UNA SQUADRA CONDANNATA A FARE IMPRESE STRAORDINARIE CHE PARE AVER FINITO LA BENZINA

Il problema del Verona è che è condannato a fare cose straordinarie per rimediare al disastro combinato in precedenza. Appena fa cose “normali” pare essere la fine del mondo. In realtà in altri tempi e con un’altra classifica questo pareggio col Monza non ci sembrerebbe nemmeno così disastroso e sarebbe un punto da mettere in cassaforte. Invece oggi è solo un’occasione buttata. Colpa anche dello Spezia che ha battuto la sciagurata Inter di Inzaghi, ma questa è un’altra storia.

Quello che però preoccupa è una squadra che si sta attorcigliando su stessa, stanca soprattutto, con la luce della riserva accesa. Per recuperare il gap accumulato il Verona ha buttato via energie fisiche e mentali. E ora che servirebbe lo scatto di reni, il colpo di coda non ne ha più. Da gennaio in poi il Verona ha messo assieme 14 punti con una proiezione finale che sarebbe stata sufficiente a garantire una salvezza super tranquilla. Purtroppo ha giocato con la cappa di dieci sconfitte consecutive, un fardello enorme come abbiamo ripetuto mille volte.

Essere preoccupati è lecito. Non tanto per i cinque punti dallo Spezia ma per quello che il Verona ha manifestato contro il Monza. La squadra è in apnea e le scelte di Bocchetti e Zaffaroni molto opinabili. La sensazione di non essertela giocata al meglio rimane. Forse non sarebbe cambiato niente, ma se proprio dobbiamo inventarci qualcosa di nuovo perchè Kallon dall’inizio, perchè Doig fuori, perchè Lazovic di nuovo a sinistra a farsi tutta la fascia, perchè non rafforzare il centrocampo con Abildgaard, perchè non spostare Duda sulla trequarti? 

Bisogna adesso scavallare la gara insidiosa contro la Sampdoria e poi inventarsi qualcosa, approfittando della sosta per ricaricare le batterie fisiche e mentali. 

Questa è una terribile e difficile lotta di nervi. Una battaglia che si gioca sulle emozioni che cambiano velocemente di settimana in settimana, di partita in partita. L’esercizio dell’equilibrio è da praticare fino alla fine, perchè ora non serve a nulla il disfattismo e il nichilismo teso a demolire ogni certezza. La tentazione è forte, spesso cadiamo anche noi nel trappolone. Ma è proprio con la lucidità e con il totale appoggio alla squadra (non certo ad una discutibile proprietà con cui a fine campionato bisognerà aprire un serio discorso…) che possiamo ancora coltivare un po’ di speranza. 

CREDETEMI, QUESTO ALLA FINE DIVENTERA’ UN PUNTO D’ORO

Era importante vincerla, era fondamentale non perderla. Uscire sconfitti da La Spezia voleva dire mettere la parola fine al nostro campionato. Vincere significava riaprire la lotta salvezza in maniera definitiva, così resta tutto aperto. Il Verona è vivo e non è finita. Tutto può ancora accadere da qui a giugno è sicuramente il pareggio di La Spezia consente al Verona di continuare a sperare.

Il disastro del Verona, è bene ricordarlo a qualche smemorato, si è compiuto nella prima parte del campionato. Il Verona aveva cinque punti in classifica il 13 novembre, ne ha messi insieme 13 da gennaio ad oggi. Senza quell’handicap saremmo qui a parlare di un altro campionato straordinario. E sempre per puntualizzare, lo Spezia nelle ultime sei gare ha fatto tre punti (ultimo), il Verona 8, giocando con Roma, Fiorentina e Lazio e vincendo due scontri diretti con Salernitana e Cremonese. 

Poi si può discutere in eterno su quanto sia scarsa questa squadra, sui limiti di una rosa costruita male, frutto di una svendita e di acquisti sbagliati. A rivedere i gol falliti da Kallon, Gaich e precedentemente da Lasagna viene da dire (come ho detto durante Alè Verona) che probabilmente ci meritiamo la serie B. Ma c’è da aggiungere anche che lo Spezia visto oggi ha i nostri stessi problemi anche se loro a nostra differenza hanno speso un milione e mezzo solo per prendere Shomurodov al mercato di gennaio. 

