Qualche giorno fa Silvio Berlusconi ha fatto una lezione di giornalismo ai giornalisti…sportivi.
Durante la conferenza stampa a Milanello, il presidente del consiglio (e del Milan) ha fatto sapere che "i tifosi leggono solo gli articoli sulla propria squadra e vogliono avere conferme, non critiche. Se qualcuno continua a criticare troppo va a finire che i tifosi non lo leggono più e smettono anche di comprare quei giornali dove appaiono articoli per cui, dopo averli letti, bisogna fare gli scongiuri". Berlusconi ha anche elogiato i giornalisti sportivi che a suo dire sono bravi perchè fanno meno domande rispetto a quelli politici. Sicuramente Berlusconi ha detto la verità, una volta tanto. E’ vero: i giornalisti sportivi non fanno più domande. Registrano quello che avviene in stantie conferenze stampa, non approfondiscono più, non hanno più il gusto del dibattito e della scoperta. La professione, a causa di uffici stampa sempre più zelanti e appiattiti sulle società, e a causa di un business sempre più esasperato sta decadendo. La colpa, naturalmente non è solo degli uffici stampa ma di quanti si stanno adeguando a questo trend e parlo di noi giornalisti sportivi, ridotti a registratori umani di banalissime dichiarazioni. E’ ormai impossibile, anche a Verona chiedere di intervistare un giocatore. La decisione cade dall’alto e solitamente è tesa ad evitare imbarazzi e domande scomode. Qualche anno fa c’era almeno il tentativo di dibattere su chi portare in sala stampa, ora è un argomento chiuso. Se un giocatore ha fatto un errore alla domenica, una papera, è impossibile intervistarlo. La farsa raggiunge il suo apice quando l’allenatore di turno decreta l’allenamento a porte chiuse. Piacerebbe sapere cosa fanno in questi segretissimi allenamenti visti i risultati sul campo. Ma soprassediamo. Sempre più spesso si vietano le interviste telefoniche. Si teme che il giornalista instauri un rapporto fiduciario con il giocatore. Le conferenza stampa (non a Verona, per fortuna…) domenicali sono dei lunghi monologhi in cui intervenire è quasi vietato. Invece di dibattere su questi temi la categoria (la mia categoria…) spedisce a casa degli iscritti all’Ordine un decalogo di autocensura: vietato criticare, per il rischio di aizzare le folle. Le folle in realtà non credono più al calcio non per colpa di chi critica ma di una masnada di imbroglioni che hanno falsificato gli andamenti dei campionati creando una dietrologia continua in ogni partita, essendo sparita quasi del tutto la buona fede. Non uno dei giornalisti coinvolti nelle intercettazioni di Moggiopoli è stato radiato dall’Albo. Ricordo che nel 1986 intervistai Michel Platini nello spogliatoio del Bentegodi, mentre si infilava i calzini e si metteva le scarpe. Oggi la società evita di presentare ufficialmente Bertolucci a tutta la stampa, affidando la presentazione a poche banali domande pubblicate in un video apparso sul sito ufficiale, riprese puntualmente da noi umani registratori. Mi chiedo se servano ancora i giornalisti sportivi. O basti Berlusconi che si intervista da solo…

