Prendo spunto da quello che hanno scritto alcuni amici del blog nella precedente discussione. "Ma abbiamo tutti 42 anni?" chiedeva incuriosito qualcuno. Effettivamente questa pare essere la "generazione Hellas". 42 anni o giù di lì (io ne ho 43, classe ’65). Cresciuti con il mito di Zigoni (diciamo che avevamo intorno ai dieci anni quando Zigo impersava a Verona con le sue mattane e la sua classe), "tatuati" nell’animo dal Verona di Bagnoli, di Dirceu, di Penzo, di Briegel e di Elkajer. Furono dieci anni incredibili quelli che hanno segnato la nostra vita. Oggi sono solo "ricordi", ma così profondi e indelebili da aver timbrato la nostra adolescenza e gioventù.
La nostra generazione ha vissuto solo di striscio la contestazione politica e il ’77. Quando entrai al Maffei, solo quelli della terza liceo avevano fatto i "famigerati" anni di piombo. E la cosa a noi non toccava più di tanto. Certo, non eravamo arrivati al totale (o quasi) disinteresse dei nostri giorni ma poco ci manca. Più che il ’77 e Toni Negri, ci aveva formato Carosello. Carlo Dapporto ("e tutto d’un tratto il coro…), Ernesto Calindri ("contro il logorio della vita moderna…"), l’uomo del Bio Presto (era Franco Cerri, un grandissimo chitarrista jazz) immerso in ammollo in una vasca d’acqua, Calimero. E non è detto che siamo stati più sfortunati…
Sono due, credo, le cose che ci legano di più: la vittoria dell’Italia al mondiale dell’82 e lo scudetto del Verona. L’Italia mundial di Spagna mi fa venire in mente la bandiera che mi aveva cucito mia nonna, prima di Italia-Brasile. Il problema era reperire la stoffa. Il rosso e il bianco, tutto sommato era stato semplice trovarli. Feci fatica per il verde. Trovai un panno di un improbabile verde marcio (stile cravatta di Rasu?) che attaccai ad una canna di bambù. E la sera di Italia-Germania, anche se il giorno dopo dovevo andare a lavorare in una fabbrica di scarpe (dieci ore al giorno, un massacro, ma d’estate allora si usava così…), festeggiai in mezzo alla strada come un matto fino a notte fonda
Il Verona era già una grande squadra. Bagnoli l’aveva presa in serie B e la stava trascinando in alto. Io avevo l’abbonamento dall’anno di Veneranda. Mi ricordo le prime partite della B. La gara con la Cavese di Paleari l’ascoltai grazie a Roberto Puliero e a Radio Adige, in sala da pranzo, seduto su una vecchia sedia a dondolo. Partimmo male, ma poi fu un trionfo. Nelle prime partite Bagnoli non aveva ancora Gibellini da mettere vicino a Penzo. Ma venimmo tenuti a galla da un certo Sauro Fattori che poi non so che fine abbia fatto.
In serie A era uno spettacolo. Bagnoli non voleva Dirceu perchè gli preferiva Guidolin. Ma il brasiliano mi fece veramente innamorare del Verona. Che spettacolo ragazzi quei lanci da 40 metri per Penzo, quei cambi di campo. Mi ricordo come se fosse adesso il gol dell’amigo al Catanzaro. In porta c’era Zaninelli che per cercare di fermare quel tiro (Zoff ne sapeva qualcosa…) sbattè persino contro il palo. Quando Dirceu se ne andò subii una cocente delusione. Anch’io lo considerai un traditore. Ma quando arrivò, anni dopo, la notizia che Dirceu era morto in un incidente stradale, mi venne un grosso groppo in gola.
Fantastico anche il Verona dei "puffi al tritolo", Iorio e Galderisi. Fu la dimostrazione di come Bagnoli sapesse adattare il materiale umano alla sua idea. Se non hai la "torre" vanno bene anche due piccoletti. Ma il capolav
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