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GLI STADI, LE NOSTRE BANLIEUE

 

Gli Stadi sono le nostre banlieue. Bisogna partire da qui per comprendere come mai Mourinho lascia senza alcun rimpianto il calcio italiano. Cioè fa come Ancelotti e Capello che in Inghilterra si trovano benissimo, e non hanno nessuna intenzione di tornare a casa.

Il ribellismo straccione, mediterraneo, da camicie rosse tahilandesi, che è endemico e connaturato al nostro Paese, fino a qualche decennio fa permeava la politica. Oggi – e potremmo dire per fortuna – si è spostato dalla politica al calcio. La spranga al posto della P38.

Qualche volta ho accompagnato mio figlio a San Siro. Lui, come tanti tifosi, vuole sentire il calore della curva. Basta andarci, vedere che fauna gira, e capisci subito perchè Mourinho se ne va. E stiamo parlando di Milano. Immaginate la curva del San Paolo, dell’Olimpico di Roma; non che l’Olimpico di Torino sia così diverso. La stessa fauna che trovi ancora alla Sapienza; che c’era nel Sessantotto nelle nostre università, a Padova dove frequentavo io.

Allora ci si pestava alle manifestazioni e si aggrediva la polizia. Oggi ci si pesta a fine partita e si aggredisce la polizia. Le curve sono diventate, anche nel nome, le sedi dell’estremismo calcistico. Il tifo organizzato ricorda molto da vicino le associazioni a delinquere.

Gli stadi sono le nostre banlieue, il luogo catalizzatore del degrado urbano. Hanno lo stesso appeal delle carceri. Cioè sono perfetti per la fauna che li frequenta. Si potrà pensare di costruire stadi nuovi, più accoglienti e civili, solo se e quando saranno diventati più civili i cosiddetti tifosi. Farlo oggi sarebbe una pura istigazione a delinquere: nuovi manufatti da offrire alla devastazione dei vandali del calcio.

Il nostro sport nazionale è sempre più degradato. Le persone normali, le famiglie lo seguono da casa in televisione, e gli stadi-banlieue sono sempre più deserti. E’ sconsolante il raffronto con gli stadi inglesi, tedeschi, spagnoli.

E a questo degrado hanno contribuito non poco i mecenati. Parlo da vecchio tifoso dell’Inter e osservo come il “compagno” Massimo Moratti non si rende conto che il mecenatismo appartiene alla destra più becera e retriva: è un calcio da satrapi orientali, da sceicchi, quello che vive di elargizioni (in dieci anni di gestione il figlio del grande Angelo ha drogato l’Inter con mille milioni di euro).

Il calcio moderno deve essere azienda capace di mantenersi con i propri introiti – biglietti, diritti televisivi, sponsorizzazioni, merchandising – capace di programmare e investire. Solo in questo modo anche il tifo ritrova la sua dimensione  civile. Altrimenti il calcio diventa come il nostro Meridione…Che è degradato così grazie a Pantalone che paga sempre il conto…

Un Berlusconi che oggi vuole un Milan sano, che si regga sulle proprie gambe e non sui suoi soldi, scavalca a sinistra quel destrorso di Moratti…Ed ovviamente viene contestato dal becerume reazionario della curva rossonera cresciuta a panem et circenses.

In questo calcio italiano finanziariamente malato, degradato dalla violenza dei tifosi teppisti, con gli stadi ridotti a banlieue, che ci resta a fare Mourinho? Non può che seguire l’esempio dei due grandi allenatori italiani, Capello e Ancelotti: andarsene.

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