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PRIMA UN GRANDE HELLAS, POI LO STADIO

 Non sono contro il nuovo stadio. Anzi: negli ultimi anni mi sono sempre più convinto che è l’unico modo per restituire veramente il calcio alla gente, togliendolo dagli artigli a spirale delle tivù a pagamento che hanno desertificato gli spalti e alterato le competizioni, facendo vivere realtà da play-station solo per il fatto di sborsare valanghe di denaro garantito.

Per questo mi è piaciuto moltissimo il progetto di Martinelli, così come ero affascinato da quello di Arvedi.

Si dice: è un’utopia. Ma a Verona è anche un’utopia costruire una piccola metropolitana leggera che ci tolga l’inquinamento e lo smog, quindi figurarsi un impianto di questo tipo. Detto questo ed elevandoci, solo per un istante a livello delle più moderne città del mondo, fare uno stadio, anzi una cittadella dello sport, non è un’utopia. E’ solo una bella idea.

Il problema, il più evidente, è che è assurdo oggi pensare ad uno stadio per l’Hellas quando alla domenica ci si scontra contro (con tutto il rispetto) il Pergocrema, Il Sudtirol, il Bassano. La vera utopia è solo questa. Quindi, è evidente, che chiunque voglia confrontarsi con questa "utopia" dovrà giocoforza prima di tutto pensare ad un Verona in serie A, ad un Verona che torni a combattere con le grandi, insomma ad un Verona pienamente competitivo.

E dovrà farlo senza "scorciatoie" (per essere chiari, l’idea di squadra unica che è tornata ad "aleggiare" in certi ambienti) e senza personaggi scomodi o indesiderati alla guida (devo fare i nomi o avete capito?).

Per tutti questi motivi, dopo questo avvio del progetto che avviene in una fase delicata e drammatica della vita di Giovanni Martinelli, spero che la prossima volta in cui parleremo di stadio sarà dopo la promozione in serie A.

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