E ADESSO VEDIAMO SE C’E’ UN PROGETTO

Sono anni che una parola aleggia sui tifosi del Verona: “PROGETTO”. L’hanno sbandierata un po’ tutti. C’era il progetto dei Mazzi, c’era il progetto di Pastorello, c’è stato infine il “progetto-Arvedi”. A forza di progetti il Verona è finito in serie C. Era questo il progetto? Far naufragare la titolata società veronese fino a portarla sull’orlo della sparizione? Può darsi. Ora ci risiamo. Pare che Nardino Previdi, ricomparso sulla scena dopo gli anni dei Mazzi, è tornato per mettere in atto l’ennesimo progetto.

C’è un progetto, dice ancora Arvedi. Ecco il mio progetto, controbatte Nardino. Insomma siamo qui tutti a bocca aperta per sapere che razza di “PROGETTO” ci attende stavolta.

Ma siccome siamo anche un tantino stufi di farci prendere in giro, vorremmo anche noi dire la nostra su quello che noi intendiamo essere un progetto calcistico. Così, quando ci esporranno il loro, potremo dire se è un “buon” progetto o l’”ennesima” presa per i fondelli.

Dunque: un progetto calcistico deve avere per prima cosa ben chiaro l’obiettivo sportivo. E’ fondamentale indicarlo. Salvezza, salvezza tranquilla, play-off, promozione. Io diffiderei tantissimo da chi non indicasse uno di questi obiettivi. Perchè l’obiettivo sportivo è fondamentale per vincolare la società e i suoi giocatori al raggiungimento di quell’obiettivo. E, aspetto non secondario, è fondamentale per un corretto rapporto con la tifoseria. Esempio: si dicesse: “Quest’anno pensiamo solo a salvarci”. Bene, ci sarebbero dei mugugni, delle arrabbiature, ma almeno nessuno si sentirebbe raggirato se poi arrivasse un play-off. Anzi. Ma non è escluso che la società dica: puntiamo ai play-off. E in questo caso tutto l’ambiente sarebbe stimolato al raggiungimento di questo obiettivo.

Per raggiungere questo scopo ci sono delle tappe decisive. La prima: l’allenatore. Il fatto che Previdi non abbia ancora detto se resta o meno Pellegrini e chi sarà la sua scelta, francamente rende già ora fumoso tutto il futuro. La seconda: i giocatori. Non sarò tra quelli che si strappano le vesti se qualcuno di quelli che si sono messi a giocare le ultime dieci partite dell’ultima stagione verranno lasciati andare. Giusto per capirci: non ritengo scandaloso che Zeytulaev non resti a Verona. Se l’uzbeko avesse fatto la metà di quello che ha fatto nelle ultime gare, probabilmente il suo gol di Busto non sarebbe servito perchè la salvezza sarebbe arrivata prima. Sono d’accordo che alcuni stipendi (in relazione al rendimento) sono immorali e chi li percepisce dovrebbe sentirsi in questo momento come un ladro che ruba un lecca-lecca ad un bambino.

Però è anche giusto che la squadra riparta da coloro che hanno dato garanzie. Le valutazioni le dovranno fare i tecnici e non in base a epidermiche simpatie. Ma ci sono alcuni giocatori da cui davvero il Verona (se ci fosse un progetto) dovrebbe ripartire. Penso a Cissè che ha margini di miglioramento incredibili, penso a Leandro Greco (mica può essere sempre così sfigato…), penso a Stamilla. Ecco, se Prisciantelli e Previdi riuscissero a mettere le mani su questi giocatori, allora si potrebbe dire che esiste un progetto. Con il Chievo c’è di mezzo la comproprietà di Iunco? Ebbene che al Verona rimanga Garzon e magari la metà di Cozzolino. E ancora: si è parlato di giova

AVVISO A LOR SIGNORI: LA TIFOSERIA DELL’HELLAS HA ESAURITO LE LACRIME, IL SUDORE E IL SANGUE

Eravamo la Juve della C. Anche se avevano ceduto tutti i migliori. Vado a memoria: via Pulzetti, Pegolo, Turati, Biasi, Gervasoni e la metà di Waigo. E prima via Italiano. In pratica erano rimasti solo gli “ossi” quelli che nessuno voleva. Un solo acquisto: Morante. Ed abbiamo già detto tutto. Salvezza all’ultimo secondo dell’ultima gara dei play-out con conseguente distacco dalla valvola mitralica.

