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SILVIO NON E’ MARGARET NE’ RONALD

 

 

Silvio non è Margaret né Ronald; non è equiparabile ai due campioni del liberalismo che sono e restano la Thatcher e Reagan. Basta leggere oggi Libero e Il Giornale per cogliere la delusione e anche la rabbia del popolo del centrodestra per il “sogno” di riduzione delle tasse annunciato e subito dopo affossato da Berlusconi.

Franco Bechis, vicedirettore di Libero, afferma che se proprio non si volevano ridurre le aliquote, quantomeno andavano “disboscate” le 1843 gabelle che dobbiamo pagare. Ma nemmeno questo invece si può fare. Non si può sostituire con un unico salasso i tanti prelievi più o meno piccoli. Perchè c’è il rischio che il cittadino si accorga di quanto enorme è il salasso (in cambio di quel poco che lo Stato restituisce in termini di servizi)…e le rivoluzioni dell’era moderna, non dimentichiamolo, sono sempre scoppiate per esasperazione da pressione fiscale…Così si va avanti alla democristiana: ti dissanguo e ti frego; ti porto via i soldi e faccio in modo che tu non te ne accorga perchè diluisco il salasso in 1843 diversi tributi.

Tornando al paragone di partenza, ieri Berlusconi ha affermato che non si possono ridurre le tasse perchè bisogna fare i conti con una crisi ancora pesante. Come se Reagan e la Thatcher avessero tagliato quando Gran Bretagna e Stati Uniti navigavano nell’oro del boom economico! Invece lo hanno fatto proprio perchè i loro Paesi erano in piena recessione e – da veri liberali – erano convinti che solo una drastica riduzione delle tasse potesse farli uscire dalla crisi, rilanciando i consumi, aumentando così gli introiti da tassazione indiretta e ampliando la platea dei contribuenti grazie alle aliquote più basse.

Barlusconi, se mai, assomiglia ad Angel Merkel. Il cancelliere tedesco che aveva promesso ai suoi alleati liberali e annunciato un forte riduzione delle imposte a imprese e famiglie; e che adesso è in piena marcia indietro. Ma la Merkel, da vecchia democristiana, in cuor suo al taglio delle tasse non ha forse mai creduto. Mentre Berlusconi è un imprenditore e, per un imprenditore, ridurre le tasse è il primo comandamento. Quindi oggi, oltre a tradire le attese del popolo di centrodestra, tradisce la sua stessa essenza…

Si può pensare che il suo errore sia stato affidarsi a quel commercialista che era e resta Giulio Tremonti. I commercialisti, i ragionieri, per carità, sono gente seria; ma sono dei tecnici: hanno anzitutto l’ossessione, connaturata alla loro professione, di far quadrare i conti…Ma da un politico, da un aspirante statista, è giusto aspettarsi invece una marcia in più, una visione più ampia, una diversa capacità di scommettere sul futuro del proprio Paese.

Oppure può darsi che di futuro il nostro Paese proprio non ne abbia. Può darsi che quelle ricette liberali, che funzionano nei Paesi normali, non siano applicabili all’anomalia italiana; qui dove metà Paese è farcito di assistenzialismo, dove c’è un numero senza eguali di statali; dove la principale attività sembra essere quella dei falsari: falsi invalidi, falsi braccianti, falsi disoccupati, falsi forestali, falsi agricoltori, falsi lavoro socialmente utili, falsi qualunque cosa purchè arrivi il contributo pubblico…

In un Paese così temo che basti togliere una pagliuzza, anche solo accorpare due gabelle in una, perchè tutto crolli; per ritrovarci come ad Haiti. Tutto questo però Berlusconi dovrebbe saperlo bene e da un pezzo. O se ne accorto solo in questi ultimi giorni dopo aver annunciato, sabato su Repubblica, l’introduzione delle due aliquote uniche al 23 e 33%? Non si capisce proprio che senso abbia avuto fare un annuncio clamoroso per rimangiarselo subito dopo.


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