LA STRADA PER LA SALVEZZA

Ora possiamo dirlo. Se il Verona non avesse vinto contro la Cremonese il campionato poteva essere considerato finito. Non c’era alternativa a questi tre punti. Al di là delle dichiarazioni di maniera tutti lo sapevano, da Setti in giù. L’importanza di questa vittoria è straordinaria e concede al Verona una seconda chance. Incredibile se vogliamo, dopo tutti gli errori commessi in estate e quei miserabili cinque punti con cui si era chiusa la prima parte della stagione.

Nella disperazione del momento e dopo il disastro della sconfitta con lo Spezia, Setti ha fatto la miglior mossa della stagione: ha accantonato l’orgoglio e ha ripreso l’uomo che ha costruito una parte delle sue fortune: Sean Sogliano. Un Sogliano assetato di rivincita, reduce da annate sfortunate e perdenti, felice di riallacciare i fili di una storia che per lui era stata traumatica e irrisolta. Sbarcato a Verona Sean si è cibato della magica atmosfera che il Bentegodi sa regalare, un’atmosfera inebriante per un passionale come lui, benzina per il suo ego ferito. C’è poco da fare: ognuno di noi ha un suo posto nel mondo e il posto di Sogliano è Verona, la sua squadra, gli spalti del Bentegodi, i suoi tifosi.
Sean è uomo di calcio e prima di tutto al Verona serviva un uomo di calcio, che analizzasse la situazione e al contempo scuotesse una squadra che pareva destinata all’oblio. Prima mossa: il ds ha rafforzato Bocchetti, dandogli vera fiducia, supportandolo, fornendogli una sponda di dialogo. Ha sistemato la questione patentino ingaggiando Zaffaroni, una persona gentile, educata, di buon senso ma anche un buon allenatore capace di integrarsi con Bocchetti con grande intelligenza.

Infine le mura del centro sportivo di Castelnuovo sono tornate a sentire qualche sana urlata a cui non erano più abituate. Basta con gente rassegnata e con la testa bassa, via chi non ha voglia di lottare. Guardate chi ha giocato nelle ultime gare, chi non è stato convocato e tirate voi le vostre conclusioni…

Vuol dire che il Verona e salvo e che basta Sogliano per arrivarci? No, no e poi no. Sogliano ha rimesso il Verona in carreggiata ma ora deve dedicarsi alla seconda importante parte del suo lavoro. Operare bene sul mercato, cercando gente atta allo scopo, non privando la squadra di chi può ancora essere utile, spingendo Setti a fare qualche investimento e/o sacrificio per mantenere una categoria che è vitale per le casse del club. Un’opera immane che possiamo ancora paragonare ad un miracolo. Un miracolo che dopo la Cremonese è possibile, quindi tecnicamente declassato alla categoria: gigantesca impresa. Buon divertimento.

BENVENUTA SANA IGNORANZA

Non importa chi va in campo, chi arriverà al mercato, se Setti aprirà i cordoni della borsa. A questo punto importa che la maglia del Verona sia indossata solo da chi se lo merita. Non da gente rassegnata, non da gente con la testa bassa, non da chi pensa di essere un fenomeno quando non ha ancora dimostrato di poter essere da serie A.

Il nuovo corso di Sean Sogliano è iniziato. All’insegna di quella sana ignoranza che serviva come il pane alla pari di un’idea logica di calcio e come si è visto a Torino è quella roba lì che crea lo spirito giusto.

Certo Djuric è una lama negli occhi degli esteti del calcio, Sulemana è stato aggredito dai crampi dopo quaranta minuti, Dawidowicz è tagliato con una motosega, Kallon pare un ballerino di Susta, ma questi ragazzi ci hanno detto chiaro e tondo che basta sputare sangue, basta uscire dal campo spossati e tutto è ancora possibile.

E’ solo la luce di una candela che si accende nella fossa della Marianne, il Verona è sempre laggiù in fondo alla classifica, un piede e mezzo in serie B, per venirne fuori serve un miracolo e forse due, ma almeno abbiamo scacciato un po’ di pessimismo e di rassegnazione. Accanto al punticino lieviterà il morale, la cappa delle dieci sconfitte consecutive, molte immeritate, bisogna essere sinceri, è meno pesante.

