La vicenda di Emergency e dei tre operatori sanitari dell’associazione di Gino Strada, al di la dei risvolti specifici, sul piano generale ci ripropone il mito dei “missionari” sia religiosi che laici. Una vulgata popolare tende cioè a rappresentarli sempre come eroi dell’altruismo: uomini e donne che abbandonano gli agi e le sicurezze dell’Occidente per dedicarsi, tra mille pericoli, a curare l’anima o il corpo dei reietti, dei disperati, negli angoli più martoriati del Terzo Mondo. Dimenticherebbero se stessi a tutto vantaggio del prossimo.
Trovo questa vulgata tanto generica quanto banale. Penso che la prima molla che muove i “missionari” sia lo spirito d’avventura, la ricerca di una vita movimentata in alternativa al tran tran quotidiano delle nostre città e delle nostre professioni. Sono quindi animati anzitutto da questa loro (egoistica) esigenza. Dopo di che tra questi “avventurieri” troviamo tante brave persone, ma non solo brave persone. Tante motivazioni nobili, ma tante anche più sordide.
Partiamo con l’esempio dei missionari veri, dei sacerdoti e delle suore comboniane che il secolo scorso partirono a frotte dalla campagna veneta per l’Africa. Fecero certamente del bene, portarono la fede e anche l’istruzione, insegnarono il lavoro e il riscatto per “salvare l’Africa con l’Africa". Ma non dimentichiamo che per tutti questi nostri giovani l’alternativa alla “vocazione missionaria” sarebbe stata restare a languire nella miseria della campagna veneta, in famiglie tanto numerose quanto affamate, passando le giornate a togliere a mano la gramigna dai campi. Mentre in missione magari trovavano anche il negretto che faceva loro vento…Cioè una vita pur sempre dura, ma meno dura che se fossero rimasti a casa.
Passiamo ai missionari laici. Negli anni Settanta mio padre organizzò il flusso di insegnanti di matematica che contribuirono a fondare l’università di Mogadiscio. C’era la coda di aspiranti fuori dall’uscio. Una frotta di docenti ansiosi di andare a insegnare i logaritmi ai somali. Magari anche perché il loro stipendio veniva raddoppiato durante la permanenza all’estero…
I medici di Gino Strada hanno tutti rinunciato a diventare primari al San Raffaele per soccorrere le vittime innocenti della guerra, oppure ce n’è anche qualcuno che avrebbe stentato a ottenere l’ultima condotta del Polesine?
Ho il massimo rispetto per i “volontari” che, dopo aver dedicato ogni cura ai propri congiunti, si dedicano anche al prossimo. Mi piacciono e mi convincono meno quelli che pensano al prossimo e trascurano i congiunti. C’è anche un volontariato che serve a giustificare la fuga dalle proprie faticose responsabilità quotidiane. O è tutto oro quel che luccica?
Non riesco in fine a dimenticare quella signora svizzera che, tanti anni fa, mi fece conoscere il sindaco di Padova Zanonato: venne anche a Telenuovo perché stava girando l’Italia per raccogliere fondi a favore dei bambini del Mozambico. Mi raccontò di un Paese martoriato da vent’anni di guerra, dove non c’era più nulla, nemmeno l’acqua per lavare i neonati. Aggiunse che prosperava solo la prostituzione minorile. Mi venne spontaneo chiederle chi potessero essere, tra tanta miseria e devastazione, i clienti delle ragazzine e dei ragazzini; chi avesse soldi per pagarli? E lei mi rispose gelida: il personale delle ong, quelli delle organizzazioni non governative!
Cosa significa? Che tutti quelli delle ong sono dei pedofili puttanieri? No, ma ci sono anche questi accanto alle persone per bene. Così come ci sono i farabutti accanto ai missionari degni di questo nome. Il beneficio del mito non si può concedere né agli uomini di Gino Strada né ad alcun altro.
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