, pronti (sempre più la prima che i secondi…) a programmare solo la prossima vittoria.
 
Ma come si fa a non ricordare quel giorno, quei giorni, il gol senza scarpa di Elkjaer, la mano di Bettega, Van Basten che si toglie la maglia, Wurtz e gli Agnelli, Mascetti, Gibellini, Penzo, Zigoni, Elkjaer? Non per specchiarsi in questo struggente passato, ma almeno per dire a quelli che verranno (dopo, speriamo…) che noi siamo questi, che questo è il Verona, che con il Verona non si scherza e non si fanno gli affari, che è ora di finirla di prendere in giro la gente, che l’Hellas è una società (lei sì…) nobile e gloriosa. Possiamo dirlo questo o ci volete togliere anche l’ultima cosa che ci rimane? I ricordi, appunto…

CRONACHE DAL TUNNEL, LA NOSTRA CASA

La sapete quella battuta? Ormai vivo nel tunnel, è ora di arredarlo. Sembra il destino di noi tifosi del Verona. Dentro al tunnel, come una condizione di vita, altro che precariato.

Ormai passiamo da un play-out all’altro, da una gara della vita all’altra, con una nonchalance che fa invidia. Roba da psichiatra altro che psicologo. Chi me lo fa fare? Ma non potevo nascere tifoso del Milan o anche più semplicemente del Chievo? No, tifoso del Verona.

Ricapitoliamo le puntate precedenti: 24 giugno 2001, serie A: spareggio play-out a Reggio Calabria. Lì ci andò bene grazie a Michele Cossato che al minuto 42 del secondo tempo andò a segnare un gol che mai più nella vita avrebbe fatto. 5 maggio 2002: trasferta della vita a Piacenza. Il Verona aveva due risultati su tre. Finimmo in serie B per un solo punto ad una quota che fino a quel momento aveva sempre significato salvezza. E poi: spareggio con lo Spezia. E fu C1. Per un maledetto gol che non è arrivato.

E adesso gara di Manfredonia, in uno stadio da calcio balilla (ma avete visto la foto sull’Arena di Previdi e Arvedi seduti su due trespoli?). Ancora play-out, stavolta a Busto Arsizio contro la Pro Patria, che una volta ma un miliardo d’anni fa (tra gli anni ’30 e ’50) era una squadra di serie A. Un tunnel che non finisce mai, altro che quello della Manica che unisce Francia e Gran Bretagna.

Adesso dunque l’appuntamento è per il 18 e il 25 maggio.

PS. Qui nel tunnel comunque tutto bene, sono arrivati i primi mobili e contiamo, visto l’affollamento, anche di mettere l’aria condizionata. A presto.

TOSI HA VINTO I PREGIUDIZI. STAVOLTA NON BISOGNA TRADIRE LA CITTA’

Il sindaco di Verona Flavio Tosi si è battuto come mai prima un politico aveva fatto, per permettere ai tifosi dell’Hellas di seguire la propria squadra in trasferta. E’ chiaro che Tosi ha “agito” parlando direttamente con quello che sarà il futuro ministro degli interni nel governo Berlusconi, cioè Roberto Maroni. Alla fine, oltre che grazie alla vicinanza politica con Maroni, Tosi ha comunque tessuto una tela perfetta. E, in buona sostanza, ha vinto diffidenze e stereotipi costruiti da anni di informazione distorta che però, dobbiamo dirlo, ha avuto buon gioco a farlo anche a causa di un manipolo di deficienti che hanno gettato oltremisura il discredito su tutta la città.

L’opera del sindaco, va dunque annoverata tra le sue prime importanti battaglie politiche vinte.
Ma è chiaro che ora la palla passa decisamente ai ragazzi che domenica con la consueta passione seguiranno il Verona a Manfredonia. Stavolta il loro compito trascende quello di tifosi veri e propri. E mai come in questa occasione saranno i veri e propri rappresentanti della nostra città. E’ chiaro, ed è fin troppo facile immaginarlo, che il loro comportamento sarà messo sotto esame, dalla partenza all’arrivo. Prima, durante e dopo la gara. Mai come domenica, dunque, il comportamento dei supporters scaligeri dovrà essere sportivo e corretto.
 
