Altrochè politici, la vera casta siamo noi, noi giornalisti.
Se c’era un dubbio, è svanito di fronte al sequestro dei quattro colleghi ad opera dei fedeli di Gheddafi: titoli, titoloni, editoriali in prima pagina del direttore del Corriere Ferruccio De Bortoli che invitava a “guardargli negli occhi”. Per verderci riflesso cosa? L’onestà, la purezza, l’innocenza? L’immagine della Madonna di Medjugorje?…
Abbiamo letto perfino i necrologi ante mortem: l’inviato del Corriere Lorenzo Cremonesi ha scritto infatti sulla collega sequestrata, Elisabetta Rosaspina, un pezzo tanto elegiastico e lacrimevole da risultare un autentico “coccodrillo” (termine con cui noi vecchi giornalisti chiamavamo i pezzi per celebrare la morte dei personaggi celebri che, per precauzione, venivano già scritti ed archiviati quando ancora loro erano in vita).
Sembrava di essere tornati ai tempi del rapimento di Aldo Moro. Con un’aggravante precisa: che nemmeno finchè era in mano alle bierre Moro venne rappresentato come il martire e l’eroe della politica pura, mentre sono bastate poche ore in mano ai lealisti di Gheddafi per santificare i quattro giornalisti e trasformarli in martiri che danno la vita per l’Informazione al servizio del Lettore.
Un’informazione così super partes che tutti gli inviati in Libia continuano a dipingere i lealisti di Gheddafi come il Male, e i ribelli come il Bene. E adesso aspettiamo un nuovo editoriale di De Bortoli che ci spieghi come mai sono stati proprio due rappresentati del Male a liberare gli eroi dell’informazione…
Per carità: ogni professione comporta i suoi rischi, che vanno messi su un piatto della bilancia dove sull’altro ci sono le gratificazioni. Nel caso degli inviati, voli internazionali, grandi alberghi, autisti e altri benefit. Alla fine si valuta il pro e il contro e si sceglie. E non c’è giovane giornalista tra i tanti che conosco che non farebbe carte false per diventare inviato. Mentre nessuno si sogna nemmeno di presentare la domanda per fare il marinaio.
E qui c’è l’altra faccia della medaglia: oggi il Corrire non può nascondere la rabbia dei parenti dei cinque marinai italiani che dall’8 Febbraio scorso sono nelle mani dei pirati somali.
Finge, il Corriere, che siano incazzati con la Farnesina che non si muove, che non fa niente per liberarli. Ma anche la Farnesina muove il culo solo se i media la incalzano; se invece se ne fregano anche il Ministero degli Esteri fa altrettanto.
Quindi è evidente che i parenti dei marinai sono incazzati neri, ma con noi. Con la nostra casta, che diventa silenziosa con chi alla casta stessa ( o a quelle collegate) non appartiene.
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