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IL “TRADIMENTO” DI FINI-BALOTELLI

 Il parallelo che fa Luigi Primon nel suo blog è perfetto: Fini è proprio il Balotelli del Pdl. Come Balotelli tanti lo vogliono e molti lo apprezzano, ma non più quelli della sua squadra. Si parla di SuperMario alla Fiorentina o al Milan oppure al Manchester city; la cosa certa è che non resterà all’Inter perchè è diventato incompatibile con il popolo neroazzurro.

Così Gianfranco Fini oggi risulta incompatibile agli elettori del Pdl. E, più ancora, a quelli di An-ex Msi; cioè agli elettori di quello che fu il suo partito. Non si tratta di discutere, e tanto meno di criticare, le posizioni di Fini in materia di bioetica, immigrazione e sicurezza, laicità dello Stato. Ma non si può non rilevare che sono posizioni tipiche della sinistra, ed estranee alla destra. A tutta la destra, sia italiana che europea.

Inutile raccontare che Fini vuole superare il becerume della destra italiana per posizionarsi su una destra europea più “moderna e civile”.

Prendiamo il tema che più di tutti ha sancito la rottura tra Fini e i suoi elettori: l’immigrazione. Dov’è la destra che insiste sulla necessità di garantire loro i diritti, di dargli il voto e la cittadinanza, di integrarli perchè sono una risorsa? La troviamo forse in Olanda o in Francia o in Germania? Non c’è, questa destra non esiste in nessun Paese europeo. Perchè ovunque la destra dice che bisogna anzitutto insegnare loro i doveri, che basta così, che vanno chiuse le frontiere, che bisogna rimandarne a casa il più possibile.

Lo dice, e magari non riesce ad attuarlo dove governa. Ma questo dice la destra. Così come la sinistra dice che più integri gli stranieri e meglio è; più dai loro diritti più favorisci la trasformazione in cittadini inseriti e tranquilli; la sinistra aggiunge che comunque non riesci a fermare gli ingressi e che tanto vale impegnarsi a costruire la società multietnica. Dopo magari, dove governa, non riesce a costruirla la società multietnica; magari l’integrazione, degli islamici in particolare, resta una chimera. Ma questo dice la sinistra.

Quindi prendiamo atto che Fini oggi parla il linguaggio della sinistra. Scelta ovviamente lecita, ogni posizione politica va rispettata, ma non è questo il linguaggio della destra.

C’è poi un passaggio davvero fuorviante nell’intervento di Fini alla direzione del Pdl; quello in cui ha voluto spiegare a Berlusconi che lui, Fini, non lo ha mai tradito perchè le cose gliele ha sempre dette in faccia e non ha mai tramato alle sue spalle. Mi è parso un tentativo un po’ puerile di spacciare la lotta politica per un capitolo del libro Cuore.

In politica il tradimento esiste solo nei confronti dei propri elettori. Ed è un reato, nel senso che gli elettori sempre ti puniscono. Ma non ha senso parlare di tradimento tra chi compete per un posto o un ruolo. E cioè fuorviante infiorettare o demonizzare quella battaglia per il potere che è l’essenza stessa della politica e che si sviluppa in ogni partito.

Due esempi veneti: Bisaglia a suo tempo “tradì” Roumor? No, semplicemente riuscì a farlo fuori. E Comencini voleva “tradire” Bossi? Diciamo che tentò di sottrargli la Lega in Veneto e che non ci riuscì. Esempi nazionali: Diliberto ha “tradito” Cossutta, Ferrero lo ha fatto con Bertinotti? Semplicemente sono riusciti a mandare a casa i leader dei loro partiti e a prenderne il posto. De Magistris invece ci ha provato con Di Pietro senza riuscirci.

Tra chi battaglia in politica non ci sono né fedeltà né tradimenti, solo vittorie o sconfitte. E non mi sembra che Fini abbia vinto. Tutto qui.

 

 


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