SMETTIAMOLA CON LE FAZIONI. SI SALVA IL VERONA E NON SETTI

C’è un fatto che in molti dimenticano: la cosa più importante è la salvezza del Verona e non che Setti abbia ragione. Dopo una stagione del genere, Setti non può e non potrà mai avere ragione così come non ce l’aveva l’anno di Grosso in cui rischiò di non andare in serie A. Ci ricordiamo ancora dell’accusa alla banda Maalox, della incredibile claque a lingua spianata di molti cagnolini che ogni tanto emerge ancora nelle pieghe dimenticate di qualche social, dello spettacolo indegno che suddetti soggetti continuano ad offrire scendendo e risalendo dal carro a seconda della convenienza e dell’aria che tira.

E’ il mondo che va così, non ce ne stupiamo. Ma su una cosa non si transige a mio parere. Sul Verona. Nessun presidente, allenatore, direttore sportivo, cialtrone o altro è mai riuscito a togliermi l’amore per la mia squadra. Non ci riuscì Pastorello, nè Cannella, nè Ventura che applaudiva sotto la Curva dopo la serie C mentre in tasca aveva già firmato il contratto con il Pisa. Il mio pensiero nei confronti di questa gente è chiaro, mi sono sempre esposto, ma mai ho gufato contro il Verona. Su Setti ho un giudizio che ho espresso a più riprese. L’uomo ha una terribile supponenza e scarsi mezzi finanziari. Non è un segreto, perchè è documentato, che il Verona rappresenta il suo business più importante. Ma di questo nessun veronese può e potrà mai fargliene una colpa. Setti prese il Verona mentre mezza città si girava da una parte e l’altra metteva la testa sotto la sabbia. Al povero Martinelli fecero una campagna di stampa contro persino perchè Agsm era diventata sponsor dell’Hellas per un paio di stagioni. Era il tempo in cui esisteva una banca cittadina che aveva un rapporto privilegiato e strettissimo con l’altra squadra della città. Sono cose che vanno ricordate quando si contesta Setti. Martinelli ad un certo punto, prostrato dalla malattia e isolato dal contesto cittadino, si rivolse persino ad un certo Parentela che per un mese fu il proprietario in pectore dell’Hellas. L’affare non si chiuse, il Verona tornò in B e sfiorò la serie A, Setti ebbe il merito storico di credere nel potenziale del Verona e di Verona. Questo dice la storia.

Sappiamo anche che Setti non è lo stesso di allora, quando poteva vantare l’amicizia stretta e probabilmente un rapporto finanziario con il magnate Volpi. Ma sotto di lui il Verona ha conosciuto più serie A che serie B, ha visto grandi campioni passare di qui, ottimi campionati con ottimi allenatori e anche qualche scempio. Più in generale va chiesto al presidente se lui è ancora in grado di reggere una società ambiziosa come l’Hellas ed è quello che mi auguro di fare, con molta trasparenza, a fine campionato. Ora però serve un fronte compatto non le fazioni pro e contro Setti. Va salvaguardata una categoria, la serie A, da cui sarà più facile programmare il futuro. Con o senza Setti. Non importa.

TUTTO DA RIFARE. UN’ALTRA VOLTA

Inutile farsi illusioni. Questo campionato del Verona si risolverà solo all’ultimo. E’ stata solo un’illusione essersela cavata con la vittoria di Lecce. Perché poi le partite vanno giocate e possiamo fare tutti i calcoli del mondo ma se poi lo Spezia batte il Milan e tu perdi in casa col Torino è chiaro che è come non aver fatto nulla.

Inutile star qui a parlare della gara con i granata. Juric, giustamente, non ha concesso niente e il Verona, questo Verona, non è all’altezza di giocare una partita a questi ritmi e con una squadra allenata da un fuoriclasse come Ivan. Aggiungiamoci che il Verona non fa gol nemmeno a porte spalancate e avremo chiarissimo il quadro della situazione.

Ci sarebbe da capire come mai si alternano buone/ottime partite come quella con il Lecce a prestazioni così sottotono. Ma l’analisi non è difficile. Il Verona è una squadra costruita malissimo e che a novembre era in serie B. Una squadra che sta tentando una disperata rimonta e che non ha proprio il dna per resistere a tanta pressione psicologica. Infatti crolla ogni volta che ha cullato l’idea di aver completato la rincorsa. E’ già successo due volte e per due volte poi la squadra è risorta. Il primo miracolo con la rete di Gaich al Sassuolo, il secondo con quella di Ngonge a Lecce.

