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MARONI E LE RIFORME IMPOSSIBILI

 

 

Nel giorno in cui il centrodestra è riuscito nell’impresa di riesumare anche l’istituto referendario (che da tempo immemorabile falliva il quorum), aggiungendo così un’altra cocente sconfitta a quella appena maturata alle amministrative, il ministro Maroni ha lanciato attraverso il Corriere un ultimatum a Berlusconi. O il governo ottiene quattro obiettivi precisi, oppure è meglio andare subito ad elezioni anticipate perchè – ha spiegato l’esponente leghista – “tirare a campare equivale a tirare le cuoia” .

L’assunto di Maroni è indiscutibile: se non combini nulla gli elettori ti mandano a casa a calci nelle urne. Ma si tratta di vedere se sono realisticamente raggiungibili i quattro punti dell’ultimatum

In politica estera chiede che l’Italia cessi di bombardare la Libia e che le navi Nato blocchino l’esodo dei profughi dalle coste libiche stesse. Richieste sacrosante. Ma, se solo Berlusconi osasse avanzarle al tavolo degli alleati, otterrebbe un unico effetto: gli aerei Nato, oltre a continuare a dare la caccia a Gheddafi, metterebbero anche lui nel mirino cominciando a bombardare Palazzo Grazioli e villa San Martino…Meglio lasciar perdere.

Maroni invoca poi una drastica riforma fiscale che abbassi la pressione e garantisca il quoziente famigliare. Riforma tanto sacrosanta quanto fondamentale. Ma qui entra in ballo quello che domenica, sempre sul Corriere, ha scritto Galli della Loggia: che tanto la destra quanto la sinistra da vent’anni parlano di riforme; parlano, parlano e non riescono ad attuarne nemmeno una perchè vengono blaccate dai “tre pilastri dell’immobilismo” che sono “il privilegio, il corporativismo, la demagogia”.

“In Italia – scrive Galli della Loggia – qualunque individuo così come qualunque istituzione, qualunque impresa capitalista, non sopporta né il merito né la concorrenza né controlli indipendenti. Qualunque categoria, qualunque organismo non sogna altro che monopoli, numeri chiusi, carriere assicurate, condoni, esenzioni, ope legis, proroghe, trattamenti speciali, pensioni ad hoc, comunque condizioni di favore”.

Inutile, insomma, prendersela con i politici come se fossero gli unici a godere dei privilegi. Di fatto abbiamo la somma di tutti i privilegi delle varie corporazione che fanno la maggioranza degli italiani. Una maggioranza conservatrice, che non vuole le riforme, per continuare ad avere privilegi e a “saccheggiare le casse pubbliche”

Un saccheggio – spiega sempre Galli della Loggia, che avviene – ecco la demagogia – in nome de “i diritti, la democrazia, la solidarietà: parole d’ordine, discorsi che, agitando ogni volta la bandiera del bene, sono serviti unicamente a promuovere il più spietato particolarismo”.

Ci vorrebbe – conclude l’editorialista del Corriere – “la più difficile tra le rivoluzioni: quella culturale”. Solo così, dopo la rivoluzione culturale che introduca merito concorrenza vera e controlli, le riforme tornerebbero ad essere un obiettivo concreto e non una vuota chiacchera.

Nell’attesa anche Roberto Maroni è solo l’ultimo dei tanti che continuano a parlare di riforme, “il grande mito della politica italiana”.

 


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