Credo anche che in questo momento a fare veramente la differenza sia il tifo del Verona. So per esperienza quanto la spinta della gente gialloblù possa fare miracoli e cambiare eventi che sembrano già predefiniti.

Vedere la muraglia gialloblù sugli spalti del Picco mi riempie di fiducia.

Dobbiamo combattere in questo momento lo “sfigo-pessimismo” che ci pervade quando le nostre aspettative non corrispondono alla realtà del campo. Dobbiamo essere lucidi e razionali nel valutare i risultati, anche questo di La Spezia che ci è sembrato una grande delusione appena finita la partita.

Sogliano ha spinto la squadra sotto la Curva a fine gara, i giocatori dell’Hellas hanno urlato ai tifosi “Non è finita”. E’ questo il piano di battaglia, è questa l’unica cosa che conta. Non è finita ragazzi, può succedere di tutto da qui alla fine. L’importante è esserci e non mollare. Il pareggio ci mantiene a galla, la gara con il Monza potrebbe dare un senso diverso a questo punticino. Ditemi che sono matto, ma resto ancora ottimista.

TROPPI ERRORI DALLA PANCHINA, URGE SERIO CONFRONTO PER NON SMARRIRCI

Troppi errori dalla panchina. Si spiega così la sconfitta con la Fiorentina. Errore numero 1. Dawidowicz non può marcare Ikonè, così come non lo poteva marcare Coppola all’andata (rivedetevi quel gol e capirete). Errore numero 2: perchè Lasagna? Perchè? Errore numero 3: perchè quei cambi? Errore numero 4: Faraoni va recuperato con calma, non buttato allo sbaraglio. Oggi è un giocatore normale. Errore numero 5 che poi è il padre o la madre di tutti gli errori: questo Verona non è quello di Juric, non è quello di Tudor. Non può giocare a viso aperto con la Fiorentina, a tutto campo. Non ha le conoscenze, non ha il ritmo, non ha il fisico, non ha la qualità.

Questa squadra è uscita dalla palude con l’ignoranza e l’umiltà. Palla lunga e chissenefrega. Brutto ma efficace. Ha fatto di necessità virtù, ha deciso che in quel momento andava bene così, che era sufficiente smuovere la classifica prendere un punticino. Ho come l’impressione che ora pensi di essere diventato bravo. Che si può alzare il livello estetico. Ma non è così. Lasagna non può giocare. Punto. Non dall’inizio almeno. Non con l’idea di servirlo in profondità. Soprattutto se poi lo cerchi come facevi con Djuric e con Gaich. L’argentino è giovane e ha il fisico di un granatiere. Con la Salernitana ha fatto una grande partita. A Roma l’hanno pestato. E’ utilissimo, molto più di questa Lasagna che snatura l’Hellas e non segna.

Bocchetti è giovane, ha imparato da Juric, non ha ancora l’astuzia del croato, tutto tutto niente niente direbbe Cetto La Qualunque. La batosta con la Fiorentina è grave. Molto grave. Perchè rituffa il Verona indietro di tre mesi, riporta il livello del pessimismo al “full”. Ma può essere utile dopo la grande rincorsa. A patto che Bocchetti e Zaffaroni facciano ora un “recap”, una sintesi e un esamino di coscienza e ritornino a battere i vecchi concetti. Ignoranza allo stato puro, guerriglia urbana in campo, stretti chiusi e vaffanculo ad ogni velleità di bel gioco e pecchiana crescita del gruppo.

Ci giochiamo molto a La Spezia, ma il 13 novembre ognuno di noi avrebbe firmato per arrivarci a tre punti da loro, con le condizioni di riaprire il campionato. Che non finirà in Liguria, ma poi continuerà e offrirà ancora colpi di scena. Inutili sono i pessimisti di professione, quello che “io l’avevo detto che non ci saremo salvati”. Oggi come oggi quinte colonne del nemico. I conti si faranno alla fine e se sarà serie B almeno avremo la consolazione di essercela giocata. A novembre, ipotesi semplicemente da fantascienza.