Il problema è che questa altalena pazzesca sta causando un clima di pessimismo che rischia di essere una cappa pesantissima sulla testa di una squadra debole psicologicamente ancor prima che scarsa tecnicamente. Se qualcosa può andar male, lo farà: la legge implacabile di Murphy ha un’applicazione pratica nell’Hellas. Lo Spezia batte il Milan al venerdì, tutto il resto è una conseguenza. L’infortunio a Magnani che lascia il posto a Coppola che fa il buco sul gol di Vlasic, Duda che cambia faccia al Verona nel secondo tempo e poi si fa male eccetera eccetera.

Invece dobbiamo vederla così: eravamo retrocessi a novembre, pensavamo fosse finita a gennaio e invece ce la stiamo ancora giocando a maggio. E’ già un grande successo visto lo schifo che prefiguravamo. Non è finita finchè non è finita. E stasera è tutt’altro che finita.

TUTTI A LECCE (E LA SQUADRA C’ERA)

Solo una gara così poteva lavare la vergogna della sconfitta casalinga con l’Inter. Quattro giorni dopo aver perso il set con i nerazzurri il Verona è riuscito a conquistare la vittoria più importante del campionato.

Lo ha fatto con una prova di carattere, ma soprattutto con intelligenza e dedizione. I tre punti arrivano alla fine di un week-end in cui la classifica viene completamente ribaltata e in cui il Verona non è mai stato così vicino alla salvezza.

La vittoria della Cremonese contro lo Spezia e i tre punti conquistati dall’Hellas in Puglia permettono per la prima volta in questa stagione ai gialloblù di essere salvi. Il Verona meritava un sano ceffone rieducativo dopo il ko con l’Inter, ma oggi merita solo applausi.

La gara con il Lecce, dura, difficile, nervosa, brutta è stata preparata bene e giocata con intelligenza. La panchina, spesso criticata, non ha sbagliato nulla. Il centrocampo a cinque ha inguaiato il Lecce, la difesa a tre, tornata a braccare l’uomo, ha vinto tutti i duelli. In attacco Djuric con il suo gioco primordiale, fatto di spizzate e colpi di testa, è risultato un pugno di ortiche nelle mutande per i difensori leccesi. I cambi, sono stati giusti e sufficientemente tempestivi.

Due parole vanno spese per Ngonge. Un capolavoro di mercato arrivato per un pugno di euro, uomo che sta mettendo una firma sulla salvezza. A Napoli lo avevamo “massacrato” per quel gol sbagliato. Nella città del pasticiotto ha colpito come la spada di Hattori Hanzo.

Il Verona da gennaio ad oggi ha fatto 25 punti, ne ha recuperati 11 allo Spezia, oggi superato, ha praticamente preso il Lecce. Nel girone di ritorno ha fatto gli stessi punti del Torino di Juric. La firma di questo “miracolo” ha un solo nome e cognome: Sean Sogliano. Se ci sarà la possibilità di giocare ancora in serie A, lo dovremmo soltanto a lui. E da lui bisognerà sicuramente ripartire in ogni caso. Ne riparleremo quando ci sarà anche la matematica a confortarci. Intanto, una volta tanto, siamo tornati a godere.

VERGOGNA INFINITA. AVETE TRADITO TUTTI. ORA BASTA ALIBI

Una sola cosa aveva promesso quel galantuomo di Sogliano: “Possiamo anche retrocedere ma lo faremo onorando sempre la maglia”. Sogliano si è esposto per un gruppo che lui non ha costruito e per un allenatore che lui non ha scelto. Lo ha fatto perchè, come mi ha detto qualche settimana fa: “Non ho paura di sporcarmi. Quando si arriva in una situazione del genere o ti butti nell’avventura fino in fondo o è meglio stare a casa. Io ho deciso di buttarmi”. Non so ora cosa starà pensando il ds dell’Hellas davanti all’indegna prestazione di mercoledì sera. 

Perdere con l’Inter, sia ben chiaro, è nel conto di ogni tifoso del Verona. Che però mercoledì era arrivato allo stadio e si era messo davanti alle tv con una piccolissima speranza di vedere la propria squadra lottare. Invece il Verona si è sciolto come neve al sole, è crollato alla prima difficoltà, ha subito la peggior sconfitta della propria storia. Accanto ai tanti traguardi centrati da Setti nella propria gestione, bisognerà ricordare anche queste incredibili sconfitte.

