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PROPORZIONALE ETNICA NEL SOCIALE

 

I veri discriminati siamo noi” diceva Franca telefonando ieri da Verona a Rosso e Nero. E raccontava come i quattro figli della famiglia nigeriana che vivono nella sua stessa casa popolare, vadano tutti a scuola e fruiscano di servizi gratuiti, compreso l’ultimo all’asilo nido; con la madre libera di andarsene in giro la mattina. “Mia figlia invece che lavora – proseguiva Franca – ha dovuto prenotare il posto al nido prima ancora di rimanere incinta, e adesso che ha avuto il bimbo, spende per la retta due terzi del suo stipendio”.

Prendo il discorso un po’ alla lontana. Tutti, pur con ricette divergenti, concordano sul fatto che in materia di prostituzione non possiamo restare fermi alla legge Merlin del 1958. Per il semplice motivo che questo universo è cambiato radicalmente con l’arrivo delle lucciole straniere che hanno stravolto tutto: dimensioni, indotto criminale, sfruttamento del mercato del sesso. Dopo, come sempre nel nostro Paese, si chiacchiera solo senza decidere mai interventi strutturali. Ma almeno c’è la consapevolezza che tutto è cambiato e che dovrebbero cambiare anche le leggi.

Nei servizi sociali nemmeno questo. Si va avanti come se non fosse avvenuta la rivoluzione-invasione degli immigrati. Mentre non si può fingere che i nuovi poveri stranieri siano uguali ai vecchi poveri veneti e italiani. Assegni sociali, graduatorie delle case pubbliche, rette degli asili, esenzioni varie: tutto deve, dovrebbe essere rimodulato.

Lasciamo infatti perdere il vergognoso capitolo delle truffe, alimentato da associazioni laiche e religiose che come prima cosa insegnano agli immigrati a fare i furbi. Il problema è che quando tutto è legale tutto è a loro favore. Perchè non c’è dubbio che le famiglie straniere sono largamente quelle con più figli e minor reddito rispetto alle famiglie italiane. E quindi – leggi, regolamenti e criteri di assegnazione alla mano – tutte le case pubbliche, le sovvenzioni e le esenzioni, gli interventi sociali vari, non possono che andare prioritariamente a loro. C’è da meravigliarsi se resta qualcosa per i non immigrati.

Però con la conseguenza che Franca, appunto, non può che dire “i veri discriminati siamo noi”. Perchè è altrettanto incontestabile che da sempre i servizi sociali (in senso lato) erano stati concepiti per i nostri poveri, che ne sono stati gli unici fruitori; finché non è arrivata la concorrenza sbaragliante dei poveri stranieri.

Quindi o accettiamo supinamente che ciò che era stato concepito per i “nostri”, vada adesso agli “altri” (dando così una mano alla Lega a raggiungere l’80%…); oppure decidiamo che gli interventi sociali vanno non solo rifinanziati ma, soprattutto, ridistribuiti sulla base di criteri nuovi e diversi.

Il criterio di fondo, facile da applicare, sarebbe introdurre una sorta di quella “proporzionale etnica” che gli altoatesini hanno adottato per difendersi dai loro stranieri (che saremmo noi). E quindi fissare un criterio chiaro e semplice: se gli immigrati regolari sono il 10%, il 15% della popolazione residente in Italia, hanno diritto all’equivalente delle case popolari, dei posti in asilo, dei sussidi comunali.

Vogliamo essere magnanimi, caritatevoli, cristiani? Gliene diamo il doppio. Ma che almeno il 70% vada senza fallo ai nostri poveri.

O avete, amici del blog, criteri che vi sembrano più idonei di questo?

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