Inizia adesso il nostro nuovo campionato. Inizierà lunedì prossimo quando la Cremonese, abbattuta dalla Juventus nel finale, verrà a giocarsi la partita della vita con il morale sotto i tacchi. Nel nostro stadio, dove quando c’è entusiasmo, tifo e appunto “ignoranza” ogni cosa è possibile. Persino che il Verona lotti per la salvezza fino alla fine. Accontentiamoci, per ora.

SI SALVI CHI PUO’ (SE SI PUO’)

Vorrei avere lo stesso ottimismo di Marco Zaffaroni quando racconta di aver visto un buon Verona contro il Bologna. Ma non riesco. Nascondere ancora la polvere sotto il tappeto (in questo periodo soprattutto) mi sembra un esercizio persino dannoso. Meglio dire le cose come stanno: questo Verona così com’è non si salverà mai. La squadra non solo è stata indebolita ma ancora di più è stata costruita male. I nuovi non sono adatti a fare il gioco ex Juric ora di Bocchetti, i vecchi sono stanchi e/o logori. Non so davvero come si possa fare un miracolo. Henry è un mistero di Fatima, abulico, quasi indecente. Doig pensa al mercato (perchè?), Tameze vaga senza meta. Kallon un ragazzino inesperto, Verdi un equivoco, Hrustic inutile suppellettile, manca qualità, manca il guizzo, manca ormai anche l’anima. La squadra è spenta, demotivata, Sogliano da solo non basta per riaccenderla. Qui serve un colpo di coda dal presidente all’ingiù, serve un trauma profondo per risollevarla. C’è depressione, non si riesce nemmeno a riaccendere la fiammella della passione.

Eppure la realtà ci racconta che il Verona non è ancora retrocesso. Che si può tentare una disperata impresa. Cosa che a volte è accaduta a Verona, successe con Bagnoli (ultima giornata a Cesena), successe con Perotti (spareggio di Reggio Calabria). Non è finita finchè non è finita e aveva ragione Pastorello quando diceva che i cadaveri si portano via freddi. Però la riscossa deve partire da loro, dalla società in primis. Setti la smetta di pensare che questa sia una squadra di fenomeni. E’ una squadraccia costruita malissimo, che si è pesantemente involuta e che ha almeno la necessità di cambiare facce, anime. Pianga sui suoi errori (dalla scelta di Marroccu in giù) ma reagisca. Affidi a Sogliano un minimo di budget, cerchi di ribaltare la situazione. Retrocedere in B quest’anno significa fare un salto all’indietro incredibile, la serie A va mantenuta ad ogni costo e con ogni mezzo. C’è in ballo il futuro dell’Hellas. Affidarsi alla fortuna e al caso è un rischio che Setti rischia di pagare carissimo. E noi con lui.

Sono passati quasi cinquanta giorni in cui non c’è stata reazione, tranne l’arrivo di Sogliano e quello di Zaffaroni a sostituire l’impresentabile Dervishi. Il Verona che giocherà con il Torino sarà quello che ha perso con lo Spezia, forse con la sola novità di Borini. Non basta, non è questo che ci si aspettava. Fate qualcosa e fatela in fretta.

ZAFFARONI PER RAFFORZARE BOCCHETTI

Due le strade che Sogliano aveva davanti per sistemare la gigantesca confusione che si era creata in casa del Verona. Proseguire con Bocchetti o cambiare tutto. Sogliano ha scelto la prima strada. Vuole dare fiducia al giovane allenatore prima di bruciarlo. Ficcadenti e Ballardini restano sullo sfondo. Opzioni possibili a gennaio se Bocchetti non dovesse fare risultati. Non ora. Bocchetti sarà messo nelle migliori condizioni di allenare. rafforzato dalla presenza di Sogliano nello spogliatoio. Un riferimento che era clamorosamente mancato dopo l’addio di D’Amico. Marroccu per indole e storia professionale non è quel tipo di direttore. Prima Cioffi e poi Bocchetti sono stati abbandonati a sé stessi, in preda a dubbi e ansie troppo grandi per la loro esigua esperienza, senza punti di riferimento.