Non serve ora ricordare il perchè siamo arrivati a questa condizione. Il Verona attuale è una somma infinita di errori gestionali, di pressapochismo, di presunzione e di dilettantismo. Tutti ingredienti che uniti alla pochezza finanziaria del proprietario hanno creato questa situazione.

Incredibilmente però e con sforzi sovraumani, e forse anche per la pochezza di un campionato che mai in basso ha visto la partecipazione di squadre di così infimo livello, è ancora in corsa per la salvezza.

Questo fatto induce a usare al massimo l’equilibrio e la logica. Impensabile cacciare gli allenatori in questo momento. A tre giorni dalla sfida clou con il Lecce sarebbe una follia. Anche se a vedere la gara con l’Inter sarebbe francamente opportuno operare il cambio. Bocchetti ha troppi limiti. Lo denunciamo da tempo: non discutiamo la bravura, ma l’inesperienza. La serie A richiede cura del dettaglio, freddezza, lucidità. Basta rivedere i 90 minuti giocati con i nerazzurri per non ritrovare nessuna di queste qualità.

Però Bocchetti, da gennaio ad oggi, va detto, ha anche viaggiato ad una media che sarebbe stata sufficiente per raggiungere la salvezza in una modalità più che tranquilla. Ed è a questo dato che ci dobbiamo aggrappare e si deve aggrappare ora la società.

Il resto lo dovrà fare Sogliano, che guarda caso, ieri sera non era in panchina perchè squalificato. Oggi bisogna andare a chiedere conto ad un gruppo che sta tradendo tutti i tifosi del Verona e che sta calpestando la passione di ognuno di noi. Ragazzi che forse non si stanno rendendo conto dei misfatti che hanno compiuto, fin dal momento in cui, orfani di Juric hanno palesemente chiesto la testa dei tecnici precedenti. Bocchetti è figlio di quelle rivolte ed ora non può essere scaricato in questa maniera. La società lo sa benissimo ma, grazie ai risultati che coprivano tutto, ha girato la testa dall’altra parte, creando il pateracchio che abbiamo sotto gli occhi e che in qualche modo è stato tamponato fino a questo momento. Discorsi che affronteremo a fine anno, quando arriveranno i verdetti. Ora, più che mai, invece non bisogna mollare. Ma soprattutto non devono mollare loro. A Lecce la prova verità…

E’ TUTTO UN EQUILIBRIO SOPRA LA FOLLIA

Ogni volta che devo commentare una partita come quella con la Cremonese sono costretto ad attingere alle mie (poche) qualità zen. Devo cercare di razionalizzare al massimo quanto ho visto e tutta la delusione che inevitabilmente affiora in momenti del genere.

E’ un esercizio complicato, complicatissimo. Perché, diciamoci la verità, la voglia di mandare tutti a quel paese (da Setti a Marroccu a Bocchetti fino a Zaffaroni) è la prima pulsione. Poi però mi accorgo che questo atteggiamento disfattista andrebbe solo ad aumentare il senso di pessimismo che inevitabilmente si fa largo tra il popolo dell’Hellas in queste occasioni mancate.

Abbiamo tutti voglia di chiuderla questa lotta per la salvezza, di tirarci fuori da questa melma che ci avvolge dal primo minuto di questo campionato, di archiviare errori/orrori di una società ormai inadeguata a mantenere un livello decente di calcio, incapace soprattutto di alzare il livello nonostante le botte di fortuna degli anni passati. Oggi il destino ci offriva l’ennesima occasione per dare finalmente uno scossone allo Spezia, di respirare aria leggermente migliore.

Il Verona è una squadra costruita senza capo nè coda, una squadra che spesso si complica la vita con scelte che lasciano veramente stupefatti. Paghiamo una panchina con poca esperienza che fa degli errori da lasciare interdetti con scelte al limite del pornografico. Kallon, il piccolo calimero del Verona, sulla destra a smazzarsi davanti a De Paoli rientra in questo ambito. Non è certamente colpa del generoso Kallon, ma evidentemente esiste un problema in chi lo mette in campo.