LA SALVEZZA PASSA ANCHE DA COME SI GESTISCONO LE SCONFITTE

La lunga rincorsa si è fermata a Roma. Doveva succedere prima o poi. E’ successo proprio quando ti aspettavi un salto di qualità, non è un dramma. Dopo aver giocato sette finali il Verona è arrivato un po’ prosciugato all’Olimpico. Più nella testa che nelle gambe. Lo sforzo fatto per rimettere in piedi il campionato è stato enorme, le gare con Cremonese, Lecce e Salernitana hanno lasciato il segno.

Ma il Verona è comunque uscito a testa alta. Certo ci sono limiti evidenti. L’attacco è un problema e quando non funziona il perno centrale sono guai. Gaich ha deluso, ma ha degli alibi. Lo hanno massacrato impunemente finchè è rimasto in campo, depotenziato con le buone o con le cattive, spesso con le cattive da uno Smalling a cui il mediocre Sozza ha concesso tutto.

La Roma, si sapeva, è abituata a mettere in gazzarra queste partite e con l’Olimpico sold out è semplice creare questo ambientino. Se l’arbitro non ti tutela nemmeno un po’, è quasi impossibile uscire indenni. Se la Roma è terza e il Verona terz’ultimo, un motivo ci sarà, vedi diversi valori tecnici. Aggiungiamoci qualche lettura sbilenca della nostra panchina (sostituzione di Lazovic, unico da avere i piedi fatati là davanti) e la sconfitta è servita.

Ora bisogna ad essere bravi a gestire questo stop. Non facendo drammi perché non serve e perché comunque è già tanto essere ancora qui a giocarcela, visto il disastro combinato fino a novembre. La nostra piccola grande vittoria è essere ancora in corsa e questa impresa non va dimenticata. Il capolavoro, ovviamente, sarebbe la salvezza. Ma per ottenerla serve uno sforzo dell’ambiente per non creare un clima disfattista. Perdere a Roma ci può stare, soprattutto nella domenica in cui anche le altre piangono.

Non abbiamo sbracato e senza la sbavatura sul gol (merito anche della Roma, sicuramente), il pareggio non era un furto. Piuttosto meglio preoccuparsi di come segnare, problema congenito di questa squadra, un po’ nascosto dall’exploit di Ngonge nelle ultime partite. Djuric è congeniale al gioco, ma non segna e in più ora è in infermeria. Gaich è grosso, volenteroso, ma dobbiamo concedergli un tempo di maturazione al campionato italiano che purtroppo non c’è. Lasagna non vede la porta. I gol devono arrivare dai trequartisti e dai centrocampisti. Lì Bocchetti e Zaffaroni devono fare meglio e di più, anche se, dobbiamo ammetterlo, rispetto alla palla lunga di Montipò per la spizzata di Djuric di inizio gennaio, qualcosa di buono s’è già visto. Ma non basta. Ora si deve tornare a correre veloci, con la Fiorentina è tempo di un’altra finale da non sbagliare.

IL VERONA HA FATTO UN’IMPRESA MA PURTROPPO IL DIFFICILE VIENE ADESSO

Sarebbe bello poter celebrare questo miracolo. Ma non c’è tempo e non è il caso. Purtroppo il ritardo accumulato per le dabbenaggini gestionali della prima parte del campionato non ci permette di godere appieno di quanto ha fatto il Verona da gennaio in poi. Servirà un’impresa gigantesca, si diceva, e il Verona questa impresa la sta realizzando. Peccato però che tanta bellezza sia servita solo a rimetterci in linea di galleggiamento.

A oggi il Verona è ancora al terz’ultimo posto, quindi virtualmente in serie B. Vuol dire che lo straordinario cammino intrapreso è servito solo ad alimentare la speranza. Il difficile, cari amici miei viene adesso. Non voglio fare il pompiere ma sono realista. Il Verona ha vissuto grazie a uno slancio emozionale sovraumano, ha colmato lacune, si è rimesso in piedi dopo che un treno gli era venuto addosso. Ora il rischio è di pensare e soprattutto credere di aver raggiunto il traguardo.

