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IO TI BATTEZZO PROFUGO

 

 

L’ondata di profughi giunti in Veneto, oltre ad aver spaccato la Lega, ha sollevato – specie a Vicenza, Padova e Treviso – la protesta trasversale dei sindaci. Trasversale nel senso che prescinde dal loro colore politico (non li vogliono nemmeno i primi cittadini del Pd).

Un rifiuto che ha tante motivazione ed una principale. I sindaci e i cittadini da loro amministrati si domandano: ma che “profughi” sono questi che arrivano dalla Tunisia? Obama ci ha forse ordinato di bombardare anche Tuinisi?

L’inviato del Gazzettino a Santo Stefano di Cadore, dove erano stati accolti 90 “profughi”, ha scritto che provenivano: dal Bengladesh, dalla Nigeria e dal Pakistan. Di profughi veri, cioè di libici, nemmeno uno. Eppure tutti, i mezzi d’informazione, le autorità, Maroni, continuano a chiamarli “profughi”.

Così mi è venuta in mente la vecchia barzelletta che si raccontava quando i preti erano preti (e dovevano dare il buon esempio) e noi eravamo bravi cattolici, cioè rispettosi del precetto di astinenza dalle carni il venerdì. Barzelletta: un prete, carnivoro assatanato, non riesce a rinunciare alla costata nemmeno il venerdì; e allora cosa fa? La prende, fa il segno della croce sopra la costata pronunciando la formula: io ti battezzo pesce. E così se la mangia…

Hanno fatto qualcosa del genere con i clandestini: li hanno battezzati profughi per darcela a bere che abbiano il diritto ad essere accolti e ospitati. Diritto che invece la legislazione internazionale riconoscve solo a chi proviene da un Paese in guerra. Chiamandoli “profughi” si spera che appaiano come poveri derelitti innocqui. Mentre il termine clandestini evoca il pericolo del giovane immigrato entrato illegalmente nel nostro Paese. Nessuno la beve, ma Maroni & c. ci provano.

Ne vale dire che questi tunisini, pakistani, nigeriani erano tutti lavoratori immigrati in Libia e scappati allo scoppio della guerra. Se è così, aiutiamoli – se mai – a rientrare nei loro Paesi d’origine. Ma non c’è una ragione per cui dobbiamo ospitarli nel nostro.

Ricordo che in Libia lavoravano anche migliaia di italiani costretti a rientare in Patria. Sono forse profughi? Diamo anche a loro 43 euro al giorno?

E qui c’è l’altra storia che vogliono darci da bere. Che questa somma serva per i profighi: 43 euro al giorno che, moltiplicato 30, fa oltre 1.200 al mese. Quello che guadagna un impiegato o un operaio. I quali però, con questa cifra, pagano l’affitto e magari mantengono anche una famiglia.

Chiaro che per dare un pasto e un letto ad ogni “profugo” serve molto meno. Chiaro che il grosso della cifra se la pappano i professionisti dell’accoglienza, associazioni religiose e laiche che ben conosciamo…Ma anche con loro procediamo al battesimo. Altroché accoglienti, bravi cristiani dal cuore d’oro aperti al messaggio del Papa: io li battezzerei “approfittatori”…

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