Si riparte: arriva l’estate e ti auguri, in quanto tifoso del vecchio Hellas solo un minimo di sofferenza in meno…

Ti dicono che ci sono i programmi. Nessuno però ha chiesto quali. Si cercherà di risalire? Di andare in B? Per adesso sappiamo che ci sarà un brutale ridimensionamento degli ingaggi. Cioè lacrime, sudore e sangue. Ma non in serie A. Non in serie B. Addirittura in serie C. Ora io dico: volete restare a dispetto dei santi. Avete fatto toccare al Verona il punto più basso della sua storia. L’avete sputtanato trattando con truffatori e andando a prendere valigie di denaro falso in giro per il nord Italia. E ora, invece di puntare in alto si pensa solo a “tagliare”.

Beh sappiate che noi abbiamo finito. Le lacrime, il sudore e anche il sangue…

COSA SALVARE DI ARVEDI (E DELL’HELLAS)

C’è stato un momento in cui ho visto il baratro. Addio, caro, vecchio Hellas. E’ stato un momento lunghissimo, durato praticamente dal gol di Negrini. Vedevo la faccia di Stefano Rasulo da Busto Arsizio, cercavo di capire se potevamo coltivare almeno una speranza. Conosco Stefano da una vita, so leggere le sue parole, il suo sguardo. Non c’era speranza. Stefano sembrava un robot. Il Verona non era in campo. E tutto sembrava svanire. Poi arriva il gol di Zeytulaev, la gioia, l’esultanza. Verona salvo, forse c’è ancora qualcosa da salvare, oltre la C1, categoria infima (e pensa alla C2…).

Ma c’è qualcosa da salvare? Oggi è già tempo di parlarne. Perchè è oggi che nasce il futuro del Verona. Arvedi ha già fatto sapere di non essere disposto a farsi da parte. Addirittura il consulente Aramini ha spiegato che il conte ha una solidità finanziaria pari a 200 milioni di euro. Detto da un bancario, tenuto solitamente ad un certa riservatezza, è una gran bella notizia. I soldi, dunque, non sono un problema. Il Verona, del resto, già ora, ha il più alto monte ingaggi della serie C1. Costa come una medio-alta società di serie B.  A pensare male (a volte ci si azzecca…) è possibile che Aramini abbia detto quelle cose per scoraggiare eventuali compratori al ribasso. Ma questo ha prodotto anche un altro effetto: il tifoso dell’Hellas, che già sta vivendo malissimo al pensiero che Arvedi allestisca un altro circo dei suoi e che di primo acchitto vorrebbe una cessione della società, si aspetta adesso una grande squadra. Ma soprattutto si aspetta un serio programma di rilancio.

E siccome i programmi si fondano sugli uomini, la prima cosa che Arvedi deve portare a conoscenza dei tifosi scaligeri è chi sono i suoi collaboratori. Previdi? Prisciantelli? Pellegrini? Da queste scelte dipenderanno tutte le altre, visto che il problema pare non essere economico. Dopo di che: basta con l’umoralità del momento. Non si può cambiare idea cento volte a seconda dell’ultimo che ha chiamato al cellulare. Questo a mio avviso è il principale difetto di Arvedi (oltre che quello di fidarsi quasi sempre dei peggiori…). Il presidente del Verona compirà gli anni mercoledì (79, auguri), un’età a cui è dovuto rispetto, anche se in molte azioni il bizzarro "contadino" di Cavalcaselle pare più un bambino che un navigato signore.

E adesso alcuni ps:

1PS) Da oggi è fino a data da destinarsi saranno esposte nella redazione di Telenuovo a mo’ di reliquia la giacchetta da gelatar (ancora da lavare, con patacche originals) e la "mitica" cravatta dal verde indefinito con inquietante pittura (pare di tale "Fornasetti"…) indossate dal sottoscritto (la giacchetta…) e dal collega Rasulo (la cravatta…) in questa incredibile cavalcata salvezza.

