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HA PERSO IL PDL MA ANCHE IL PD

 

Chiusa in qualche modo la vicenda delle liste, con il contestatissimo placet di Napolitano, va ribadito che il Pdl ne esce con le ossa rotte. Però anche il Partito democratico di Bersani poteva trarne maggior profitto, e non finire schiacciato su Di Pietro.

I pidiellini hanno dimostrato di essere “polli delle libertà”, come li ha definiti Libero, “dilettanti allo sbaraglio” incapaci di compiere gli adempimenti elettorali: anche perché preda della guerra interna per bande, prima responsabile del risultato alla Tafazzi.

Dopo di che, invece di scusarsi con i propri elettori e l’intera cittadinanza, invece che chiedere – da penitenti – l’aiuto del Capo dello Stato e della stessa opposizione, i polli hanno anche voluto fare gli arroganti. Hanno cioè tirato in ballo l’abituale “congiura dei magistrati”. Ipotesi che resta sempre plausibile finché ci saranno magistrati che partecipano ad iniziative di partito, ma che non può far dimenticare come – in ogni caso – siano stati i polli a fornire, ben confezionato sul classico piatto d’argento, tutto il materiale per l’ipotetica congiura…

Esilaranti, in conclusione, i leaders del Pdl nella loro difesa di Napolitano, nel loro sdegno per gli insulti che oggi Di Pietro rivolge al Capo dello Stato. Insulti identici a quelli che loro stessi gli avevano rivolto solo l’ottobre di fronte alla bocciatura del Lodo Alfano…

Ribadito questo, va aggiunto che Pd non ha saputo approfittare – come scrive oggi Giuliano Ferrara – di questo misto di “scemenza e arroganza” della destra. Il partito di Bersani infatti avrebbe dovuto cuocere a fuoco lento l’avversario, tenerlo fino all’ultimo sulla corda, sottolineare in ogni modo la dabbenaggine dei quadri dirigenti del Cavaliere. Ma alla fine, incassati tutti i benefit derivanti dallo sbracamento del Pdl, avrebbe dovuto e potuto sferrare anche il colpo di grazia: cioè offrire lui una soluzione. O, quantomeno, accogliere subito la soluzione che lo stesso (suo) presidente Napolitano aveva accettato.

Questo per due motivi. Il primo di puro buon senso, ricordato dallo stesso Capo dello Stato: la vittoria a tavolino è impensabile, impensabile che gli elettori di centrodestra restassero esclusi dalle urne in Lombardia e in Lazio. Il secondo di identità politica: dimostrando cioè, il Pd, di essere una sinistra riformista e di governo che sa farsi carico delle soluzioni dei problemi; e non una sinistra ululante, che ulula sempre il proprio sdegno, morale e legale, senza però mai indicare un percorso utile ad…abbassare il volume.

E così, il 28 marzo, il Pdl perderà di sicuro consensi, perchè è difficile aver fiducia in chi si dimostra incapace perfino di “governare” gli adempimenti burocratici. Ma ne perderà anche il Pd di Bersani, appiattito sul Di Pietro ululante.




 

 

 

 

 

 

 

 

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