C’è poco da festeggiare. Perchè quella che celebriamo è l’unità d’Italia alla McDonald’s. Mi pare che il linguaggio culinario renda evidente lo scempio che si è consumato 150 anni fa. Potevamo continuare ad avere i sapori, i profumi, la pregnanza delle varie nostre cucine regionali: baccalà, pasta e fagioli, pastisada de caval, magari annaffiata con l’Amarone, nel nostro Veneto; Ribollita e Chianti in Toscana; Pasta alle melanzane, caponata e Corvo di Salaparuta in Sicilia…
Niente da fare. Nel 1861 è arrivato il McDonald’s piemontese: panini flosci, patatine fritte insipide e vino in cartone per tutti gli italiani.
Magari non era neppure la volontà dell’ottimo Cavour, ma questo è accaduto. Mentre i vari stati preunitari (a dominazione straniera, autocnona o naturalizzata) erano espressione delle realtà locali, che mantenevano la ricchezza della diversità, poi con l’unità fu imposto il modello unico piemontese. E per la nazione italiana, per gli italiani – che già esistevano da secoli, questo il concetto che va tenuto presente – è stata la castrazione.
Un centocinquantesimo che non fosse (com’è) solo nauseabonda retorica, dovrebbe proprio partire da questa precisa autocritica: nel 1861 abbiamo cominciato ad ammazzare l’Italia perchè non siamo partiti, come insegnava Cattaneo, con il modello federale che avrebbe preservato la fragranza delle singole cucine regionali e ci avrebbe risparmiato l’imposizione dell’hamburger savoiardo.
Il concetto cardine – che gli italiani esistevano secoli e secoli prima dell’unità politica – lo spiega splendidamente il cardinale Giacomo Biffi in un recente volumetto dedicato propria a “L’Unità d’Italia”. Spiega cioè che il concetto di nazione ingloba “il complesso di persone che hanno in comune l’origine, la storia, la lingua e la civiltà”. Mentre lo Stato è un’organizzazione che ha il monopolio dell’azione politica: per cui possiamo avere stati che inglobano diverse nazionalità, come ieri l’Impero asburgico e oggi la Svizzera; oppure la stessa nazione divisa in due stati, come accaduto con i tedeschi prima della riunificazione e anche con gli italiani prima del 1861.
Per cui la famose affermazione di D’Azzeglio, in realtà va capovolta: gli italiani esistevano già da secoli, con il Risorgimento si è fatta l’Italia; e nel peggiore dei modi, cioè appunto alla McDonald’s.
Sempre Biffi ricorda che, nel Settecento e inizio Ottocento, gli italiani primeggiavano a livello mondiale nelle arti e anche nelle scienze: nella poesia con il Metastasio, nella scultura con Canova, nella pittura con il Tiepolo, nella musica sinfonica con Vivaldi e Albinoni, nel mondo scientifico con Spallanzani Galvani e Alessandro Volta, nella legislazione penale con Cesare Beccaria.
Tutti erano consapevoli di essere italiani (non lombardi, o veneti o romani). E così li chiamavano in ogni angolo dell’Europa e del mondo per cui l’Italia era un faro di cultura e di civiltà anche senza essere uno stato unitario.
Ed è proprio dopo il 1861, è con la castrazione operata dall’unificazione statale forzata, che inizia la progressiva decadenza: dove sono oggi, nel 2011, gli scienziati, i pittori, i poeti e i musicisti italiani che abbiano una risonanza mondiale paragonabile ai nostri grandi del Settecento? Eravamo il faro, siamo diventati la ruota di scorta.
In conclusione: viva la nazione italiana unita nei secoli dei secoli (ma vorremmo tornare alla ricchezza delle varie cucine regionali). Abbasso lo stato unitario alla McDonald’s che ci hanno imposto 150 anni fa e che, da masochisti, stiamo pure celebrando.
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