Aggiungiamoci poi letture poco chiare, l’incapacità di variare il copione e si ha più chiara la situazione. Poi però dobbiamo aiutarci con la ragione, con le cifre e i numeri. Bocchetti e Zaffaroni da gennaio ad oggi, diciamo da quando è arrivato Sogliano, hanno fatto 22 punti. Hanno colmato 8 punti di gap con lo Spezia, ridato speranza ad una squadra morta e sepolta, non una ma due volte. La prima a novembre (cinque punti) la seconda prima della vittoria miracolosa con il Sassuolo. Sempre la ragione mi dice: il 13 novembre 2022 avresti firmato in bianco di essere in questa posizione a sei gare dalla fine. Certo, poteva essere meglio, ma francamente poteva andarci anche peggio. Poteva essere una lunga, infinita, triste via crucis verso la serie B, come altre volte questa società ha offerto.

Invece siamo ancora in corsa, siamo vivi, nonostante tutto e nonostante tutti. E’ questo che oggi dobbiamo apprezzare. Il vuoto pessimismo dei ciarlatani da tastiera, professionisti del copia e incolla, capaci di salire e scendere dal carro con la velocità di un coito di un roditore, non appartiene alla fiera gente dell’Hellas che anche oggi viaggiava trepidante verso Cremona. Come direbbe Vasco: è tutto un equilibrio sopra la follia. E come si sa non c’è nulla di più folle di un veronese che ama la propria squadra.

E’ NATO UN NUOVO VERONA

Finalmente. Finalmente il Verona ha dato un calcio al suo passato recente e finalmente si è tolto di dosso la pesante eredità del dopo Juric. E’ successo, doveva succedere, dopo una “prigionia” che per troppo tempo ha tenuto in ostaggio tutta la società.

Sia ben chiaro: non ci stiamo rimangiando tutto ciò che di buono abbiamo detto di Juric. L’allenatore croato resta un fenomeno che ha cambiato la storia del Verona e che avrebbe potuto cambiarla ancora di più se fosse rimasto qui. Il problema è che un allenatore del genere segna così tanto l’ambiente e il modo di lavorare che quando se ne va, lascia inevitabilmente un vuoto. Vuoto che il Verona l’anno scorso, dopo aver ciccato Di Francesco rigettato dalla squadra proprio perchè abituata al gioco e ai modi di Ivan, è stato colmato da Tudor, guarda caso suggerito proprio dal tecnico di Spalato.

Uscito Tudor dopo la rivoluzione estiva, Setti ha commesso lo stesso errore che commise con Di Francesco: ha preso Cioffi e gli ha chiesto di fare Juric. In questo caso l’errore è stato doppio e triplo. Perchè accanto a questo equivoco ci sono stati anche gli incredibili errori commessi sul mercato dove purtroppo un brav’uomo come Marroccu ha dimostrato la sua totale inadeguatezza come direttore sportivo.

Così, altra giravolta: prendiamo Bocchetti che costa poco, che ha fatto il vice di Tudor, che ha giocato sotto Juric. Un altro pateracchio. Bocchetti, pur bravissimo, giovane ed inesperto ne ha combinate di tutti i colori cercando di scimmiottare maestro Juric. L’arrivo di Zaffaroni e soprattutto di Sogliano pareva aver creato una “mediazione”, ma ancora non sufficiente a liberarsi di quel fantasma. E’ servita l’ultima crisi e forse un aut aut a Bocchetti per provocare il taglio definitivo dal cordone ombelicale.

Stasera con il Bologna il Verona ha fatto una partita intelligente, attenta, di attesa. Ha giocato con il 4-4-2 dando un senso a Verdi che non poteva fare il trequartista alla Juric, dando una logica ad una squadra che la logica aveva perso ancora in estate. Evviva dunque. Festeggiamo perchè non solo il Verona ha vinto e per un giorno ha ripreso lo Spezia. Ma perchè finalmente è nato un nuovo Verona. In cui tutti, ma veramente tutti ora possono dare il loro contributo. E che forse a fine stagione ricorderemo come la squadra che ha conquistato una miracolosa salvezza. Destinata nel suo piccolo, anch’essa, al grande Libro di Storia gialloblù.

FINALMENTE UNA PARTITA EPICA

Mancava a questo campionato così difficoltoso del Verona una partita del genere. E finalmente è arrivato il momento, speriamo non sia tardi, di una gara epica.

La miglior partita della stagione, contro una squadra fortissima. Il Verona si è inserito perfettamente nelle crepe del cammino del Napoli e si è meritato questo punto, sfiorando persino la vittoria.

