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LA FORMICA ATTACCA L’ELEFANTE CIA

 Dunque i magistrati di Milano hanno prima messo sotto processo e poi condannato non solo gli uomini della Cia, responsabili del sequestro di Abu Omar, ma, per loro tramite, anche le modalità di lotta al terrorismo islamico adottate dall’amministrazione Bush: rapimenti, interrogatori con tortura, carcere duro stile Guantanamo. Caspita.

La prima cosa che colpisce in questa vicenda è la protervia della formica che pretende di mettere in riga l’elefante. Mi spiego. Quando eravamo noi padroni del mondo cosa sarebbe accaduto se un qualche procuratore della Macedonia o della Numidia ( tanto per citare due delle centodiciassette province in cui era diviso l’Impero romano ai tempi di Marco Aurelio) avessero preteso di mettere sotto accusa e condannare i funzionari imperiali e magari lo stesso Cesare? Sarebbe accaduto che a Roma da un lato avrebbero irriso alle pretese della formica ma dall’altro si sarebbero irritati per la sua protervia. Esattamente quello che oggi succede a Washington.

Come noto il procuratore Spataro voleva processare anche i nostri servizi segreti accusati di aver agito in maniera illegale. E per loro non c’è stata condanna solo perchè è scattato il “lodo” del segreto di Stato. Mi pare che non abbia alcun senso discutere i dettagli. Diamo pure per scontato che la verità sia quella sostenuta dal procuratore Armando Spataro: i nostri servizi hanno tenuto bordone a quelli americani nel commettere tutta una serie di reati, a partire dal rapimento dell’ex imam di Milano. Tuttavia le questioni da discutere sono altre. E precisamente

1) Se accettiamo l’idea che possono e devono esistere dei servizi segreti è chiaro che questi non si comporteranno come vigili urbani. Si trattasse di agire nell’ambito della legge basterebbero le altre forze dell’ordine. Mentre se istituiamo dei servizi segreti lo facciamo accettando il principio che, in segreto, agiscano ai confini della legalità e anche al di fuori. Mi sembra che tutto questo sia connaturato alla loro esistenza. Servono, non servono? Sono utili a garantire la sicurezza oppure dannosi per le loro trame occulte? Si può discutere, ma solo tenendo fermo che alla fine la decisione spetta agli unici interpreti della sovranità popolare: cioè ai politici, e non ai magistrati che con processi come quello di Milano smantellano i nostri servizi segreti e li rendono inaffidabili agli occhi degli alleati.

2) Che limiti poniamo alle azioni border-line dei servizi segreti: possono solo spiare o anche corrompere? Possono rapire e torturare oppure no? Fino a che punto possono agire al di fuori della legge e delle regole della civiltà democratica? Anche qui la più ampia discussione, ma sempre tenendo fermo il punto che sono i politici a stabilire che reati sono concessi ai servizi e che reati no. Mai comunque i magistrato

3) Il rapimento a Milano di Abu Omar da parte di agenti Cia con la complicità dei nostri servizi è la conferma che siamo i lacchè degli Usa, che il nostro è un Paese a sovranità limitata? Può essere. E magari si può pretendere di ritrovare uno scatto d’orgoglio come ai tempi di Sigonella. Ma anche questo lo decidono solo i depositari della nostra sovranità popolare. Perchè la novità più clamorosa di questo processo alla Cia è che certi magistrati, i quali da anni pretendono di determinare la politica interna del nostro Paese, per la prima volta han voluto dettare anche le linee di politica estera, la scelta delle alleanze, i termini del rapporto della provincia Italica con l’Impero Usa.

In conclusione però senza dimenticare mai che questa esondazione dagli argini di competenza della magistratura può avvenire solo perchè il potere politico dorme o è in altre faccende affaccendato oppure è preda di un attacco di panico. I paletti può e deve metterli la politica, invece di accusare i magistrati di aver attraversato confini inesistenti. Nella fattispecie, dopo l’11 settembre, lo scudo del segreto di Stato avrebbe dovuto essere esteso e coprire anche l’attività dei servizi segreti alleati, Cia in primis. Evitando così di essere coprotagonisti nella comica della formica che va all’assalto dell’elefante.

 

 

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