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MULTIETNICO SI’, MA TEDESCO

 

 

Dopo che la Germania ha “asfaltato” (Gazzetta dixit) l’Argentina di Maradona, i tedeschi sono diventati perfino “simpatici e divertenti” (La Stampa). Ma, soprattutto, si sottolinea come la nazionale di Loew stia sbaragliando il campo perchè è goiosamente multietnica: dal gahanese Boateng al tunisino Khedira al turco Ozil fino alla coppia polacca Klose-Podolski.

Quasi il contraltare ai nostri pregiudizi che ci avrebbero fatto lasciare a casa Balotelli, con la conseguente eliminazione di una nazionale tutta e solo italiana.

Prendiamo per buono l’assunto, ma cerchiamo di capire quando il multietnico funzioni e quando no. Perchè non possiamo ignorare che un’altra nazionale, più “mista” ancora di quella tedesca, la Francia di Domenech, ha fatto invece la stessa nostra miserevole fine. Proprio il raffronto tra calciatori tedeschi e francesi ce lo fa comprendere.

La premessa è che l’intreccio di etnie diverse funziona sempre, nel senso che produce un arricchimento delle facoltà sia fisiche che intellettuali. E’ l’esatto opposto delle unioni tra consanguinei. Mescolare il sangue è positivo sia per i cani che per gli uomini. Dopo di che per gli uomini diventa però decisiva la condivisione di un progetto comune, altrimenti scoppiano i conflitti. Altrimenti fai la fine dell’impero asburgico: tanto ricco di cultura, storie e intelligenze diverse, quanto dilaniato e disintegrato dall’insorgere dei singoli nazionalismi; perchè privo di una Weltanshauung condivisa.

Un po’ come la Francia di Domenech dove il nero Anelka e l’islamico (convertito) Ribery non volevano in squadra Gourcuff accusato di essere un borghese bianco della Parigi bene…Se permangono le contrapposizioni sociali o razziali o religiose, la società multietnica resta una polveriera che genera le banlieue e gli spogliatoi ingestibili come quello di Domenech.

Bisogna invece condividere il progetto, sentirsi parte di una società, apprezzare il Paese in cui vivi. Come Sami Khedira, 23 centrocampista dello Stoccarda, figlio di padre tunisino e madre tedesca che, intervistato dalla Gazzetta, spiega di non aver mai voluto imparare l’arabo per essere e sentirsi completamente tedesco!…Cioè parte integrante di un Paese che è primo in Europa, che garantisce gli stipendi più alti agli operai (doppi rispetto a quelli italiani), dove la scuola funzione al pari della giustizia, dove ha un senso perfino la burocrazia pubblica.

Significativo del livello di integrazione in Germania quanto raccontava domenica l’inviato de La Stampa da Berlino, da Neukolln il quartiere degli immigrati, dove – scriveva – “gli autonomi di sinistra tedeschi se ne vanno in giro a strappare le bandiere federali appese da arabi e turchi colpevoli, a loro dire, di risvegliare il patriottismo tedesco”.

Capito? I no global berlinesi temono che questi immigrati diventino più nazionalisti dei tedeschi! Pericolo che noi non corriamo di certo, incapaci come siamo di trasmettere l’immagine di un Paese serio, di cui valga la pena sentirsi e diventare cittadini.

In conclusione anche la nazionale di calcio finisce con l’essere lo specchio di pregi e difetti di un Paese: in Germania la società multietnica funziona, crea vantaggi e consenso, e risultati anche sportivi. Mentre basta guardarsi attorno nelle nostre città per vedere stranieri che nemmeno di sognano di voler diventare italiani. Ed è difficile dar loro torto.

 


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