La scelta di Zaffaroni, brava persona e ragazzo serio, rafforza Bocchetti. E’ il tentativo di “ripulire” l’aria e di dare dal punto di vista “formale” un allenatore al Verona. Dervishi, francamente era un “escamotage” esagerato, che l’associazione allenatori aveva giustamente stigmatizzato. Zaffaroni è stato scelto per l’equilibrio e la voglia di collaborare con Bocchetti.

Ma soprattutto sarà un compagno di viaggio per Sasà che ora non avrà più alibi. Con Sogliano e Zaffaroni al fianco, il giovane allenatore potrà dedicarsi con più lucidità al campo. I risultati saranno sovrani. Bocchetti sa perfettamente che non potrà più avere bonus dopo le sei sconfitte, alcune immeritate.

Meglio dirlo subito: per gli errori commessi, le scarse risorse, la squadra in caduta libera e apparentemente alla frutta, salvare questa stagione è paragonabile ad un miracolo. Sogliano ci proverà fino in fondo, lottatore pugnace e tenace come pochi. Anche con un mercato che si preannuncia pirotecnico pur con mezzi risicati. Da oggi in casa Verona non si scherza più. Potete stare certi.

SOGLIANO E FICCADENTI, DUE GRANDI INNAMORATI DEL VERONA UNITI PER UN’IMPRESA IMPOSSIBILE

Ogni volta che ho sentito Sean Sogliano in questi anni la cosa che più mi colpiva era la sua nostalgia per Verona. Come se si fosse spezzato un amore così grande e il dolore conseguente lo avesse profondamente penalizzato come uomo e come professionista.
Sean è tipo sentimentale e romantico. Un orso vecchio stampo che non si è mai fatto una ragione del perché avesse dovuto lasciare l’Hellas.
Di Verona ama tutto ma in primis i suoi tifosi. Quella passione che la gente dell’Hellas sa trasmettere alla squadra per Sogliano è un’irrinunciabile “benzina” che gli è mancata dove ha lavorato successivamente.
Ma non è la sola cosa: potrà sembrare strano ma gli è mancato anche Setti. Le frizioni, gli scontri durissimi sono stati limati e ammorbiditi dal passare del tempo e dei bei ricordi. Sean a Verona lavoró bene, in autonomia ma all’interno di un team che funzionó fino a quando qualcuno decise di sabotarlo.

Ora si può dire: Sogliano era in procinto di tornare dopo la debacle del Verona di Grosso, poco prima dell’arrivo di Aglietti e della gara spartiacque col Foggia. Anche allora un Setti alla disperazione si era rivolto al suo ex ds per riprendere il filo del discorso che si era tranciato di netto il 28 maggio 2015. Poi il Verona vinse quella gara e Setti non si fece più sentire.

Anche dopo l’addio di D’Amico ci fu un contatto. Ma anche in questo caso non se ne fece nulla. Non mi ha stupito rivederlo tornare e non credo alla minestra riscaldata. Perché il ciclo di Sean a Verona non era finito ma si era solo interrotto. È una storia aperta e ora c’è la possibilità di chiudere il cerchio costruendo un’impresa che ad ora pare impossibile: raggiungere la salvezza nell’anno in cui errori clamorosi e sfortuna si sono coniugati fino a ridurre una squadra quasi perfetta a una massa informe e senza più un futuro.

Sean dovrà rivoluzionare profondamente un gruppo che va ringraziato in eterno per ciò che ha dato ma che purtroppo ha dimostrato di non avere più nulla da dare. Ma dovrà al contempo cercare un allenatore che sia in grado di accompagnare il gruppo in questa trasformazione. E qui siamo giunti al problema principale, quello che purtroppo ha sempre penalizzato Sogliano negli ultimi anni.
Sean non ha mai indovinato la scelta del tecnico da quando è andato via da qui. È passato da vecchi amici come Sannino a Carpi, poi a Stellone, Colantuono, Grosso a Bari; prese Sullo a Padova e poi cercò di ricostruire l’accoppiata con Mandorlini senza la spinta di Verona in una piazza dura da scaldare. Errori che gli hanno impedito di vincere nonostante un lavoro sontuoso al mercato.