Bocchetti e Zaffaroni hanno finalmente usato la logica e la semplicità, ma soprattutto hanno preparato benissimo la partita. Per la prima volta da tanto tempo sembrava di rivedere il Verona di Juric. Era ora. Tutti attenti, concentrati, intensi. Abildgaard in mezzo è stato un gigante, Tameze aiutato dal compagno ha corso per tre, Hien in versione Tricella, Dawidovicz pronto a scrivere un altro capitolo del libro cuore, Montipò perfetto, Lasagna un lottatore.

Ma è la panchina che ha dato il meglio di sè. Anche nei cambi. Giusti al momento giusto. Quattro punti in due partite. Tre frutto degli astri del cielo e di San Gaich, questo meritatissimo, persino stretto se quel “mona” di Ngonge invece dello scavino avesse tirato nella porta napoletana.

Abbiamo tirato tante pietre addosso a questa squadra, qualche volta meritate, altre volte no. Ora è il momento di crederci assieme, per le ultime otto partite. Se si gioca in questa maniera, ce la possiamo fare.

Ultima cosa: la tifoseria del Verona merita rispetto. Quello che è successo a Napoli, la scusa di uno striscione innocuo per tenere fuori 181 persone che si sono sobbarcate un viaggio lunghissimo è da paese della banane. Se c’è qualche politico che per una volta ha voglia di difendere non la città, ma semplicemente il vivere civile, come dovrebbe essere in una normale nazione, questo è il momento di farsi sentire. Chiedere spiegazioni e in mancanza di reali motivazioni, pretendere che i responsabili di tutto ciò paghino salato è il minimo.

VITTORIA PAZZESCA E BELLISSIMA MA CHE SERVE A POCO SE NON TORNANO LE PRESTAZIONI

Partiamo da lì: da quel pallone sospeso in aria calciato da Gaichone nostro, capace di fermare il tempo, le menti, i cuori. I secondi dilatati, il sospiro di uno stadio intero, l’esplosione, la gioia, la gola che deflagra, il sangue che pulsa nelle tempie, la voglia di ridere e piangere assieme, di scoppiare in lacrime per esprimere il vulcano di emozioni che arriva dalla pancia. Nulla è in grado di suscitare emozioni del genere, la prova provata per l’ennesima volta, che il calcio non sarà mai un’azienda, tantomeno un’azienda normale.

Il Verona non “ha” una storia eccezionale. “E'” una storia eccezionale. E’ la nostra storia che aggiunge pezzi ed emozioni come quella di questa sera che solo un popolo che si identifica in quella squadra e quei colori può provare e condividere. E’ una magia, poesia alla stato puro, se vogliamo essere esagerati ma nemmeno troppo, è amore allo stato romantico del termine.

Ora torniamo però razionali. Ceccherini e Gaich hanno solo nascosto il problema. Il Verona ha giocato malissimo col Sassuolo, non meritava di vincere, il baratro era giustamente lì ad un passo. La vittoria insperata non è il frutto di una prestazione. Serve però a ricreare entusiamo, gioia, speranza. Il destino e Gaich con il suo incredibile gol, ci hanno regalato questa nuova opportunità. Ma non basta e non basterà se il Verona non cambierà veramente registro, se Bocchetti e Zaffaroni non ritroveranno il bandolo di una matassa che hanno smarrito da tempo. Il Verona è senza intensità e non solo un problema psicologico. Deve essere allenato meglio, deve ritrovare un’idea di gioco, un’identità. Non è solo una questione di scelte.

Speriamo dunque che quel pallone sospeso sia in grado di creare la stessa magia anche dentro lo spogliatoio dove questi meravigliosi ragazzi che tanto ci hanno dato negli ultimi anni non hanno ancora scritto la parola fine.

Vorrei spendere due parole due per Maurizio Setti. So che la mamma sta combattendo una partita molto più importante di tutte le partite che giocherà il Verona da qui a giugno. Possiamo avere qualsiasi idea su Setti (e io ho la mia, più volte espressa), ma tra uomini quando ci sono momenti del genere si manda un augurio e un forte abbraccio. In fondo l’Hellas e le sue emozioni ci legano anche a lui, presidente contestato, ma spesso anche vincente.

SOLO UN’ILLUSIONE

Non si può neanche dire che il Verona abbia giocato male. Ha fatto la sua parte, con i suoi limiti e i suoi difetti. Giusto per dire a fine partita: ce l’abbiamo messa, la Juve è più forte. Il compitino minimo. Solo che non basta. Perchè il disastro combinato prima, le dieci sconfitte consecutive ma anche le partitacce con Monza e Sampdoria, costringono all’impresa, meta lontana per una squadra che è evidentemente arrivata al capolinea.