2PS) Una promessa è una promessa. I bloggatori che vogliono partecipare alla cena (che pagherò io) mi manderanno una e-mail di iscrizione con nome e cognome e nick di riferimento a gvighini@gmail.com. Saranno ricontattati per l’invito ufficiale.

3PS) Ci sarebbe in ballo anche una biciclettata fino a Cavalcaselle. Ne parliamo alla cena.

Ciao e Forza Hellas

I MESSAGGI DI ARAMINI

Quando sento parlare il dottor Aramini, non so perchè, mi viene sempre in mente Gb Pastorello. Stesso tono, stessa capacità di mandare messaggi trasversali, stessa sfrontatezza… Ho letto questa intervista che ha fatto il bravo Andrea Spiazzi su Dnews e mi pare che ci sia molto da dire e da discutere. Innanzitutto Aramini fa sapere che il conte non vende più. Dice testuale: “L’ansia di vendere è passata”. Bene. Siamo contenti. Davvero. Perchè quando Arvedi è stato preso dall’ansia di vendere abbiamo visto tutti cos’è successo. Sembrava di vivere in un film, tipo i “Soliti Ignoti”, con relativo sputtanamento dell’Hellas e di chi aveva creduto a quella gigantesca panzana della vendita a Lancini della Franciacorta.

Poi, altro dato importante che ci riferisce Aramini: “Se salvezza sarà, Arvedi vuole fare una squadra per puntare in alto nel prossimo campionato”. Bene, anzi benissimo. Proprio quello che volevamo sentire. E qui non c’è bilancio che tenga o relazioni disastrose dei sindaci. Perchè ricorda Aramini: “Il Conte è pronto a svenarsi ulteriormente per la squadra”. Anche questa è una buona notizia. Insomma, se veramente restasse Arvedi, non si venga a parlare di lacrime, sudore e sangue.

C’è poi l’ultimo messaggio che Aramini manda. Alla città e chissà a chi. “C’è chi dice che l’Hellas è vicina al fallimento” spiega “con un garante come il conte che ha un patrimonio di 200 milioni. Con lui l’Hellas non ha mai avuto così pochi debiti come ora”. Applausi. Così in un colpo solo e senza nemmeno consultare le dichiarazioni on-line del ministero delle Finanze, abbiamo saputo che il Verona non fallirà mai e quanti soldi ha Arvedi. Nemmeno Pastorello avrebbe raggiunto queste vette ("Sarebbe da folli smembrare questa squadra", "Manca solo la firma", "Mai più in serie B" etc). I tifosi, commossi, ringraziano. E forse, non solo loro…

LA GRANDE OCCASIONE DI MORANTE

Brocco, incompreso o buon giocatore? Il gol di domenica ha sollevato la questione. Chi è veramente Daniele Morante? Poteva essere lui l’uomo giusto, per trascinare il Verona verso la zona play-off, obiettivo minimo dopo la retrocessione della scorsa stagione? Le cifre dicono no. Morante ha segnato zero in campionato, ha sbagliato gol clamorosi, ma peggio ancora: si era presentato a Verona voglioso di sfondare ma solo a chiacchiere. Non è una leggenda metropolitana ma una precisa notizia che arrivava dallo spogliatoio veronese quella che lo voleva in sovrappeso e fuori forma al suo arrivo.

 

Il resto lo ha fatto lui: ha sbagliato gol clamorosi (ricordate a Cremona?) e man mano che passavano le partite (con conseguente calo di pazienza da parte dei tifosi) Morante era sempre più svogliato e involuto. Colpa di chi? Non credo francamente dei tifosi del Verona. Mi pare che siamo lontani anni luce dai casi “scarsa-pazienza-bastava-aspettarlo” (Gilardino?). Mentre infatti Alberto (che pure non aveva dato esempio di vita da atleta…) era un ragazzino e come tale andava giudicato e fatto maturare, Morante è un giocatore che è stato preso per fare la differenza. Subito. Immediatamente.

