C’è un partito silenzioso a Verona che è sempre in ebollizione, 365 giorni all’anno, anche quando non lo vedete e non lo sentite. E’ il partito che vorrebbe unire la storia delle due squadre di calcio della città. Per comodità lo chiamerei il Partito della porcheria, il Pdp. Questo partito è molto forte, ma anche molto debole al tempo stesso. E’ un partito che ha “sostenitori” ovunque. Tra i politici, tra i banchieri, tra gli imprenditori fino ad arrivare dentro le redazioni dei giornali. Il principale problema del Pdp è far digerire questa porcheria alla gente. Ecco perchè sono sempre al lavoro. A questo partito non piace chi fa “rumore”, chi racconta la verità, chi fa le domande scomode. Pensate un po’ che tra loro ci sono gli stessi che ancora oggi offrono vetrine televisive ai loro amici, dove entrano solo telefonate amiche, nessuna reale, altrimenti i “capi” del Partito potrebbero irritarsi e loro perderebbero il ruolo che gli è stato assegnato.
La Storia per questa gente è solo una “gabbia” da cui liberarsi, perchè “tiene prigionieri” i tifosi. Prigionieri di un’idea assurda (secondo loro): essere tifosi per sempre, nel bene e nel male, di una sola squadra di calcio. Argomenti ne hanno per carità: ad iniziare da quei contributi televisivi che lieviterebbero fino a garantire un futuro “radioso”. E poi ci sono le esposizioni bancarie che verrebbero “anestetizzate”, il futuro stadio, il marketing, gli abbonamenti… Il problema però resta: come far digerire la porcheria? Ed allora ci provano: gli argomenti usati ormai li conoscete. Partono da lontano, prendendo in esame la storia del Verona: in fondo, dicono, questa squadra ha già avuto delle fusioni. Sperando in questo modo di “minare” la nostra resistenza. Poi creano confusione: parlano di un giocatore del Chievo e lo paragonano ad uno del Verona del passato, come se fosse la stessa cosa. Fanno circolare l’idea che “il problema del Verona siano i suoi tifosi”, ghetizzando così i supporters più appassionati, quelli cioè che potrebbero opporsi fortemente alla loro porcheria. Teorizzano infine “alleanze” strategiche per creare quel clima di amicizia che potrebbe sbocciare nel fine ultimo da loro desiderato.
Quello che manca al Partito della porcheria è lo stessa qualità che mancava a Don Abbondio. Il coraggio. Tirano il sasso e nascondono la mano. Hanno paura. Paura della reazione della gente e paura dei tifosi. Per questo non sono rispettati da nessuno. Uscissero allo scoperto e dicessero: noi la pensiamo così: e voi? Magari aprirebbero un dibattito. Invece no. Agiscono nell’ombra, subdolamente, colorano le loro dichiarazioni di ambiguità, zone grigie in cui poter agire. Appaiono e scompaiono velocemente. Ma ci sono, credetemi, ci sono. E continuano incessantemente a scavare. Non sapendo, poveri loro, che le radici profonde non gelano. Mai.
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