Invece il difficile viene adesso. Grazie a Sogliano, la mossa del cavallo di Setti, come racconterebbe maestro Camilleri, l’Hellas ora può sperare. Ma non si può fermare, non può accusare cali, non può permettersi di perdere altri punti per strada. Lo deve fare con l’arma della sana ignoranza che lo ha condotto fuori dalla palude in cui si era ficcato il 13 novembre quando aveva due piedi e la testa già in serie B.

C’è modo anche di essere più ottimisti. Partiamo dagli acquisti. Il capolavoro del ds che a costo zero ha portato giocatori bravi e soprattutto perfettamente funzionali al gioco di Bocchetti e Zaffaroni. Ma un merito va anche ai due allenatori. Bocchetti che ha preso il meglio da Juric e Zaffaroni che ne ha mediato le ingenuità e le esperienze. Ma qui il discorso ci riporta ancora a Sogliano che ha voluto regalare a Bocchetti quelle due partite fondamentali contro Torino e Cremonese, mettendolo nella condizione però di lavorare, assicurandogli appoggio pieno e forza nello spogliatoio. Bocchetti ha colto al volo l’opportunità, è cresciuto è maturato. E oggi il Verona, sembra di nuovo quella macchina possente che ha raggiunto tanti traguardi nei tre anni precedenti. Niente a che vedere con lo sfavillante Verona di Tudor, poco anche con quello del primo Juric che contava su gente come Amrabat, Pessina, Borini, Kumbulla e Silvestri. Questo Verona è pratico, ignorante, concreto, umile. E con queste armi ora spera.

Nella magnifica vittoria contro la Salernitana ci sono stati tanti protagonisti. Ma uno a mio avviso merita un sincero e meritato applauso: Lorenzo Montipò. Non ne abbiamo mai risparmiata una a questo portiere, ci ha sempre lasciato un po’ scettici, mai pienamente convinti. Spesso ne abbiamo messo in risalto gli errori, a volte ridimensionato i meriti. Stasera, dopo il miracolo su Piatek, dobbiamo ammettere che senza quella straordinaria parata non saremmo qui a parlare di futuro per il Verona. Montipò è uno di noi, senza dubbio. Se questa squadra entrerà nella storia salvandosi, ci sarà sicuramente la sua firma sull’impresa.

BENVENUTI A VERONA CITTA’ SPECIALIZZATA IN IMPRESE CONTRO LA LOGICA

Pulsa e vive. Ha dentro un sangue gialloblù che pompa passione come ai bei tempi. Si era smarrito per le scelleratezze estive, è stato ritrovato a novembre. Chissà mai se il Verona si salverà. Siamo sempre a livello di miracolo, ma ora il Verona ha di nuovo un cuore.

La splendida partita con la Lazio non è un punto guadagnato. Ma due punti persi. E già qui c’è tutta la rivoluzione che si è compiuta dal 13 novembre a oggi. Chi avrebbe mai potuto pensare di arrivare alla gara del 6 febbraio con la Lazio con la speranza di potersela giocare e soprattutto chi mai avrebbe potuto pensare che il risultato di 1-1 sarebbe andato stretto agli scaligeri? Invece è successo proprio questo. Se Ayroldi avesse fischiato almeno un rigore (Magnani e Lasagna), se il tiro di Lazovic fosse entrato, se Provedel non avesse fatto un capolavoro su Doig e se lo scozzese avesse calciato in porta la deviazione dello stesso Provedel sui suoi piedi stasera saremmo a meno due dallo Spezia.

Ma siamo lì ed ora tutto ha un senso. Sogliano ha estratto dal cilindro a costo zero giocatori utilissimi e perfettamente incastrabili nel tipo di gioco che Bocchetti e Zaffaroni avevano in mente. Duda è un professore due spanne sopra tutti, Ngonge una rivelazione, Abdilgaard un gigante pronto a sbarrare il passo a chiunque, Gaich un armadio a tre ante, pronto a tirare sportellate, Braaf un talento puro. Ovviamente vicino a loro c’è tutta la vecchia truppa, quella che pareva ormai al capolinea, invece rivitalizzata dal nuovo corso, ragazzi che avevano solo bisogno di qualche pacca sulla spalla e di una visione leggermente diversa del mondo.