Altrimenti perchè avrebbe percepito un ingaggio così alto? Non era insomma la solita scommessa. Era l’acquisto “principe” della società, l’uomo che doveva fare gol. Come Totò De Vitis. E’ chiaro che quando ci sono queste premesse in pochi reggono la pressione. Ma vuol dire anche, permettetemi, che se non reggi la pressione non meriti quei soldi e non meriti una maglia importante come quella dell’Hellas.

Ecco perchè non capisco Morante adesso: con chi ce l’ha? Con i tifosi? Con i critici? Secondo me ha perso una grande occasione, sull’onda dell’entusiasmo per quel fantastico gol che ha segnato alla Pro Patria. Chiedere scusa e fare un enorme mea-culpa…

MA CHI SCRIVE IL COPIONE DI QUESTO FILM?

Io un’idea me la sono fatta: ci deve essere qualcuno lassù da qualche parte che si diverte a scrivere storie pazzesche con protagonista il Verona. Altrimenti non sarebbe spiegabile tutto quello che viviamo noi tifosi gialloblù. Facciamo sicuramente parte di un copione di qualche soap-opera ad uso e consumo di qualcuno che ama le emozioni forti. Sennò perchè il gol di oggi lo deve segnare Morante Daniele che fino a questo momento ha fatto zero e tutti lo chiamavamo Ciccio per i suoi chili di troppo?

E Morante segna alla fine di una partita incredibile in cui la porta sembra stregata, in cui Anania, quello della papera di Busto si crede Buffon con un colpo di testa al 94′ che è un po’ il minuto in cui la squadra di Pellegrini in questi mesi segna di più?

Neanche mai visto in un film di Sir Alfred Hitchcock. Un finale perfetto che però non è ancora finale. C’è la partita di Busto Arsizio e non sia mai che il nostro sceneggiatore si inventi un altro finale a sorpresa… Così, solo per il gusto di farci tremare ancora un po’ i polsi… Tanto siamo dell’Hellas e a tutto questo ci siamo abituati…

SETTIMANA DI PASSIONE

E’ come tutte le vigilie: c’è tranquillità apparente. Solo apparente però. Ma non possiamo dire che non ci siamo abituati. Reggio Calabria, Piacenza, Spezia. In questi anni le abbiamo provate tutte. E ogni volta sembra un film nuovo. Mi ricordo a Reggio Calabria. Alla sera mangiammo al circolo della Vela, vicino al tavolino dell’arbitro Braschi. Volevano offrirgli il pranzo, lui pagò con la carta di credito. Gran gesto. Ci eravamo appena addormentati quando un terribile botto ci svegliò. Era scoppiata una bomba carta nella hall dell’Hotel.

Prima di Piacenza (era venerdì) trovai Malesani a due passi da Telenuovo. Si fermò con la sua auto, tirò giù il finestrino e mi disse: “Vanno come saette, non perdiamo mai”. Ho pianto dopo quella partita. Il lunedì andai a trovare Malesani a casa sua. Distrutto. Mai vista una scena del genere. A suo modo drammatica.

A La Spezia mi sembrava di ballare sul Titanic mentre ci si dirigeva verso l’iceberg. Dopo la sconfitta ridevano tutti. Boh, non ho ancora capito cosa ci fosse da ridere… Tutti sicuri di farcela. Retrocedemmo ancora e nel modo più drammatico possibile.Senza società, con l’allenatore in fuga e uno spogliatoio marcio dentro.

Adesso siamo di nuovo qui, ad un passo dalla C2. Le sensazioni sono le stesse. Paura, tranquillità apparente, adrenalina che cresce. E’ venerdì, non ho trovato Davide Pellegrini vicino a Telenuovo (buon segno?) e domenica soffrirò dallo studio durante la diretta. Metterò la mia giacchetta bianca da gelataio. Forza Hellas.