E’ altresì chiaro, che se dovesse succedere qualcosa, soprattutto dopo gli strepitii arrivati da Manfredonia, c’è il rischio di una gigantesca strumentalizzazione. Ed infine è evidente che se dovesse succedere qualcosa, stavolta tutti, ma proprio tutti, sindaco di Verona in testa, prenderebbero le distanze. La responsabilità è quindi altissima. Siamo certi, che come è successo tantissime volte, i tifosi che andranno a Manfredonia capiranno la delicatezza del momento e si asterranno, con la consueta intelligenza dal cadere in provocazioni che pure non mancheranno.
Se vogliamo fare un salto di qualità generale, approffittando di un vento, che almeno a livello politico (e speriamo mediatico…) è cambiato, questa è la nostra grande occasione. Non sprechiamola.

BUTTIAMO VIA LA CALCOLATRICE

Sarò banale. Ma troppe volte abbiamo fatto calcoli e troppe volte siamo stati scottati. Basta il pareggio, due risultati su tre, siamo in vantaggio… Vi ricordate Piacenza? Ferita apertissima. Perchè se è vero che il Verona quella salvezza l’aveva buttata via prima, è anche vero (forse l’abbiamo dimenticato…) che la squadra di Malesani avrebbe potuto benissimo pareggiare per restare in serie A. E forse proprio quella possibilità ci fece affrontare la partita con una certa sufficienza, convinti che quel vantaggio psicologico fosse sufficiente. Idem per lo spareggio della scorsa stagione con lo Spezia. Quanti calcoli… Bastava pareggiarle tutte e due e il Verona si sarebbe salvato. Invece lo Spezia vinse all’andata (grazie signor Cutolo…) e il Verona non riuscì a segnare neanche un golletto al ritorno. E arrivò un’altra retrocessione. Adesso la storia si ripete. Il Verona va a Manfredonia favorito (si può anche perdere 1-0 per arrivare ai play-out…), ma proprio l’esperienza ci deve insegnare che l’atteggiamento della squadra deve essere ben diverso. Sperando anche che il Verona visto con il Novara sia solo un lontano parente… Non so infatti quanti Espinal giochino a Manfredonia…

SE SALVEZZA SARA’, NON VENITECI A PARLARE DI LACRIME, SUDORE E SANGUE

Non so come andrà a finire questo campionato. Ma una cosa è sicura: il Verona ultima versione è diventato una squadra. E non per caso. Ma perchè sono arrivati giocatori di personalità che hanno cambiato l’aria dello spogliatoio e innescato il classico ciclo virtuoso. Mi riferisco a Bellavista, Stamilla, Garzon. Accanto a loro sono cresciuti in maniera esponenziale Corrent (mai visto così), Cissè (un potenziale campioncino), Di Bari (anche lui un nuovo arrivato, generoso fino alla commozione). Grazie a loro l’Hellas ha oggi molte speranze di salvezza. Non posso dimenticare naturalmente Davide Pellegrini, che con estrema semplicità, ha riportato ordine nelle caotiche vicende scaligere. La capacità di stare in campo, la personalità dimostrata anche a Pagani, il cinismo di portare a casa un risultato utile, sono tutte doti che non devono andare disperse.

Lo dico in tempo utile ma perchè sia chiaro: se vogliamo davvero ritornare in serie B, bisogna ripartire da qui. Da questi giocatori e da questo nucleo. A salvezza acquisita (speriamo) naturalmente. Scrivo queste cose, perchè ho annusato l’aria. Non vorrei mai che tra qualche mese venisse proposto alla piazza il solito refrain. Dobbiamo costruire un ciclo, servono due o tre anni, questo è l’anno zero, ci aspetta una stagione di lacrime, sudore e sangue (ricordate?). Tutti discorsi che abbiamo sentito e che non potremo accettare.

Già vedere il Verona in C1 a lottare per la salvezza è una vergogna. Stiamo trepidando (e ci esaltiamo pure) per questa salvezza e lo facciamo perchè siamo veramente innamorati di questa squadra. Ma pensare ad un piccolo cabotaggio in C1 mai e poi mai. Arvedi (o chi per lui…) ci deve pensare su bene. Tanto più che proprio questa ultima parte di stagione sta offrendo sul piatto d’argento l’occasione giusta. Si deve ripartire dagli uomini che stanno dimostrando grande attaccamento (penso, ad esempio a Bellavista) e da questo allenatore. E’ chiaro che trattenere alcuni giocatori costerà qualcosa dal punto di vista economico (ingaggi importanti etc.) ma è un sacrificio indispensabile per riportare il Verona in alto. E per favore: non veniteci a parlare ancora di lacrime, sudore e sangue. Abbiamo già dato.

