C’è chi ha da raccontare una favola vera ai propri figli. E io sono fortunato perchè lo posso fare. Esattamente ventiquattro anni fa, il 12 maggio 1985, una squadra di provincia vinse lo scudetto.
Quella squadra era la mia squadra. Era l’Hellas Verona. Vincere uno scudetto non è normale. E’ un’impresa, è una storia mitica, è leggenda. Verona divenne la capitale d’Italia nel maggio del 1985. Ovunque c’erano bandiere dell’Hellas. Ogni balcone, ogni casa ne aveva una. L’Hellas pareggiò a Bergamo e salì più in alto di tutti.
In piazza Bra scoppiò la festa. Un delirio di bandiere, la sana provincia italiana, quella più lontana dalle mafie e dai poteri, aveva per un giorno vinto la sua battaglia contro le metropoli entrando a pieno titolo dentro la storia, non solo calcistica.
Ventiquattro anni dopo quello scudetto è ancora maledettamente d’attualità. E’ una pietra di paragone a cui nessuno osa accostarsi perchè nessuno può lontanamente confrontarsi con un successo simile. Solo chi ha l’Hellas Verona nel sangue riesce a trasmettere questo sentimento.
Mi fa rabbia pensare che qualcuno possa anche solo ipotizzare di cancellare questa storia. Una rabbia forte, devastante, lacerante. "Non si può vivere solo di ricordi" sento spesso dire a chi come me è orgoglioso di tifare Hellas anche in C1/Prima Divisione.
Come può un simile essere non capire che il calcio è bello anche e forse solo per questo? Come si può non comprendere che proprio grazie a quella straordinaria vittoria oggi viviamo il nostro triste presente con una dignità assoluta che ci porta a riempire gli stadi siano essi quelli di Busto Arsizio o di Lecco? Come può capire chi pensa al calcio come a "uno spettacolo" che si può gioire per la vittoria di un tricolore e applaudire una retrocessione in C1/Prima divisione? A qualcuno farà rabbia vedere i nostri figli con le magliettine dell’Hellas, andare al Bentegodi, anche se si gioca contro il Portogruaro e non con Milaninterjuventus, fieri di urlare la nostra-loro passione?
Non possiamo metterci lì a spiegare loro che poco ci importa se non abbiamo visto Beckham ma Bertani, non Ibrahimovic ma Scantamburlo, perchè in realtà a noi importa solo la nostra squadra e i nostri colori (quelli sì nostri e basta).
Noi siamo campioni d’Italia anche per questo. E nessuno, ma proprio nessuno riuscirà mai a toglierci la nostra storia, la nostra dignità, il nostro orgoglio e i nostri ricordi.
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