CAMPEDELLI, IL VERONA E LA SUA “FRAGILISSIMA” CREATURA

Era il 1994 quando dissi che chi tifava per una squadra non poteva tifare anche per l’altra. Mi riferivo, naturalmente al Chievo e al Verona. Sono stato spesso attaccato per questa mia posizione. E’ assurdo, si diceva, che in una città come Verona, si crei una rivalità di questo tipo. Io ribattevo: guardate che è lo sport, è la bellezza del calcio. E lo sport e il calcio è fatto anche di sconfitte. Non si può accettare solo la cultura della vittoria. Mi ricordo benissimo che qualche fenomeno mi diede anche del fomentatore. Solo perché ribadivo il fatto che chi tifava Verona non poteva farlo anche per il Chievo. E se uno era veramente un tifoso doveva scegliere: o seguiva una squadra o l’altra. Certo, poi esiste anche lo “spettatore”: ma qui siamo in un’altra categoria. C’è chi va allo stadio solo per assistere ad uno spettacolo. Come andasse al circo. Ma questo “prototipo” non m’interessava. Trattasi per lo più di gente che va allo stadio quando il biglietto costa meno di un euro e solo in occasione di avvenimenti eccezionali (finali, feste scudetto, partite che valgono una promozione).

In questo mio discorso sono sempre stato coerente: ho sempre tifato per il Verona ma ho sempre ammirato il Chievo. Due piani diversi. Per tanti versi, e l’ho sempre detto, Campedelli rappresentava il non-plus-ultra del presidente. Appassionato, capace, intelligente e onesto. Purtroppo a noi del Verona uno così è terribilmente mancato. L’anno scorso, poi, la mia ammirazione nei suoi confronti è esponenzialmente aumentata. E’ successo che anche il Chievo, infatti, dopo tanti anni di vittorie, abbia perso. E’ crollato in serie B. In maniera anche ingiusta e inaspettata. Ma è stato proprio in quel momento che questa società ha avuto la forza di reagire facendo vedere a tutti che i successi non erano frutto del caso. Campedelli si è rimboccato le maniche, ha cambiato allenatore, ha allestito una squadra fortissima, trattenendo quasi tutti i migliori della stagione precedente ad incominciare da “Pelliccia” Pellissier, un giocatore che sogno avere nella mia squadra ideale.

Campedelli ama il calcio inglese e suo papà Gigi, era un tifoso sfegatato del Verona, tanto da sponsorizzare gli abbonamenti con il marchio Paluani nel campionato 1978-’79, come ho scoperto in questi giorni girovagando alla mostra sul Verona. Luca Campedelli disegna personalmente le magliette della sua squadra, con cura maniacale e tante volte mi sono chiesto: ma se disegnasse quelle del Verona, sai che divertimento? Forse è per questo che ora mi chiedo: è mai possibile che Campedelli non abbia mai pensato di essere lui stesso la ciambella di salvataggio del Verona?

Secondo me ci ha pensato e ci sta pensando. Il problema è salvaguardare la storia del vecchio Verona, scudetto compreso. Con Campedelli e Sartori ci sarebbe un grande futuro. E la forza economica della società aumenterebbe (c’è poco da fare…) tantissimo. Pensate solo al mercato dei diritti tivù che ormai rappresentano più del sessanta per cento del bilancio di una società. Se oggi con il Chievo (in serie A, naturalmente), Campedelli ricava dodici, massimo quindici milioni di euro, rappresentando il Verona potrebbe ricavare (minimo) almeno un terzo in più.

E dall’altra parte: con il bilancio disastrato come quello attuale dell’Hellas, senza diritti tivù (scordarseli in serie C…), incapace di investire (Arvedi o chi per lui metterà ancora soldi?), senza un management adeguato (Chi? Come? Dove? Quando?), quanta vita avrà ancora il

UNA NOTTE AL MUSEO (DELL’HELLAS)

Ricordi. Mostre, musei, cimeli. La maglietta di Pippo Inzaghi, quella (bianca, una rarità) di Ciccio Mascetti, le scarpe (scarponi) di Garella, il contratto di Beniamino Vignola, le sedie del vecchio Bentegodi, lo striscione delle Brigate Gialloblù, il tricolore che nel giorno della gara con l’Avellino al Bentegodi era volato in aria. Ricordi… Mille e una partite, mille e una emozioni. Belle, brutte, odiose… Ricordi… Velati di tristezza, perchè legati a momenti fuggenti che ci sono stati solo per un attimo e ora vivono solo nella memoria. Il Verona è una squadra piena di ricordi. Un collante, l’unico che tiene ancora insieme una tifoseria calpestata e umiliata che ha saputo gioire ma anche soffrire…

