Vorrei parlarvi di un aspetto della mia professione. Ieri, martedì, sono andato allo stadio Bentegodi per fare le interviste.
Al di là del fatto delittuoso di vedere il Verona in una categoria assolutamente non consona, devo dirvi che è veramente emozionante intervistare questi ragazzi.
Cercate di non fraintedermi: non è la favoletta della volpe e dell’uva. Non vorrei che qualcuno subito dicesse, "ma come Vighini, meglio intervistare Tiboni che Ronaldinho?". La questione non è questa. E’ che in questi anni il nostro lavoro è molto cambiato. In peggio.
Filtri assurdi imposti dagli uffici stampa, televisioni a pagamento che la fanno da assolute padrone, addirittura un presidente di Lega che tira le orecchie ad un allenatore per aver (legittimamente) mandato a quel paese un giornalista. E solo perchè quel giornalista parla da una tivù che sborsa milioni di euro per avere un’intervista. Prima di quell’episodio Matarrese non aveva mai alzato un dito per fermare i mille silenzi stampa.
Luca Fioravanti domenica scorsa al Meazza non ha intervistato Ronaldinho. Ha intervistato Di Carlo e Bentivoglio in uno scantinato (guardare le immagini, prego…). A Verona l’ufficio stampa della Fiorentina non ha portato Prandelli e solo perchè un collega si è incazzato, Gilardino è arrivato ai nostri microfoni.
In serie A alla domenica vedo giornalisti della carta stampata prendere (ricalcare) le interviste dalle tivù satellitari. Sulla Gazzetta (non sull’eco della Val d’Ossola) leggiamo sempre più spesso le cronache di un’intervista televisiva invece di leggere le domande del cronista della rosea.
Non è più possibile avvicinare un campione. Durante la settimana gli uffici stampa decidono chi far parlare. Mai un giocatore in difficoltà. Per esempio: al Chievo adesso sarebbe interessante sentire Pellissier. Ed invece ecco Malagò e Luciano.
Tutto questo senza che la nostra categoria muova un dito. Non c’è nessuno che si lamenta e che prende posizione. Due anni fa dopo che Del Neri decise per motivi suoi di non parlare con i giornalisti presi la decisione che Telenuovo non lo avrebbe più intervistato. L’iniziativa fece scalpore ma non m’importava. Era una questione di principio per far capire a Del Neri che senza media e senza tifosi lui non sarebbe andato da nessuna parte.
Tutti si adeguano. Si è perso il gusto di sentire direttamente i protagonisti, di andare alla fonte. Oggi con internet i giovani giornalisti sono diventati schiavi del ctrl c e del ctrl v. Uno fa le domande gli altri copiano. Il bello è che una notizia sbagliata viene replicata all’infinito. L’anno scorso di questi tempi c’era chi reputava la panzana della cessione un "buco". Nessuno che si è chiesto se fosse vera, se veramente ci fosse Percassi o se il Lancini di cui si parlava era veramente quello che si pensava.
Ho ancora registrata una telefonata all’ufficio stampa di Percassi in cui si smentiva quella cessione, e uno alla moglie dell’imprenditore edile Lancini che diceva che loro con quella storia non c’entravano niente. Per questo sono sempre stato scettico su quella cessione. Bastava semplicemente andare alla fonte, invece di correre dietro alle notizie di qualche buontempone (chiam
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