Parlare di legittimità è fuori luogo. Ridurre il tutto ad un trademark, ad un marchio registrato è pura strumentalizzazione. Nessuno può e potrà mai contestare al Chievo la “legittimità” di un marchio. Certo il Chievo fa parte di Verona, non c’è dubbio. Ma quando si parla di Chievo e di questa splendida realtà sportiva, si parla di un quartiere che è arrivato in serie A. Non di una città. Il “miracolo” sta qui. La notizia è questa. Quando la Cnn va a visitare Chievo non fa vedere l’Arena. Fa vedere la Diga e quel quartiere. Il bar dalla Pantalona. Un quartiere di Verona, certo. Famoso per essere arrivato in serie A. Appunto. Quello che stupisce, in giorni in cui è deflagrata la querelle sui simboli e sui colori, è proprio la mancanza di coraggio e orgoglio che c’è nell’ambiente Chievo ad affrontare questa sua storia. Che non è piccola storia. E’ in realtà una storia fantastica, bellissima. La questione della Scala è una questione di lana caprina. Poco importa che ci fosse in una maglietta del 1931 o del 1932. Non fa parte della tradizione del Chievo. Non è un simbolo che s’interseca con quella storia. E’ solo una copia di un simbolo che appartiene ad un’altra società. Il Chievo è famoso nel mondo, perchè è un quartiere di Verona. Chelsea non rappresenta Londra. E’ Chelsea e basta. Il Chievo è il Chievo perchè è partito dai dilettanti ed è arrivato in serie A, dove, con merito vi sta da nove anni. La rincorsa di Campedelli a creare una sbiadita fotocopia del Verona è un harakiri folle. Sappiamo perfettamente qual era l’obiettivo di Gigi Campedelli e perchè il Chievo assunse la denominazione Verona ad un certo punto della propria storia. Ma quando Matarrese e poi il tribunale di Verona decisero che Campedelli con il suo Chievo Verona non potesse partecipare all’asta fallimentare per l’acquisizione dell’Hellas Verona Ac (di cui Campedelli era socio…) e del suo titolo sportivo, la storia si divise. Per sempre. Da una parte il Chievo, la fantastica squadra del sobborgo cittadino, dall’altra il glorioso Hellas Verona, l’unica provinciale che ha vinto uno scudetto. Questa è la storia. Il resto sono stupide provocazioni che altro non fanno che rafforzare l’orgoglio di chi, bastonato e ferito dagli eventi sportivi, si sente anche defraudato del suo bene più prezioso.
Gianluca Vighini
Gianluca Vighini inizia giovanissimo a perseguire la sua grande passione: il giornalismo. Già a 16 anni collabora con Tele Valpolicella dove si occupa di sport e conduce varie trasmissioni sportive.
Dopo la maturità classica si iscrive a Scienze politiche e inizia a collaborare con il Gazzettino e la Gazzetta dello Sport. A 21 anni, dopo essere diventato giornalista pubblicista, viene assunto dal gruppo Telenuovo dove inizialmente è redattore al settimanale Nuovo Veronese. Qui cura le pagine sportive e di cronaca bianca. Nel 1987 inizia anche a collaborare con la televisione. Nel 1988 entra nella redazione di Telenuovo dove diventa giornalista professionista a 25 anni. Si occupa di cronaca nera seguendo, tra l’altro, il rapimento di Patrizia Tacchella.
Nel 1991 partecipa alla nascita del Nuovo Veronese quotidiano di cui diventa il responsabile delle pagine sportive seguendo come inviato l’Hellas Verona.
Nel 1998 diventa caporedattore di RTL Venezia, costola regionale di RTL 102.5. Dopo una breve esperienza a Roma dove dirige le pagine sportive di Liberazione, torna a Telenuovo dove inizia a condurre varie trasmissioni sportive e in coppia con Luca Fioravanti, vara il tg sportivo Tg Gialloblu. Su indicazione dell’azienda fonda anche Tggialloblu.it, il primo sito sportivo veronese.
Dirige e conduce la popolare trasmissione Alé Verona e ha ideato la trasmissione Supermercato. Da aprile 2021 è il direttore delle testate online di Telenuovo.
E’ anche un grande appassionato di cucina.
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