Ricordi… Le squadre del subbuteo con la casacca dell’Hellas, il Topolino con i tre porcellini gialloblù, i dischi di Puliero, quello di Dirceu, gli inni, i biglietti, gli abbonamenti… Ma anche tanti campionati di B, quello di Cadè, l’ultimo prima dell’arrivo dell’Osvaldo da Cesena,  che per un pelo non si va in serie C, la maglia di Guidolin che Bagnoli preferiva al brasiliano “amigo” di tutti, quella di Guidetti, quella mitica del pre-scudetto, la tuta che la squadra indossava in un poster che avevo nella mia cameretta e che ricordava il primo traguardo di quel Verona: campione d’inverno con Briegel e quel matto di Elkjaer che correvano felici sotto una nevicata all’antistadio imbiancato.
 
Continuano a chiedermi come si fa a vivere di ricordi se non siamo stufi di parlare dello scudetto, se quei ricordi non sono in fondo la nostra ancora che ci tiene lì fermi sul fondo e ci impedisce di tornare a volare. Credo che un po’ di verità ci sia, che una società di calcio e i suoi tifosi (più la prima che i secondi…) debbano pensare al giorno dopo e debbano guardarsi indietro ma solo per un attimo, pronti (sempre più la prima che i secondi…) a programmare solo la prossima vittoria.
 
Ma come si fa a non ricordare quel giorno, quei giorni, il gol senza scarpa di Elkjaer, la mano di Bettega, Van Basten che si toglie la maglia, Wurtz e gli Agnelli, Mascetti, Gibellini, Penzo, Zigoni, Elkjaer? Non per specchiarsi in questo struggente passato, ma almeno per dire a quelli che verranno (dopo, speriamo…) che noi siamo questi, che questo è il Verona, che con il Verona non si scherza e non si fanno gli affari, che è ora di finirla di prendere in giro la gente, che l’Hellas è una società (lei sì…) nobile e gloriosa. Possiamo dirlo questo o ci volete togliere anche l’ultima cosa che ci rimane? I ricordi, appunto…

CRONACHE DAL TUNNEL, LA NOSTRA CASA

La sapete quella battuta? Ormai vivo nel tunnel, è ora di arredarlo. Sembra il destino di noi tifosi del Verona. Dentro al tunnel, come una condizione di vita, altro che precariato.

Ormai passiamo da un play-out all’altro, da una gara della vita all’altra, con una nonchalance che fa invidia. Roba da psichiatra altro che psicologo. Chi me lo fa fare? Ma non potevo nascere tifoso del Milan o anche più semplicemente del Chievo? No, tifoso del Verona.

Ricapitoliamo le puntate precedenti: 24 giugno 2001, serie A: spareggio play-out a Reggio Calabria. Lì ci andò bene grazie a Michele Cossato che al minuto 42 del secondo tempo andò a segnare un gol che mai più nella vita avrebbe fatto. 5 maggio 2002: trasferta della vita a Piacenza. Il Verona aveva due risultati su tre. Finimmo in serie B per un solo punto ad una quota che fino a quel momento aveva sempre significato salvezza. E poi: spareggio con lo Spezia. E fu C1. Per un maledetto gol che non è arrivato.

E adesso gara di Manfredonia, in uno stadio da calcio balilla (ma avete visto la foto sull’Arena di Previdi e Arvedi seduti su due trespoli?). Ancora play-out, stavolta a Busto Arsizio contro la Pro Patria, che una volta ma un miliardo d’anni fa (tra gli anni ’30 e ’50) era una squadra di serie A. Un tunnel che non finisce mai, altro che quello della Manica che unisce Francia e Gran Bretagna.

Adesso dunque l’appuntamento è per il 18 e il 25 maggio.

PS. Qui nel tunnel comunque tutto bene, sono arrivati i primi mobili e contiamo, visto l’affollamento, anche di mettere l’aria condizionata. A presto.