TUTTI IN PIEDI PER CISSE’: ECCO QUELLO CHE LE TIVU’ NAZIONALI NON VI FANNO VEDERE

Non voglio dilungarmi con questo post: voglio solo invitarvi a cliccare su questo link. E’ l’uscita dal terreno di gioco nella gara contro il Lecco di Karamoko Cissè (vedi), giocatore africano dell’Hellas Verona. Ho lasciato volutamente il live degli applausi e della commovente standing-ovation che il Bentegodi ha tributato a questo ragazzo. Mi piacerebbe che qualcuno l’avesse sottolineato. Magari quelli che credevano che il Verona in C1 avesse solo una squadra di bianchi. Vedremo se tra qualche anno, quando Cissè giocherà nel Milan, nella Fiorentina o nella Juventus qualcuno, una sera, facendo delle pagelle televisive si ricorderà di raccontare questo episodio…

NON E’ VERO… MA CI CREDO

Non è vero ma ci credo. Porca miseria, ma a voi non vi capita mai? Metto la giacchetta da gelataio in trasmissione (in realtà un’elegante giacca a righe bianco-azzurre…) e facciamo due vittorie. Allora mi viene da pensare che ci sia qualcosa sotto. Non è vero, ma… Vi è mai capitato di salutare uno prima di una partita e poi si perde? Dai… è successo a tutti. El porta sfiga. E la volta dopo quando lo vedi, una toccatina alle chiavi che hai in tasca la dai sempre… E poi in tribuna stampa: gufi a non finire. Non faccio nomi: ma c’è uno che va via dallo stadio sempre prima della fine della partita. E appena si alza, il Verona segna. Provato, quasi al limite dello scientifico. C’è poi anche un’altra teoria. La strada per arrivare allo stadio. FON-DA-MEN-TA-LE. Una volta (derby di ritorno con il Chievo, anno di serie A…), sono passato sotto la Curva Sud perchè un vigile (forse del Ceo…), mi ha fatto cambiare strada. Abbiamo perso. Mai più passato di lì. Capitolo “ex voto”. Dopo lo spareggio di Reggio Calabria, avevo promesso di andare in bicicletta fino alla Madonna del Frassino. Siccome ero leggermente sovrappeso (leggermente…), ho rimandato. Rimanda oggi, rimanda domani (domani mi metto a dieta, anzi da lunedì), non ci sono andato. L’anno dopo serie B con Malesani. Per un punto. Porca vacca, me son messo a dieta e mai più ho sgarrato. Adesso sono in forma e in bici posso andare anche fino alla Madonna della Corona. Non si sa mai. Prima del derby con il Chievo (sempre loro…) quello del 3-2, io e Stefano Marchesi, l’ex addetto stampa, decidiamo che in caso di vittoria ci saremmo fatti tatuare la scala dell’Hellas. Al lunedì avevo già l’appuntamento dal tatuatore e la scala ce l’ho sul bicipite destro. No, però che l’abbia portà tanta fortuna… Ma come faccio a cancellarla? Quella resta lì, in A, B, C1 o C2. Intanto ci provo con la giacchetta da gelataio. La metto anche domenica prossima, non preoccupatevi…

PRANDELLI IMMENSO: A FIRENZE STA FACENDO QUELLO CHE VOLEVA FARE A VERONA

Non ho molti amici nel mondo del calcio. Tante conoscenze, certo, ma amici veri non molti. Li conto sulle dita di una mano: Nico Penzo, Mike Cossato, Massimo Ficcadenti e Cesare Prandelli. Quattro persone per bene, quattro grandi della storia dell’Hellas. Gente vera che dice sempre pane al pane e vino al vino. Gente che ha sofferto e che soffre quando viene messa in dubbio la loro lealtà. Prandelli è il più grande allenatore che ho conosciuto. Lo spessore morale della persona è sotto gli occhi di tutti. Cesare è un puro, uno che non ha mai dimenticato (appunto) gli amici. Ci sentiamo spesso con lui. Io e Stefano Rasulo siamo andati più di una volta a casa di Cesare, a Orzinuovi, dove vedendo il paese, il "mitico" campetto dell’oratorio davanti alla vecchia casa di famiglia, puoi capire perfettamente chi è Prandelli. Una persona semplice con cui puoi passare una sera intera a parlare di calcio, tre o quattro ore che ti arrichiscono personalmente perchè Cesare è intelligentissimo e mai banale.

