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SE IL KAMIKAZE SEMBRA CURCIO

 

Abbiamo passato i giorni di Natale all’insegna dei terroristi e dei komeinisti; dell’attentato fallito sul volo per Detroit e della rivolta popolare che divampa nel Paese degli Ayatollah.

La cosa che colpisce dell’aspirante kamikaze Umar Abdulmutallab è il suo status sociale: figlio di un ricco banchiere, abita nel cuore chic di Londra e frequenta una delle più prestigiose ed esclusive università inglesi. In poche parole sembra Curcio o Feltrinelli; siamo cioè di fronte all’ennesima reincarnazione di quei rampolli della borghesia tanto ricca quanto marcia che, non dovendo lavorare per costruirsi un avvenire, hanno tutto il tempo per farsi le pippe.

Pippe rivoluzionarie o pippe fondamentaliste, non fa una grande differenza: sempre pippe sono. Quando va bene questi rampolli si imbottiscono di coca, quando va male si imbottiscono di esplosivo e saltano sui tralicci o sugli Airbus.

Umar è la riprova di quanto bene si integri la terza generazione di immigrati mussulmani. Tanto bene quanto gli altri islamo-londinesi che, nel luglio 2005, un momento facevano rafting lungo i torrenti e il momento successivo piazzavano bombe nella metropolitana.

Per quelli come Abdulmutallab l’integrazione resta una Chimera. Va però aggiunto che non tutti gli islamici sono come lui, proprio come pochi sedicenti comunisti erano come Feltrinelli o come Curcio. Forse peccherò di ottimismo, ma resto convinto che, come la stragrande maggioranza degli italiani, negli Anni di Piombo, pensavano a guadagnare di più, ad andare in vacanza, ad essere sempre più liberi (cioè a liberarsi da fedi e ideologie), così oggi anche la quasi totalità degli islamici punti a migliorare il proprio tenore di vita e a liberarsi dal plagio dei loro pretoni barbuti falsi e bugiardi.

In questo senso i segnali che arrivano dall’Iran, quel Paese degli Aytollah dove iniziò il fanatismo fondamentalista, sono molto incoraggianti: non è la protesta di quattro intellettuali laici, è la rivolta del popolo iraniano che divampa e si estende da Teheran a tutte le altre città.

E’ vero che nessun aiuto arriva loro da un Occidente pavido e privo di leader epocali. Oggi non c’è né un Reagan né un Wojtyla che furono magli potenti contro la dittatura comunista. Ma il comunismo crollò anzitutto grazie alla televisione che mostrava ai popoli dell’Est come si viveva in Occidente, al di là delle balle della propaganda di regime.

Ed ora contro il fondamentalismo islamico, oltre alla televisione, c’è uno strumento ulteriore, ancora meno controllabile dalle censure di regime, la Rete, che mostra alle donne e agli uomini mussulmani il paradiso terrestre delle libertà occidentali; diffondendo la convinzione che sia meglio per loro cogliere oggi l’uovo che vedono, invece che aspettare la gallina promessa per domani dagli Ayatollah (che quotidianamente di uova si ingozzano…).

Sarà, ripeto, un eccesso di ottimismo. Tuttavia resto convinto che nell’epoca della comunicazione globale, del villaggio universale, non possa resistere a gioco lungo nessuna dittatura, né politica né religiosa. Anche se, a gioco breve, dobbiamo difenderci dai Curcio e dai Feltrinelli dell’Islam.

 

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