La pochezza tecnico tattica è evidente a tutti, così come i limiti di una panchina, intesa come allenatori, che pone ancora più al ribasso le speranze di salvezza. Ci sono delle evidenti crepe in tutti i muri. Arrivano spifferi dallo spogliatoio, voci di stipendi non pagati, di gente che tira indietro la gamba, come nei migliori momenti di crisi. Chissà se è così, forse non è così. E’ semplicemente che il Verona è stato costruito malissimo e che mettere una pezza a questa scassata squadra non era impresa umanamente possibile.

L’entusiamo dei nuovi è durato da mane a sera, poche gare passate a coltivare la speranza. Poi anche loro sono stati fagocitati dentro ad un gruppo che ha finito da tempo la benzina e a cui è stato tolto il boost del gol con la sciagurata svendita estiva, un fallimento sportivo, speriamo non finanziario.

All’orizzonte restano dieci partite i cui la “speranza” è l’ultima a morire, ma che in realtà rischiano di diventare una tragica via crucis. E’ stata solo un’illusione, crederci è opera da fedeli veri. Il passo tra un fedele e un idiota che non si fa domande è però brevissimo. Fate voi la vostra scelta.

SERIE B AD UN PASSO, E’ FINITO IL TEMPO DI SETTI A VERONA

Solo la matematica non ci condanna. Ma al di là dei numeri e di un’impresa che ad oggi appare impossibile il Verona è ormai in serie B. Non è servito il disperato e generoso tentativo di Sogliano di rianimare una squadra che era già morta a novembre. Certo, ci sono ancora 11 gare da giocare, 33 punti in palio, potrebbe accadere ancora di tutto. Ma la sconfitta con la Sampdoria ha il sapore di una sentenza. Un Verona inspiegabile che nel primo tempo è stato in balia dell’avversario e che forse avrebbe anche meritato di pareggiare (due gol annullati di centimetri, una palla sulla linea che non era del tutto dentro, un palo) e che alla fine ha preso il terzo gol quando era tutto sbilanciato in avanti.

Sappiamo benissimo di chi è figlia questa debacle. Setti con la superficialità e la supponenza che a volte lo contraddistinguono ha cambiato per l’ennesima volta faccia al suo “management”, incapace di volare alto, incapace di investire. Ma non è questo il problema principale. Quando sei povero però non puoi sbagliare nulla, devi essere più bravo degli altri a scegliere gli uomini, ad affidarti a essi. Setti, qualcuno dice per merito della fortuna, lo era stato ma incredibilmente ancora una volta ha mangiato i suoi figli proprio come Crono, divoratore delle sue creature.

Affidandosi a Marroccu, scegliendo Cioffi come allenatore, Setti voleva dimostrare al mondo di essere l’unico e assoluto motore dell’Hellas, l’uomo del destino o se volete della provvidenza. Non è stato così. L’addio di D’Amico, mai perfettamente spiegato, come anni fa quello di Sogliano, l’addio di Tudor, la cessione disperata di tutti i protagonisti della scorsa stagione, gli errori di tempi, modi hanno creato un “pateracchio” che si riverbera sulla triste classifica. 

La paura di tutti noi è che questo Setti, così debole finanziariamente, con le proprie aziende in profonda crisi, non sia più in grado di reggere il peso di una squadra di serie A, ambiziosa come il Verona. Tantomeno di affrontare da grande protagonista un campionato durissimo come la serie B.

Se fossero vere le voci di trattative con cordate estere, in cui Setti voleva giocare una parte da protagonista, alla Percassi, ci sarebbe da spanciarsi dalle risate vedendo cosa ha combinato quest’anno il presidente carpigiano.

Credo che Setti nel suo decennio gialloblù abbia fatto il massimo possibile e, oggettivamente, è stato un buon presidente assicurando tanti anni di serie A. Lo ritengo anche intelligente e furbo quando si spoglia della sua “sboronaggine” tipica delle zone da cui proviene. Ora deve capire che dopo tanti anni qui, alcuni bellissimi altri francamente disastrosi, è venuto il momento di farsi da parte. Verona, che pure ha delle grandi responsabilità (come città) nell’aver consegnato un suo gioiello per l’ennesima volta ad un non veronese, non può essere un suo ostaggio. Lo dico, giusto per essere chiaro anche se dovesse arrivare una miracolosa salvezza, ad oggi pura fantascienza. Comunque andrà, ci attende una lunga, speriamo non lunghissima, via crucis.