Non c’è dubbio che l’idea di un ritorno al Verona di un gladiatore come Massimo Ficcadenti sia geniale e che Sean in questo caso farebbe una scelta perfetta. Siamo al cospetto di un allenatore che ha lasciato a Verona il cuore, un altro con una storia “aperta”, costretto a lasciare l’Hellas dopo aver attivamente bloccato la “porcata” della fusione. Ficcadenti è diventato nel frattempo uno dei tecnici più stimati del Giappone dove ha vissuto nove anni, fino ad assorbire la cultura di un paese straordinario e dove il calcio ha raggiunto livelli altissimi, sconosciuti a noi europei. In questo momento Ficcadenti è in lizza per diventare ct della nazionale dopo i mondiali. Un posto prestigioso che potrebbe scaraventarlo in una dimensione diversa. Ma la “sirena” Verona è capace di cambiare anche questa incredibile prospettiva professionale che gli si sta presentando davanti.

Essendo sia Sogliano sia Ficcadenti due uomini di calcio, entrambi con l’onestà intellettuale a guidare la loro vita e i loro comportamenti, due caratteri forti e certo intransigenti, ma entrambi legatissimi all’Hellas pur in modi e tempi differenti, non ho nessuna difficoltà a credere che questa strana “accoppiata” possa essere quella giusta per salvare il nostro amato club gialloblù. E a quel punto potremmo persino dire che Setti non ha solo una sfacciatissima fortuna ma anche la capacità imprenditoriale di affidarsi ai collaboratori giusti. Quando vuole.

SETTI, MA ALLORA FU SOLO UNA SFACCIATISSIMA FORTUNA?

Trova Sogliano che s’incastra perfettamente con Mandorlini e poi gli fa fare plusvalenze milionarie e disfa tutto per ascoltare lo “Schettino” dei conti, quello che ad aprile col Verona ultimo se ne andò all’Inter. Poi prende Bigon che ne combina peggio di Bertoldo, è costretto a riparare da Fusco che lavora come un liquidatore, torna in serie A vincendo un rocambolesco derby col Vicenza e un miracoloso gol di Romulo, poi pianifica la retrocessione in B, arriva ultimo, Fusco se ne va ma lui si affida a Tony D’Amico, un carneade inesperto. I due prendono Grosso, il Verona annaspa, arriva Aglietti che con un colpo di reni agguanta in extremis la promozione in serie A, nel frattempo c’è un contratto da rispettare con Juric (già pronto ad allenare in B, come lui stesso ammise) e il Verona svolta.

Il generale Ivan imprime un passo diverso al Verona, comunicativo e organizzativo. D’Amico ne beve la conoscenza calcistica come una spugna fino a diventarne un alter ego. Il Verona costruito a zero diventa una bellissima rivelazione, Setti pare baciato da sapienza e fortuna. D’Amico e Juric permettono a Setti di diventare ricchissimo, macinano plusvalenze a iosa, si staccano dividendi e stipendi che nemmeno Agnelli, Setti è persino riabilitato davanti alla piazza. Addirittura quando va allo scontro con Juric sono in molti a parteggiare per il presidente, è lui ad averlo voluto dicono, Juric l’ingrato. E Setti vende, vende sempre, tutto il vendibile. Tanto poi ci sono Ivan e Tony a rifare la tela.

Juric chiede di più, chiede un salto di qualità, è utopico e visionario. Setti gli sbatte in faccia i conti, non accetta, non vuole alzare l’asticella, i due si dividono. Tocca a D’Amico fare Juric, ma prima c’è l’errore Di Francesco subito riparato dal dietro front e dall’arrivo di Tudor, amico di Ivan, già contattato in estate. Ne esce una stagione epica. Ma le crepe emergono ad aprile. Tony chiede qualche investimento e più autonomia rispetto alla “donna dei conti”, Simona Gioè che nel frattempo ha sempre più potere e prende sempre più decisioni. D’Amico in questo clima e con l’Atalanta che lo corteggia, se ne va, Tudor lo segue. In tre anni Setti perde tutte le sue galline dalle uova d’oro, compreso Anselmi il saggio ufficio stampa che riesce a equilibrare tutte queste forti personalità. C’è ancora una volta aria di ridimensionamento, che in pochi mesi estivi diventa un imbarazzante smantellamento. Forse stufo di essere tirato per la giacchetta o forse desideroso di dimostrare di essere il più importante nel Verona, Setti prende un ds “aziendalista” come Marroccu (con il bene placet di Gioè), i due scelgono Cioffi (se il padre di certe scelte, vedi Juric, è certo, di altre come Cioffi è incerto…), vendono, svendono, smantellano, cambiano rotta.

