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SAVIANO, IOVINE E LA MERITOCRAZIA

 

 

Commentando l’arresto del boss Antonio Iovine, Roberto Saviano ha fatto un’osservazione molto interessante e, in buona parte, condivisibile. Ha scritto che “le organizzazioni criminali hanno un grande vantaggio rispetto all’economia legale italiana: sono meritocratiche. Un merito identificato nella severità d’azione, nella spietatezza, nel saper gestire gli imprenditori, comprare la politica e saper ammazzare”.

Non c’è alcun dubbio che non si diventa boss per caso ma solo per merito, per merito criminale. Non perchè sei figlio di un boss; come invece capita di diventare notaio o professore universitario solo perchè questa è la professione di tuo padre. Nelle mafie puoi essere un nessuno e salire fino a vertice se sei efferato e dotato. La spaventosa efficienza delle mafie è dovuta proprio alla meritocrazia come criterio di selezione dei boss. Saviano ha perfettamente ragione. Il merito è sempre vincente, sia in positivo che in negativo, sia nel male che nel bene.

Non concordo però quando afferma che nell’economia legale italiana non esisterebbe il merito. Non esiste se è economia assistita, stile Fiat. Ma in tutto il resto, che è la grandissima parte, esiste eccome: continui a fare il negoziante solo se sia innovare, mentre se credi di gestire come faceva tuo padre chiudi bottega. E questo vale per gli artigiani, per tutti i produttori di beni e di servizi.

Vale tra gli scrittori. Ce ne sono cento che hanno scritto di mafie, ma uno solo è divenuto Saviano: significa che sa scrivere meglio degli altri, che è più incisivo, che sa catturare i lettori. Vale tra i giornalisti conduttori: uno solo è e resta Santoro. Non basta schierarsi. E’ schieratissima anche la Busi (e per giunta contro Minzolini…). C’erano tutti i presupposti per farne il Michele in gonnella; ma dopo due puntate le hanno cancellato la trasmissione, travolta dal flop di ascolti, perchè non ha il merito di saper condurre…

Dove non esiste la meritocrazia è nel pubblico impiego. Quando vai in cattedra, alle medie o all’università, ci resti sia che insegni bene sia che cazzeggi e vai comunque avanti con i tuoi scattini di stipendio e di anzianità. Quando diventi magistrato ci resti fino alla pensione; e ci vanno tutti al massimo livello della carriera, sia che abbiano fatto il loro dovere sia che abbiano sperperato tempo e risorse. Non a caso la scuola e la giustizia (come il resto del pubblico impiego) sono allo sbando: lo sono perchè non esiste meritocrazia nella selezione e nella promozione degli addetti.

E qui arriviamo al paradosso finale: per rilanciare il pubblico impiego bisognerebbe adottare gli stessi rigidissimi criteri meritocratici che valgono tra i picciotti delle mafie. Oppure rovesciamo il discorso e arriviamo all’identica conclusione: per distruggere le mafie, per mandarle in rottamazione, bisognerebbe che i boss fossero selezionati e promossi con gli stessi criteri che sono in vigore per magistrati e professori…

Conclusione. Non so se Saviano ne sia consapevole ma, commentando l’arresto di Iovine, ha tessuto l’elogio della società liberale, delle grandi democrazie, che sono fondate sul merito. Non sulle cricche, sulle corporazioni, sulle caste, sul familismo, sugli ordini professionali: queste, purtroppo, sono le fondamenta dell’Italia.


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