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UN ANNO DOPO…

Un anno fa, e sembra un secolo, il Verona era sull’orlo del baratro. Arvedi era ricoverato in prognosi riservata all’ospedale dopo il tragico schianto, la società era retta dal duo buona-volontà Previdi-Prisciantelli. Martinelli era sull’uscio. Ricordo perfettamente tutti coloro, molti dei quali oggi siedono felici e contenti sul predellino vicino al nuovo presidente, alimentavano dubbi, addirittura sul preliminare firmato dal povero Piero, prima dell’incidente. Gli stessi che per anni avevano megafonato Pastorello e dato sponda a mister "8-in-pagella". Il Verona aveva poco futuro. Ed una delle poche cose che teneva il Verona in vita era proprio quel documento. Minarne l’esistenza era come sparare sull’Hellas. Per vederlo morto. Ho sempre avuto l’impressione, dettata anche da elementi più concreti, che a qualcuno, piacesse quell’ipotesi. Avrebbe voluto dire semplificare lo scenario, eliminare un problema, togliere di mezzo un ostacolo. Una sola squadra, magari in serie A, era dal punto di vista imprenditoriale uno sbocco logico. Si sommavano algebricamente diritti televisivi, proventi del marketing, indotto. Una sola cosa non si poteva sommare. La tifoseria dell’Hellas riluttante da sempre a questa ipotesi. Al termine di un’estenuante e drammatica trattativa, Martinelli riuscì ad acquistare la società. Spendendo una cifra esagerata, pronto a gettare sul piatto altri milioni di euro. Martinelli non riuscì subito a fugare il dubbio che la sua azione imprenditoriale fosse scevra dall’obiettivo di fondere il Verona. Le prime mosse non furono brillanti. Uno stretto collaboratore del presidente alimentava tale dubbio con frasi gianiche che lasciavano aperte porte e finestre. "Fusione? Mai dire mai" era la dichiarazione più abusata. Si cercò anche di cambiare il lessico per addolcire la pillola. E la parola fusione venne cambiata con "acquisizione". Come se fosse una cosa più digeribile. Qualche settimana più tardi quell’incauto collaboratore, scivolato su una buccia di banana, fu smascherato e poi rimosso.Martinelli probabilmente aveva capito, subito dopo aver acquisito la società e salito sul ponte di comando, che non vi poteva essere futuro a quell’ipotesi che qualcuno gli aveva prospettato. Il cerino in mano sarebbe rimasto a lui, destinato a passare alla storia come il presidente della "fusione". Anzi della "porcheria". E da lì in poi Martinelli ha gettato nel Verona ogni possibile energia. Pochi proprietari del Verona hanno portato in società tanto stile, tanti soldi, tante idee, tanti uomini. Ma soprattutto tanti fatti. Questa gestione è la miglior risposta possibile ai venditori di fumo e agli affossatori del Verona. Martinelli è esattamente il colore bianco che fa risaltare il buco nero di gestioni scellerate che pure in molti avevano difeso se non protetto. Martinelli è il futuro dell’Hellas. Non è un mecenate, non lo potrà essere, data la forte impronta imprenditoriale. Ma la logica che lo anima è appunto l’investimento, il far crescere la società, quindi riportarla in serie A. Sarà opportuno ora che la città non lo abbandoni. Al di là della retorica e della parole. E’ giusto anche creare una forma di business (lo stadio?) che lo accompagni nella crescita del Verona. Non ci trovo nulla di scandaloso in questo e solo una società (città) arretrata può pensare al business come al diavolo. Martinelli ha dato tanto e darà ancora molto. Un anno è sufficiente per capire che se il Verona creerà ricchezza, questa stessa ricchezza finirà nel Verona e non a Montecarlo.

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