Il resto è cronaca: Cioffi è triturato da una società che non lo accompagna, vittima dello stesso errore che ha già “fulminato” Di Francesco. Proseguire con il gioco alla Juric, senza averne sensibilità e capacità. Squadra a Bocchetti, risultato che non cambia. Il Verona fa schifo, è un disastro, dieci sconfitte consecutive. Il tutto in meno di sei mesi.

Setti esce così in conferenza stampa e pare un coniglio bagnato. Non sa, è confuso, crede di aver fatto tutto bene. Non si è ancora accorto dopo tutti questi anni che le persone fanno la differenza. Che Bigon non è Sogliano, che Marroccu non è D’Amico, che Cioffi non è Juric. E’ stato solo fortunato in passato? Un dubbio che oggi ha più certezze. Ma ora Setti può ancora incredibilmente rimediare. E dimostrare a tutti che in quei Verona-meraviglia c’era anche un po’ della sua bravura.

IL VERONA NON SI MERITA QUESTO SCEMPIO. NONOSTANTE UN PRESIDENTE “FANTASMA”

Siamo scarsi. Siamo ultimi. Abbiamo un presidente che non investe e che in questa stagione ha sbagliato praticamente tutto. Non serve assolutamente che ci pensino gli arbitri ad affondarci. Nonostante tutto quello che ripetiamo dall’inizio della stagione ci piacerebbe che il Verona retrocedesse per de-meriti propri e non perchè lo ha deciso qualcuno. Mi pare evidente che ormai l’Hellas sia stato individuato come il vaso di coccio da rompere a piacimento. Solo gli imbelli di via Olanda non se ne stanno accorgendo. Non è un complotto. Semplicemente il Verona è debole. Debole dal punto di vista politico, debole nell’immagine, con un proprietario che drena risorse al mondo del calcio invece di metterne. Ma questo non significa che sia giusto lo scempio a cui puntualmente assistiamo domenica dopo domenica, giornata dopo giornata. Di Bello con il Var Nasca ne hanno combinata un’altra, condita dalle solite supercazzole regolamentari che sostengono con le parole ciò che le immagini mostrano chiaramente. Interpretazioni che ovviamente saranno smentite puntualmente non appena un rigore come quelli che stasera spettavano al Verona saranno assegnati ad una delle Grandi del nostro piccolo calcio. Siamo della generazione che ha visto Wurtz e non ci stupiamo sicuramente se un Di Bello nega due rigori al Verona. Sappiamo bene come lo schifo possa raggiungere di volta in volta profondità prima sconosciute. Eppure con fanciullesca innocenza ogni volta ci approcciamo con la speranza che il gioco sia pulito, che si possa solamente parlare di calcio, che non ci sia un arbitro a demolire una prestazione di cuore e gamba come quella del Verona di stasera. 

E’ stato Salvatore Bocchetti, nella sua miglior conferenza stampa (spontanea, senza fronzoli, con il giusto pathos e la rabbia che emergeva nel vibrare della voce) a difendere il Verona e i suoi tifosi. 

Sarebbe stato bello che fosse stato il nostro presidente, l’uomo che rappresenta il nostro club, a comparire pubblicamente a difendere il suo/nostro interesse, ma più in generale a difendere il nostro orgoglio, la nostra sportività e la nostra dignità sportiva e perchè no? anche una città che nel calcio italiano ha una tacca storica come lo scudetto. Ma forse questo è chiedere troppo. Del resto, non è retorica ma Dna. Siamo sempre soli contro tutti. Da tanti anni.