A Verona siamo specializzati in straordinarie avventure contro la logica, fin da quando si vinse lo scudetto. Se non qui, dove? Dove il Milan poteva perdere due scudetti? E l’anno in cui ci si salvò a Reggio Calabria? E a Busto? E a Salerno? E per poco non ci riuscì anche Bagnoli al suo ultimo anno qui, quando lottò fino all’ultima giornata, cadendo solo a Cesena, Ovviamente siamo capaci anche di disfatte di proporzioni galattiche, lato diverso della stessa medaglia e dello stesso Dna.

Ora siamo di nuovo contro la logica, ma appunto la logica viene battuta dal cuore, dall’amore, dalla passione, dall’orgoglio. Tutto quello che è stato stasera il Verona e che non era più. Il Verona non è solo una squadra di calcio. Siamo noi veronesi, comunità di matti capaci di ogni impresa soprattutto quando ci considerano poca cosa, è il Bentegodi, è quello che ci lega e che gli altri mai capiranno. Sentimenti ritrovati grazie ad un ds che li aveva vissuti in prima persona e a cui eravamo mancati tantissimo. Siamo ancora qua. Per un’altra settimana, almeno.

BRUTTO, CON UN PIEDE IN B, SENZA SOLDI MA CON UN’ANIMA: COME FAI A NON VOLERE A QUESTO VERONA?

Brutto è brutto. Ma come fai a non volergli bene? E’ laggiù, sgualcito, senza soldi, con le toppe al culo, con un presidente che ordina di vendere, vendere, vendere… Eppure lotta, soffre, sembra sul punto di crollare, ma pensa un po’, alla fine recrimina persino. Entra Duda e cambia la partita. Entra Ngonge e per un pelo non la vinci. Entra il Terracciano figlio di Terracciano e il Verona rialza la testa.

Sogliano salta in campo, pare volerla giocare anche lui con le sue gambe sghembe da taglialegna, è fuoco e fiamme, il ds che se n’era andato da Verona perché qualche imbroglione aveva venduto verità finte ai cretini che gli credevano e s’erano venduti come Giuda ai romani. Meglio dimenticare quei cialtroni (tanti finti tifosi che ora applaudono ma noi sappiamo i loro volti e le loro malefatte) e sfruttare la voglia di Hellas e di Bentegodi di una brava persona che ci ha ridato un po’ di speranza quando tutto sembrava già finito.

E il Bocchetti che non è un professore con il microfono in mano ma dicono bravo, bravissimo là a Castelnuovo. E il Zaffa che sembra qui da sempre, con quella faccia che Gaber ci avrebbe scritto una ballata, quella del Zaffa operaio arrivato a Verona dalla porta di dietro e ora in pista a ballare con Giulietta e con noi, un’altra brava persona il cui buon senso mancava da queste parti.

Ci sarebbe da scrivere anche del Setti da Carpi, sborone senza soldi, che i soldi li prende dall’Hellas che però se il Verona te lo tiene in serie A un altro anno è difficile pure criticare. Riprendere Sogliano dopo quanto successo tra loro due, lettere e schiaffoni mediatici, può tramutarsi in un suo capolavoro e se vogliamo, per lui orgoglioso com’è, è stato come mangiare un piatto di liquame di color marrone. Insomma, ci siamo capiti…

In mezzo al deserto della qualità tecnica, il brutto Verona ha adesso un senso. Ha perso per 1-0 solo con l’Inter da quando è tornato a gennaio e se continuasse di questo passo arriverebbe a quota 41, abbondantemente alla salvezza. Sean ha dato ordine allo spogliatoio, forza a Bocchetti e pian piano anche uomini su cui contare. Quel Duda lì, per esempio, pare uno che sta da dio lì dentro, ma anche Braaf e Ngonge aspettando rinforzi a centrocampo (Harroui?), in attacco (Gaich) e magari qualche altra sorpresa. Martedì sera sapremo dopo il mercato su che Hellas potremo contare. Intanto sappiamo che il Verona lotterà fino alla fine. E’ già tantissimo, lo ripeto, visto com’eravamo rìdotti il 13 novembre 2022.

