Da mesi manca un ministro dell’Industria, o dello Sviluppo Economico che dir si voglia. E tutti danno per scontato che sia uno scandalo, una falla inaccettabile per il Paese nel pieno della crisi economica. Proviamo ad essere meno conformisti e a rovesciare il discorso: e se fosse invece una fortuna, una delle ragioni della pur timida ripresa produttiva?
Alla fine a cosa serve un ministro dell’Industria? Nella migliore delle ipotesi è irrilevante, se sta fermo. Se agisce procura danni, come (quasi) tutti gli interventi dello Stato e della politica sull’economia di mercato. Ammesso che le rottamazioni e i vari aiutini siano una politica industriale (e non la droga di Stato che invece sono), basta e avanza il consiglio dei ministri per vararli. Non serve certo un ministro ad hoc.
Purtroppo, anche senza ministro dell’Industria, è rimasto il ministero; col suo stuolo di burocrati. I quali fanno esattamente come gli altri loro colleghi nei vari ambiti: giustificano lo stipendio ed esercitano il potere preparano decreti, norme, regolamenti che hanno l’unico effetto di imbrigliare ancor più la vita e le attività quotidiane; comprese quelle produttive. (Dall’inchiesta che stiamo seguendo sui costi della veterinaria abbiamo scoperto che i burocrati del ministero della Salute si sono inventati anche il patentino per il cane! Restiamo in attesa di microcip obbligatorio per le zanzare di casa…)
Nella sua richiesta di ministro e di “politica industriale”, il presidente Napolitano conferma le sue mai estirpate radici comuniste. Bastasse un ministero e una politica industriale a garantire la ricchezza delle nazioni, tutti i Paesi l’avrebbero già adottata! E sarebbero così tutti prosperi e al riparo da qualunque crisi economica. In particolare avrebbe sbancato proprio il mondo comunista, che credeva fermamente nella programmazione economica, nei piani quinquennali, nella politica industriale. Avrebbe sbancato e messo in ginocchio l’Occidente preda della sua “anarchia” capitalista.
Ma non mi pare che sia andata così. Anzi. E la prima causa di implosione del mondo comunista furono proprio le politiche industriali capaci di produrre solo miseria. Perchè l’intervento dello Stato in economia genera un unico effetto sicuro: trasforma i galletti ruspanti in polli di batteria, abituati ad attendere che vanga distribuito il mangime pubblico.
Altro che politiche industriali, oggi al Paese serve esattamente ciò che garantì a suo tempo il boom economico del nostro Veneto: la voglia di lavorare, ora quasi desaparecida, una stirpe di imprenditori, che purtroppo non è programmabile con l’eugenetica, e quel buonsenso democristiano che quantomeno ti lasciava fare.
Ci vorrebbe anche una rivoluzione culturale da mondo protestante: considerare cioè i produttori di ricchezza dei benemeriti della comunità e non degli sfruttatori come li ha invece sempre giudicati sia la Chiesa cattolica che la “chiesa” comunista.
E questo dovrebbe raccomandare agli italiani un presidente della Repubblica moderno che non uscisse, fresco fresco, dal freezer d’inizio Novecento…
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