ECCO, LA MUSICA E’ FINITA, GLI AMICI SE NE VANNO, CHE INUTILE SERATA…

A Monza è finito un ciclo. Un meraviglioso, bellissimo ciclo, iniziato con quel genio di Ivan Juric, proseguito con Igor Tudor, con notaio Tony D’Amico. Quel Verona non c’è più. Demolito dal mercato, dal ridimensionamento societario, dall’incapacità evidente del ds Marroccu. E’ finito un gruppo di lavoro straordinario, che bisognerà sempre ringraziare, ma che ora va velocemente sostituito prima che lo spettro della serie B, diventi una certezza.

Un gruppo che ha bruciato già due tecnici ricercando ossessivamente un metodo d’allenamento e di gioco che semplicemente non esiste più. Dice Marroccu che questo gioco il Verona ce l’ha nel suo Dna. Era vero prima che lui sbarcasse a Verona: peccato però che grazie alla sua opera tre quarti di quel Verona è stato svenduto, soprattutto nelle figure con maggiore qualità e chi è arrivato non ha doti e caratteristiche per poter fare quel calcio. E quindi oggi il Verona è un “mostro” bicefalo in cui alcuni vecchi protagonisti sono logori e stanchi, mentre gli altri sono semplicemente inutili.

Cioffi ha provato una “rivoluzione” morbida, cercando di salvare “capra” (la sua panchina) e cavoli (i risultati). Non solo non è stato protetto, ma è stato messo sulla graticola prima ancora dalla società che dalla critica e dai tifosi. E’ stato esonerato dopo la sua miglior gara, quella di Salerno. Il cerino è passato nelle mani del poverò Sasà Bocchetti, il quale con la dolce incoscienza dei neofiti si è preso nelle sue generose mani una patata bollente da cui sarebbe sfuggito anche Mourinho. L’impresa è apparsa fin troppo ardua per gli attuali mezzi del giovane allenatore, il quale ha portato qualche concetto del calcio che fece grande il Verona, ma senza ottenere niente di più rispetto a Cioffi.

Non sfugga poi l’accanimento arbitrale, nella più completa assenza societaria, almeno pubblica. Non sappiamo se l’Hellas abbia adottato la strategia del basso profilo e se in privato abbia in realtà protestato. Certo che questo basso profilo, se esiste, non sta portando a nessun risultato. Ogni domenica ne vediamo di ogni colore. Non sappiamo cosa stiano aspettando Setti e Marroccu a farsi sentire visto che ormai vengono derisi da ogni compagine arbitrale venga a dirigere l’Hellas.

Come se ne esce? Francamente c’è poco da fare, se non evitare altre cavolate che al danno aggiungerebbero anche la beffa. Sappiamo da fonti attendibili che Lopez sta volteggiando sull’Hellas, pronto ad entrare in scena dopo la gara con lo Spezia. Marroccu ha apparecchiato tutto e come sappiamo poco valgono le sue dichiarazioni che assicurano che Bocchetti fa ancora parte del progetto. Conoscendolo potrà magari raccontarci che si può far parte del progetto anche tornando ad allenare la Primavera, così come ci ha raccontato che Caprari era incedibile fino a quando lui ha chiesto di essere ceduto e Cioffi un predestinato che farà carriera. Non a Verona, ovviamente.