L’ELOGIO DELL’UMILTA’

C’è in giro un sacco di buongustai a cui il Verona di oggi non piace. E’ gente che si è dimenticata le nostre origini e storce il naso davanti ad un’onorevole sconfitta contro l’Inter. Gente che mangiava pane e cipolle in serie C e oggi pretende Dom Perignon e fois grais.

Invece il Verona di Zaffaroni-Bocchetti-Sogliano, dopo i disastri della gestione Marroccu è tornato a mangiare pane e salame. Cibo umilissimo ma spettacolare nella sua semplicità. Il Verona di oggi è brutto, sporco, cattivo. E’ puro scarso, ma di questa consapevolezza ha fatto un’arma. Il Verona di oggi è umile, orgoglioso, combattivo.

E’ una squadra ignorante per mentalità ma con un’anima ben definita. Finita l’era del fru-fru, oggi quando si è in difficoltà si butta via la palla in tribuna, si sputa l’anima in campo, palla a lunga a Djuric e poi speriamo qualcuno la butti dentro. E qualcuno, guarda caso, la butta dentro, mentre dietro la pastafrolla ha lasciato spazio a qualche armatura di cemento armato.

Siamo tutti d’accordo, Sogliano per primo, che non basta aver fermato la sanguinosa emorragia data da un mercato sbagliato e da scelte sballate per compiere l’impresa. E infatti credo che il mercato qualcosa porterà oltre alla batteria di scommesse/giovani che sono arrivati. Ma intanto la prima promessa è mantenuta: chi scende in campo è gente che è pronta a morire per l’Hellas. Se torniamo alla gara con lo Spezia, quando parlavamo di un ciclo finito, di una vecchia guardia alla frutta, dei nuovi che poco c’entravano con quella squadra un bel passo in avanti è stato fatto. Eravamo morti e sepolti, ora respiriamo e diamo segnali di vivacità. E’ già abbastanza.

NON BASTA LA LOGICA PER SALVARSI

Ora che il Verona ha ripreso una logica si può dire anche che questa non basterà per la salvezza. La partita di Milano contro l’Inter, una buona partita date le differenze di classifica, di organico, di budget ci ha detto una volta di più che è necessario sistemare al più presto la rosa di questa squadra.

Così, senza aiuti, il Verona non può fare un’impresa. Fosse partito fin dall’inizio con questa impostazione e con questa formazione l’Hellas avrebbe magari potuto trovarsi in una posizione diversa di classifica ma a questo punto, con il gap accumulato e i punti persi, è necessario compiere una grande impresa che questa squadra, così com’è non può raggiungere.

Il problema è che Sogliano si trova ad agire in una via strettissima. Colpa di un progetto sbagliato, di un mercato ciccato sia in entrata sia in uscita, che ha prodotto un mezzo disastro. Poco c’è da salvare purtroppo della gestione Marroccu. Giusto Djuric, Hien e Doig che ora stanno trovando una collocazione, ma poi basta. Non è nemmeno una questione di giocatori scarsi. E’ che veramente alcuni di questi non c’entrano nulla con l’idea tattica di Bocchetti e Zaffaroni. Henry, Verdi, Hrustic, Hongla (che aveva deluso anche l’anno scorso) ma forse anche Günter, Cabal e Piccoli sono in questo momento quasi inservibili. Per compiere una rivoluzione servirebbe un salasso finanziario.

Sogliano deve piazzare questi giocatori con attenzione e pazienza, creando un mercato prendendo delle opportunità che arriveranno forse solo alla fine, non rafforzando magari delle dirette concorrenti e nel frattempo preparare le mosse in entrata, quelle che dovrebbero supportare il Verona da qui a giugno.

