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DA FACCETTA NERA AI MATRIMONI MISTI

 I matrimoni misti sono balzati in primo piano con le due tragedie di Treviso e di Milano: madre e bimba sgozzate dall’ex compagno marocchino, il padre egiziano che massacra il figlioletto e si toglie la vita. Ma, a prescindere da questi apici di orrore, sono lo specchio, la fotografia fedele di cosa significhi la convivenza con gli stranieri; nel bene e nel male. Anche nel bene, appunto, perchè non possiamo ignorare che allo sboom dei matrimoni tra connazionali corrisponde il boom di quelli misti: 590 mila, 300 mila negli ultimi dieci anni; e stiamo parlando dei matrimoni regolari con stranieri e straniere, cui si aggiungono le convivenze.

Sarebbe questa la xenofobia, la paura del diverso? Queste cifre testimoniano l’esatto contrario: per il diverso proviamo attrazione, curiosità, passione. Sono sempre di più le donne e gli uomini italiani che trovano molto più interessanti i partner stranieri di quelli nostrani. Se posso divagare, ricordo che è una tradizione che viene da lontano. Da quando la molla delle nostre guerre coloniali era l’incontro con la “bella abissina” che “aspetta e spera”. Una canzone, Faccetta Nera, che era un vero e proprio inno alle unioni miste, al punto di essere messa al bando quando il regime varò le leggi a difesa della purezza della razza (bianca e ariana).

Tornando ai matrimoni misti dei tempi correnti, tanto ci attirano quanto presentano (una volta sbollita la passione) difficoltà e problemi oggettivi. Perchè l’altro dato clamoroso è che si sciolgono più rapidamente e con percentuali più alte ancora dei matrimoni tra connazionali: entro i primi tre anni si arriva all’80% di separazioni. Lasciamo stare i casi di violenza, che pure sono frequenti. Prescindiamo dai mariti musulmani, che pure sono di un maschilismo inaudito. Anche in tutti gli altri casi più “tranquilli” non è che improvvisamente esploda il razzismo o la paura del diverso. E’ che vengono a galla radici, tradizioni, culture, religioni, inconciliabili. La convivenza diventa un inferno, lo scontro è all’ordine del giorno, tanto più quando ci sono di mezzo i figli e la loro educazione; e così si arriva alla separazione.

E così ognuno per conto proprio. Dato che nel rapporto di coppia è possibile farlo. Ma il problema vero è nel rapporto sociale, dove il divorzio non è stato introdotto e nemmeno la separazione. Nel sociale la convivenza deve comunque continuare. Nei quartieri, nei condomini, nelle scuole, nei luoghi di lavoro non puoi dire: basta così, abbiamo sbagliato, facciamo un passo indietro e torniamo a vivere ognuno per conto proprio. Magari fosse come nei matrimoni. Nel sociale bisognava pensarci prima. Pensare quanto meno a regole precise di coesistenza. Ammesso di averle chiare, noi per primi, queste regole. Ammesso che l’attrazione fatale per lo straniero non ce le abbia confuse dall’inizio…


 


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