Ieri sera quando ho saputo che la Fiorentina era passata in Coppa Uefa, ero felice per lui, ma sono stato anche assalito dall’amarezza. Proprio perchè conosco bene Prandelli, so come la pensa sul calcio, so qual’è la sua filosofia, vedo nella Fiorentina quel progetto che Prandelli voleva far decollare anche a Verona e che Pastorello ha impedito nel nome di un business esasperato. Prandelli non vuole allenare grandi calciatori. Li vuole costruire. Dentro il famoso progetto. Per lui è molto meglio avere Montolivo che Vieira. Identifica l’Idea (I maiuscola voluta) con il suo lavoro. Pastorello che pure con apprezzabile sagacia aveva puntato sulle sue doti, non aveva capito questo. O meglio: in nome dell’affare a tutti i costi mandò a p…ne quel fantastico Verona.

I due litigarono quando Prandelli capì che Pastorello avrebbe distrutto il "suo" giocattolo quello che con tanta pazienza lui aveva costruito. Vendendo Brocchi, Marasco, Cammarata e compagnia bella, Pastorello aveva azzerato il lavoro pignolo di Prandelli. Ricordo come se fosse oggi quando Cesare disse a Pastorello che lui sarebbe rimasto a Verona gratis se Pastorello avesse desistito dalla grande cessione di massa. Pastorello sbiancò in viso e lasciò che Cesare se ne andasse a Venezia a casa di Zamparini. Fu quello anche il primo caso di una cessione di un allenatore. E già: perchè Pastorello grazie a Prandelli si fece saltar fuori un paio di giocatori e il professor Agnolin.

Dopo quell’esperienza negativa, Prandelli ha passato il resto della sua carriera a cercare di ricostruire quel giocattolo che aveva visto distrutto a Verona. E non serve essere dei geni per capire che a Firenze Prandelli ha portato molti di quei giocatori che erano stati con lui a Verona.

Oggi che Prandelli è tra i più quotati allenatori italiani (per me il più bravo) si capisce anche che non andò via da Verona per l’ingaggio di Zamparini, come qualcuno (Pastorello) volle far credere. Potrebbe fare la stessa cosa oggi a Firenze, visto che l’Inter di Moratti (pare, non gliel’ho mai chiesto) lo vuole a tutti costi. Ma visto che a Firenze, con i Della Valle e Corvino, esistono quei presupposti che Cesare cercava anche a Verona, Prandelli ha dichiarato di voler essere il "Fergusson" dei viola. Ecco cosa vuol dire "sposare un progetto"…

Io spero francamente di no. Non tanto perchè voglio che Prandelli vada all’Inter, quanto perchè ci terrei da matti che Cesare tenesse fede

SEMPLICEMENTE VITO, STORIA DI UN BRAVO RAGAZZO CHE CREDEVO UN BROCCO

Semplicemente Vito. Ma chi lo avrebbe detto quando Galli lo ha preso dal Taranto che le speranze di salvezza del Verona sarebbero state legate a questo ragazzone nato a Trani (compie oggi, 25 anni, auguri)? In redazione quel giorno ci siamo guardati in faccia: Di Bari? Di Bari chi? Ma dai, la solita bufala…

Poi è arrivata la gara con il Legnano: eccolo lì Di Bari. Liscio, controliscio, liscio con fagotto. Di Bari, appunto la solita bufala. Certo il Bentegodi per uno che è sempre stato in C1, è capace di ammazzare chiunque. Quando dal campo vedi la gente lassù e dici, oggi gioco per il Verona: se appena ti affiora un dubbio, zac… sei fregato.

Se poi Sarri ti ha appena ripassato quei duecento movimenti, se le gambe ti tremano, se… Ficcadenti mi ha sempre detto: “Non è che tutti possono vestire la maglia del Verona. Per venire qui ci vuole anche un grande carattere e una grande personalità”. Ecco, Vito Di Bari per me era catalogato lì: uno di quelli che la maglia del Verona la doveva solo collezionare.

Ma a Busto Arsizio ho avuto il primo ripensamento: il gol, la prima vittoria esterna, la faccia pulita di questo ragazzone che nelle dichiarazioni quando gli dici che gioca per il Verona, gli brillano gli occhi e il sorriso diventa da Durbans…

E poi quell’intervista rilasciata al nostro Alberto Fabbri la scorsa settimana, la sua sincera (quasi demodè…) fede in Dio (vedi l’intervista), accanto ad una feroce determinazione, me lo ha fatto diventare simpatico.

