Il reuccio e lo special one, Emanuele Filiberto e Josè Mourinho. Due personaggi in un certo senso speculari: poichè le reazioni che suscitano compongono un’istantanea perfetta del nostro Paese.
Il consenso popolare crescente del principe di casa Savoia, che prima aveva vinto Ballando sotto le stelle e che ora minacciava di aggiudicarsi anche il Festival di Sanremo, ha suscitato un timore altrettanto crescente. Timore per la qualità della canzone italiana? No: timore per la tenuta della democrazia italiana!
Non scherzo. Se è vero, come è vero, che Giovanni Maria Bellu, condirettore dell’Unità, è arrivato a scrivere: “Lo confessiamo. Abbiamo assistito con una certa apprensione alla fase finale del Festival di Sanremo. Col timore, per dirla tutta, che un plebiscito annullasse simbolicamente il referendum istituzionale del 1946”.
Capite qual’era l’angoscia del quotidiano fondato da Antonio Gramsci? Se la giuria popolare “incoronava” Emanuele Filiberto al Festival dei fiori, si ritornava alla monarchia! Magari con Pupo Ministro della real casa…E non è che questo timore serpeggiasse solo all’Unità. Come dimostra il fatto che molti hanno applaudito alla rivolta degli orchestrali, quasi che fossero saliti sulle barricate a difendere la Repubblica col lancio degli spartiti. (Serena Dandini: “Ho adorato la ribellione degli orchestrali”). E così, per non correre rischi, pare siano arrivati a taroccare il voto popolare buttando il reuccio giù dal podio del primo posto.
Una vicenda che ci fa capire – questo sì – quanto sia fragile la nostra democrazia, in balia perfino del risultato di un festival della canzone. In un Paese che non riesce nemmeno più a distinguere la simpatia popolare che può suscitare un bel ragazzo educato (una specie di Brad Pitt col volto più scavato) dal suo ruolo politico improbabile per non dire inesistente. Non si tratta infatti di un Asburgo né di uno Windsor, ma del rampollo della dinastia più sputtanata d’Europa.
Eppure il nostro Paese ha paura perfino di Emanuele Filiberto di Savoia. Ed ecco perchè, solo in questo nostro Paese, lo special one, cioè Josè Mourinho, si permette comportamenti, frasi, dichiarazioni e gesti, che mai esternerebbe in un altro Paese.
Il tecnico portoghese, come noto, ha allenato per due anni abbondanti il Chelsea. Ed anche allora ha polemizzato e offerto spunti ai giornalisti sportivi. Mai però, finché è stato in Inghilterra, si è abbandonato alle sceneggiate napoletane; mai ha fatto il gesto delle manette né detto che il Machester gioca con un area di rigore più grande delle altre squadre. Sapeva di non poterlo fare in un Paese serio.
L’intelligenza viene definita come la capacità di comprendere situazioni tra loro diverse e di sapercisi adattare di conseguenza. Mourinho è di sicuro un uomo intelligente. Quindi in Inghilterra si comportava da inglese, in Italia da Pulcinella. Perchè sa di essere nella Repubblica delle Banane che teme perfino il reuccio che fa il golpe con la marcia da Sanremo…
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