E’ più che evidente che Sogliano si stia muovendo su un tappeto di uova, cercando di romperne il meno possibile. Da una parte deve essere chiaro nell’approccio sia con i giocatori sia con i tecnici, dall’altra non deve perdere per strada nessuno e infine deve anche trovare le giuste alternative.

Non è difficile capire dove incidere. Il Verona ha bisogno di due trequartisti di grande fisico, che siano i primi difensori, gente alla Zaccagni, alla Pessina, alla Barak. Il segreto del Verona di Juric e Tudor stava tutto lì, ancor prima del centravanti, importante in questo modo di giocare ma non vitale se è vero che il primo anno il Verona divenne la rivelazione sebbene avesse Di Carmine e Stepinski. Serve poi un braccetto di sinistra, e ovviamente una punta che dia il cambio a Djuric.

Dare segnali e facce nuove allo spogliatoio è importante per la piazza e per lo spogliatoio. Braaf, Zeefuik e Ngonge sono tre scommesse adatte allo scopo, ma altro deve arrivare. Lo sa Sogliano, lo sa anche Setti che per difendere il suo portafoglio stavolta (paradossalmente) sarà costretto a fare un sacrificio finanziario. Prima che sia troppo tardi.

LA STRADA PER LA SALVEZZA

Ora possiamo dirlo. Se il Verona non avesse vinto contro la Cremonese il campionato poteva essere considerato finito. Non c’era alternativa a questi tre punti. Al di là delle dichiarazioni di maniera tutti lo sapevano, da Setti in giù. L’importanza di questa vittoria è straordinaria e concede al Verona una seconda chance. Incredibile se vogliamo, dopo tutti gli errori commessi in estate e quei miserabili cinque punti con cui si era chiusa la prima parte della stagione.

Nella disperazione del momento e dopo il disastro della sconfitta con lo Spezia, Setti ha fatto la miglior mossa della stagione: ha accantonato l’orgoglio e ha ripreso l’uomo che ha costruito una parte delle sue fortune: Sean Sogliano. Un Sogliano assetato di rivincita, reduce da annate sfortunate e perdenti, felice di riallacciare i fili di una storia che per lui era stata traumatica e irrisolta. Sbarcato a Verona Sean si è cibato della magica atmosfera che il Bentegodi sa regalare, un’atmosfera inebriante per un passionale come lui, benzina per il suo ego ferito. C’è poco da fare: ognuno di noi ha un suo posto nel mondo e il posto di Sogliano è Verona, la sua squadra, gli spalti del Bentegodi, i suoi tifosi.
Sean è uomo di calcio e prima di tutto al Verona serviva un uomo di calcio, che analizzasse la situazione e al contempo scuotesse una squadra che pareva destinata all’oblio. Prima mossa: il ds ha rafforzato Bocchetti, dandogli vera fiducia, supportandolo, fornendogli una sponda di dialogo. Ha sistemato la questione patentino ingaggiando Zaffaroni, una persona gentile, educata, di buon senso ma anche un buon allenatore capace di integrarsi con Bocchetti con grande intelligenza.

Infine le mura del centro sportivo di Castelnuovo sono tornate a sentire qualche sana urlata a cui non erano più abituate. Basta con gente rassegnata e con la testa bassa, via chi non ha voglia di lottare. Guardate chi ha giocato nelle ultime gare, chi non è stato convocato e tirate voi le vostre conclusioni…

Vuol dire che il Verona e salvo e che basta Sogliano per arrivarci? No, no e poi no. Sogliano ha rimesso il Verona in carreggiata ma ora deve dedicarsi alla seconda importante parte del suo lavoro. Operare bene sul mercato, cercando gente atta allo scopo, non privando la squadra di chi può ancora essere utile, spingendo Setti a fare qualche investimento e/o sacrificio per mantenere una categoria che è vitale per le casse del club. Un’opera immane che possiamo ancora paragonare ad un miracolo. Un miracolo che dopo la Cremonese è possibile, quindi tecnicamente declassato alla categoria: gigantesca impresa. Buon divertimento.