GRAZIE SETTI, MA ORA È ARRIVATO IL MOMENTO DI LASCIARE

La settima sconfitta è quella che brucia di più. Bocchetti è come quei volontari della Croce Rossa che non riescono a fermare l’emorragia. Ci ha provato, ci sta provando, ma il Verona è un paziente difficile. Non è colpa del simpatico Sasà. Ci mancherebbe. Siamo convinti che non fosse neanche colpa di quel brav’uomo di Cioffi. Allenatori così giovani ed inesperti si meriterebbero società forti, staff adeguati, un’organizzazione che li proteggesse, aiutasse e non li buttasse in pasto ad un campionato come la serie A, in cui vecchi volponi come Josè Mourinho gente così se la sgranocchia a colazione. Il Verona è una squadra debole in tutti i sensi. Debole in campo e debole fuori. Brutti segnali arrivano anche dal settore arbitrale che ha individuato nel Verona una società politicamente assente, vittima sacrificale perfetta. Per riemergere servirebbe una botta d’entusiasmo, un’inversione di tendenza. Tempo ce n’è. Arrivassero gli americani con una paccata di milioni a novembre si potrebbe ricreare uno spogliatoio più consono al gioco di Bocchetti. Ma credere che Setti possa iniettare del Verona soldi freschi è come credere che Gesù sia morto a causa del freddo. E’ più alta la possibilità che venga invece ceduto qualche altro giocatore, le ultime plusvalenze di questi anni. Non ci stupirebbe per niente se Tameze, Ilic e Lazovic giocassero con un’altra maglia a gennaio. E magari anche Doig, uno dei pochi nuovi che ha fatto vedere qualche dote. Non so se Setti se ne andrà tra poco. Ma francamente questo sembra il momento giusto. Il ridimensionamento tecnico di questa stagione ha sancito la sua incapacità di reggere il ritmo finanziario della serie A. Non ce la fa più. E’ costretto a fare scommesse estreme ad ogni stagione per garantirsi stipendi elevati e dividendi milionari. Non solo il Verona deve sostenersi con i propri ricavi, ma deve essere, legittimamente per carità, anche un ricco business per il suo proprietario. La sostanza è che l’Hellas è una macchina superiore alle sue possibilità. L’ambizione della piazza, la valenza della città, la tradizione sono come una Ferrari che ha bisogno di benzina per funzionare. E se non hai i soldi per la benzina, non puoi permetterti la Ferrari. Setti è stato bravissimo a reggere dieci anni ad alto livello, nessuno potrà mai dire il contrario. Ma nel suo agire ci sono state stagioni pessime, quasi ridicole, e una sensazione di non poter mai alzare il livello. Ora forse è arrivato anche lui al capolinea. Per aver riportato il Verona in A, per avercelo mantenuto, per averci fatto vivere grandi stagioni va ringraziato. Ma ora è arrivato il momento di cedere il testimone a qualcuno che possa tornare a ridare al Verona la capacità di sognare. Non sappiamo se questi acquirenti ci siano. Ma sicuramente un’eventuale trattativa sarebbe molto agevolata se Setti non chiedesse cifre fuori mercato e si accontentasse di una comunque ricchissima plusvalenza. L’ultima della sua gestione.

PER RETROCEDERE QUEST’ANNO SERVE UN’IMPRESA

Ho appena finito di vedere l’Empoli con l’Atalanta. Ieri ho visto il Lecce con la Juventus. Ho visto spesso la Cremonese e lo Spezia. E ho visto, ovviamente il Verona. Il livello del campionato di serie A credo sia il peggiore di sempre. Soprattutto in basso. Le squadre sopra citate a cui aggiungiamo tranquillamente Sampdoria, Bologna e forse anche la Fiorentina nel calcio degli anni ’80 forse stazionerebbero in serie C. Ma forse. Il livello tecnico è così basso da pensare che solo dei matti possano investire milioni di euro in questo spettacolo. Il ritmo è da parrocchia, l’intensità dura venti minuti, gli arbitri italiani con l’aiuto del Var rendono il tutto un’oscenità.

Pensare che il Verona quest’anno possa retrocedere in mezzo ad una simile pochezza è veramente avvilente. Aver distrutto in pochi mesi un giocattolo meraviglioso e funzionante come quello degli ultimi tre anni, un delitto.

Per quanto derelitto questo Verona non può essere peggiore di queste squadre. Eppure il Verona è penultimo. Ha cambiato già un allenatore che aveva allenato per sei mesi in serie A e ne ha preso un altro che non ha mai allenato. Ci sono giocatori che ancora non sappiamo perchè siano arrivati qui e in quale contesto, il progetto tattico e tecnico disegnato da un fuoriclasse come Ivan Juric (a cui a questo punto bisognerebbe forse chiedere scusa per tutte le critiche che si sentiva dopo alcuni suoi sfoghi) è forse perduto per sempre.

Sono bastati pochi mesi e un patrimonio è stato depauperato in maniera autolesionista. Un comportamento che alimenta voci di cessione e altre di ridimensionamento pilotato, come successe nell’anno di Pecchia. Il tentativo inconscio da parte di molti tifosi di giustificare un simile livello di dilettantismo, pressapochismo, incapacità. Eppure non posso pensare, per quanto il pessimismo ormai prevalga in me, che Marroccu e Setti possano compiere una simile impresa al contrario. Ci sarebbe da vergognarsi in eterno.