Sì, è giusto così: Di Bari è stato premiato, ha segnato il gol del successo di Monza (ancora al 92′!), ed oggi è il vero simbolo di questo Verona che cerca di non crollare all’inferno.

Un giocatore sconosciuto, arrivato in gialloblù chissà per quali vie, battezzato “brocco”, ma orgoglioso e onorato di essere qui. Bravo Di Bari: per me sei un esempio. E spero che il nuovo Hellas, rinasca partendo anche da gente come te. Stamattina, (lunedì) mi hai appena confessato in diretta a Radio Adige, che il tuo sogno è continuare a vestire la maglia del Verona. Lo spero, fortemente, anch’io. E scusa se ti pensavo solo una bufala…

SPERIAMO SOLAMENTE CHE NON SIA UN PESCE D’APRILE

L’incontro tra l’assessore allo sport Federico Sboarina, il sindaco di Verona Flavio Tosi e il bancario (ex, anzi "esterno" come ha precisato la banca) di Unicredit Mario Aramini è stato a mio avviso molto importante. Non tanto per una clamorosa svolta nelle trattative per la cessione del Verona (che non c’è stata) ma perchè quando delle istituzioni iniziano un dialogo nuovo (e alla luce del sole, grazie anche alla nostra puntuale informazione…) è sempre un momento “storico”.

Credo, e spero di non sbagliarmi, che da oggi sia andato completamente in soffitta il vecchio modo di agire. Trattative sotterranee, viziate da notizie spesso infondate, o peggio artatamente costruite da chi è parte in causa. Un balletto di cifre, di bilanci più o meno ufficiali, di incontri “segreti”, di voci e di sussurri. Tutto questo ha alimentato in questi anni, ma soprattutto in questi ultimi mesi, un vergognoso balletto che ha creato un vero e proprio black-out a livello informativo. Chi ha dato credito alle “soffiate” in esclusiva di Piero Arvedi ha preso abbagli a dir poco clamorosi. C’è da chiedersi ancor oggi come possano lettori e telespettatori dar credito a chi ha aleggiato la presenza di Percassi e addirittura Berlusconi nella cordata con Lancini, tutt’ora detenuto nelle patrie galere con una fila di reati lunga più di un chilometro. Ora tutto questo non può più avvenire. Quando un esponente della più importante banca italiana (Unicredit) contatta a nome della storica società di calcio cittadina,  il primo cittadino, gli alibi sono finiti. Aramini credo sia il primo a sapere che con Tosi, cioè con noi veronesi, non si può barare. Il sindaco in questo momento, ancora più che in ogni altra situazione, è un garante di tutti noi cittadini, a prescindere da colori e schieramenti politici. Se a Tosi si dice una cosa qualunque sia, questa non può essere smentita il giorno dopo.

E’ chiaro che questo primo incontro, proprio per la delicatezza dell’argomento, non poteva scaturire in clamorose decisioni. Ma le notzie in nostro possesso sono comunque confortanti. Se davvero Aramini, d’accordo con Arvedi, avesse deciso di scorporare l’Arilicense (e i suoi debiti) dall’Hellas Verona, si potrebbe gridare al miracolo. Ora si tratta di capire che valore viene dato all’Hellas, ma a questo punto ritengo che le cifre siano molto più abbordabili per chi vuole acquistare. E anche sulla proprietà del Verona, sulle visure camerali che anche oggi a distanza di un anno e mezzo dalla cessione, parlano (provare per credere) di una P&P pastorelliana detentrice della maggioranza delle azioni del Verona, è ora di fare chiarezza.

Anche il sindaco però ha da oggi una missione più delicata. In primis dicendo chiaramente che nessun affare “nuovo stadio” si può avviare se prima non si sia dimostrato con i fatti (cioè con il riportare il Verona in serie A) che non è il business a spingere verso questo investimento calcistico ma solo la passione. E poi non prendendo nemmeno in considerazione, così come un po’ ingenuamente (forse) ha fatto, l’ipotesi di una fusione con il Chievo. Questa strada è sbagliata, errata, contro natura, da qualsiasi parte la si voglia girare. Non è giusta nè per il Chievo, nè per l’Hellas. Il sindaco, da quello che mi dicono se n’è accorto. E sta lavorando, con il solito impegno, per dare finalmente un domani alla società di cui è tifoso. Speriamo che non sia solo un pesce